Uno dei ricordi più vividi che ho della laurea in Economia è stato l’esame di microeconomia il primo anno, praticamente il primo esame vero e proprio di economia dopo una lunga serie di esami di diritto e ragioneria che non augurerei a nessuno! In particolare mi ricordo la sensazione che ebbi quando vidi per la prima volta il grafico della domanda e dell’offerta, e da lì cominciai a studiare via via i vari modelli micro e macroeconomici. Improvvisamente mi sembrava che tutta l’incertezza del mondo fosse dominabile, perché alla fine bastava aumentare i tassi di interesse per contrastare l’inflazione e così via. In effetti mi domandavo come mai, con il fior fior di economisti che c’era al mondo – molti dei quali immaginavo essere più bravi di me! – gestire l’economia fosse così complicato quando bastavano tutto sommato una manciata di regole!
Al di là delle note di colore, in effetti la mia reazione all’epoca fu qualcosa di simile e credo sia una reazione per certi versi naturale quando scopriamo le meraviglie invenzioni che la nostra mente e le nostre culture hanno prodotto nei millenni per costruire sistemi sociali sempre più complessi. Del resto le implicazioni emotive delle scoperte scientifiche e tecnologiche sono un tema che mi appassiona molto e di recente ne abbiamo parlato anche all’Università degli Studi di Bari a proposito di metaverso.
Quando Alexander Fleming scoprì la penicillina, la nostra reazione non fu l’ammirazione intellettuale per questa incredibile scoperta, ma la gioia incontenibile che provavamo nel vedere i nostri figli guarire piuttosto che morire di polmonite. Miracoli del genere hanno rafforzato quella che era ormai la cultura scientifica dominante all’epoca, ovvero che i fenomeni della nostra vita fossero determinati da una serie di cause semplici che potevamo identificare e, con il giusto mezzo, cambiarne gli effetti.
Nelle aziende tutto questo si tradusse con il noto sistema della catena di montaggio e dei sistemi di management di stampo tayloristico, una concezione che per quanto ci appaia lontana è oggi più viva che mai, anche se in alcuni casi ben camuffata.
Vi faccio una domanda: quante volte nella vostra azienda per prendere una decisione avete visto svolgere un’analisi di tutti i possibili effetti, alcuni dei quali controproducenti oppure inter e intra-dipartimentali, rispetto a mostrare piani di azione che partendo da un problema attraverso un punto elenco di interventi da fare portavano inevitabilmente alla sua soluzione?
Credo che il motivo del perché in qualche modo questo tipo di cultura sia diventata dominante abbia a che fare con ciò di cui parlavamo prima, ovvero la sensazione di euforia che ci dà controllare il mondo esterno, e quindi controllare le nostre vite. Come tutte le emozioni, anche questa non è di per sé né giusta né sbagliata, il punto semmai è un altro: le cose stanno davvero così?
Per alcune cose, fino a qualche anno fa, sicuramente sì.
Per altre – meno – ancora oggi sì.
Ma più il mondo che abitiamo diventa complesso, più dovremo abituarci a ragionare per trade-off, sapendo che a una nostra azione non seguirà una, ma molteplici conseguenze.
Molte di queste ci porteranno a cambiare, magari in senso peggiorativo, gli equilibri raggiunti in altre zone del sistema. La gran parte delle conseguenze poi, rimarranno per noi imperscrutabili.
La difficoltà che abbiamo a ragionare in questi termini è evidente. Immaginate di fare delle domande ai vostri consulenti e sentirvi quasi sempre rispondere «dipende». Forse alla lunga lo trovereste snervante, e magari finireste col cercare consulenti che vi diano sempre certezze granitiche senza un attimo di esitazione.
Quando dieci anni fa abbiamo fondato Zwan, una delle prime difficoltà è stata proprio quella di scontrarci con un approccio allora diffuso e piuttosto semplicistico sul tema della reputazione, che si basava sostanzialmente sull’assunto che qualsiasi investimento di comunicazione sul proprio brand fosse positivo in maniera assoluta e generale.
«Se faccio questa cosa aumenta la mia reputazione.»
«Dipende.»
«In che senso “dipende”?»
«Reputazione nei confronti di chi? Reputazione a proposito di cosa?»
Un investimento può farti aumentare la reputazione nei confronti di alcuni stakeholder, e al tempo stesso diminuirla nel confronto di altri… rieccolo, il trade-off!
Se ci guardiamo intorno, i trade-off sono ovunque – siamo letteralmente immersi nei trade-off – e quando ogni nostra azione può sortire effetti molteplici e magari contrastanti, allora dobbiamo imparare a muoverci come un elefante bendato in una cristalleria, accettando l’ignoto e prendendo il tempo necessario per valutare i nostri movimenti.
Ma è possibile parlare di incertezza ed esitazione in azienda?
Dipende.