Gli esseri umani sono “animali narranti”: la nostra capacità di creare e condividere storie ci ha consentito di cooperare su vasta scala e di creare società incredibilmente complesse. L’homo sapiens ha dominato il pianeta proprio grazie all’invenzione e alla diffusione di miti, religioni e ideologie, mappe condivise che hanno unito milioni di individui sotto valori comuni. Tuttavia, queste rappresentazioni, per quanto potentissime, non rispecchiano mai la complessità reale del mondo. Ci affanniamo a costruire narrazioni, miti, ideologie, perfino interi mondi virtuali, per dare un senso collettivo a ciò che ci circonda. Ma simili storie, pur condivise da eserciti di “animali narranti”, non colgono mai l’enigmatica complessità del mondo vissuto: sono interpretazioni funzionali, non verità assolute.
La seduzione della mappa è forte perché promette un universo semplificato, dove ogni fenomeno è riducibile a dati, algoritmi, categorie rassicuranti. Si traduce tutto in informazione, in “big data”, credendo che l’accumulazione numerica basti a restituire la ricchezza dell’esperienza. È come se cercassimo di addomesticare la “realtà” (sempre intrisa di potenziale e tensione) schiacciandola su un piano simbolico che, in verità, non la contiene. Il “Reale” sfugge alla nostra comprensione, e ogni tentativo di imprigionarlo in schemi finisce per produrre ansia e smarrimento – un segnale di quanto la nostra mappa sia fallibile.
Concetti come “nazione” o “azienda”, ad esempio, non esistono in natura come fatti oggettivi: sono fenomeni “inventati”, mappe culturali condivise che acquisiscono potere solo grazie alla nostra partecipazione. Eppure il potere di queste costruzioni è reale, poiché orienta i comportamenti sociali e regge interi sistemi economici e politici. In tal modo, l’ideologia penetra la nostra psiche, divenendo un filtro invisibile che scolpisce la percezione di noi stessi e del mondo.
Questo fenomeno si acuisce in una modernità che siamo abituati a definire “liquida” e “accelerata”, in cui il progresso tecnologico e scientifico avanza a ritmi forsennati. Le mappe di ieri risultano inservibili oggi, e quelle di oggi si riveleranno superate domani, frammentando ulteriormente la nostra identità. Ruoli lavorativi sempre più flessibili, relazioni provvisorie e reti sociali in costante ridefinizione disorientano l’individuo, che cerca di ancorarsi a punti di riferimento stabili per non naufragare nell’incertezza. Ma, paradossalmente, più cerchiamo di fissare la realtà, più essa ci sfugge: il territorio mantiene la sua irriducibile opacità, mentre la mappa appare come un tentativo difensivo di dare forma a ciò che per sua natura è inesauribile.
È quindi vitale riconoscere la parzialità delle nostre rappresentazioni. La realtà è un sistema multidimensionale, policonnesso e complesso, che ogni atto di conoscenza semplifica e disarticola in categorie funzionali alla nostra comprensione. Ma la vera ricchezza risiede proprio in ciò che non possiamo tradurre interamente in concetto, in quell’eccedenza che resta al di fuori del discorso. Preservare dubbi e spazi di riflessione vuol dire proteggere l’alterità che ci rende umani, evitare di ridurre la vita a un mero meccanismo. Questo comporta anche un esercizio di spirito critico: non accontentarsi di una singola versione ufficiale o di una comoda narrazione, ma confrontare prospettive diverse, restare aperti al confronto e all’ascolto.
Così, l’invito non è a rifiutare le mappe in sé, ma a non assolutizzarle. Esse possono orientarci, ma non dovremmo mai scambiarle per la verità ultima. Dobbiamo coltivare la consapevolezza che ogni interpretazione, per quanto sofisticata, rimane un filtro soggettivo e storico, incapace di sostituire l’esperienza viva. Allora la mappa, con le sue inevitabili semplificazioni, cessa di essere un idolo da idolatrare e diviene piuttosto un modesto strumento di comprensione provvisoria. Solo così possiamo fare i conti con un territorio che si svela sempre nuovo e inafferrabile, custode di un enigma che nessuna ingegneria cognitiva potrà mai annientare del tutto.