Come forse saprai, il mio lavoro consiste nell’aiutare le organizzazioni a migliorare il loro modo di stare sul mercato e di interagire con i propri stakeholder. In effetti, potremmo dire che contribuisco a creare, alimentare e migliorare la qualità delle relazioni tra individui e tra gruppi di individui.
Le relazioni ci definiscono come specie e determinano la qualità della nostra vita, ma sono a mio avviso anche la più importante delle componenti con cui le nostre imprese creano valore.
Quando abbiamo cominciato a misurare la reputazione abbiamo scoperto nel giro di poco come questa sia un ottimo predittore della capacità delle imprese di sopravvivere alle crisi.
Se è vero che la reputazione è il risultato di relazioni reciprocamente soddisfacenti con i nostri stakeholder, allora generalizzando possiamo senz’altro dire che quando finalmente cominceremo a misurare la qualità delle relazioni saremo giunti al cuore pulsante delle nostre organizzazioni.
Una delle cose che più mi appassionano sono le ovvietà, perché spesso sono proprio le cose “ovvie” quelle che poi contraddiciamo nei fatti. Nell’ultima puntata del nostro podcast, parlando con la CEO di Unobravo Danila De Stefano, è uscito fuori che una delle principali richieste che genera la loro domanda riguarda proprio relazioni disfunzionali o insoddisfacenti.
Immagina di star vivendo un conflitto col partner, con un parente, con un amico stretto o magari con i tuoi soci, i tuoi dipendenti oppure i tuoi colleghi. Quel conflitto ti farà probabilmente star male. Avrai del nervosismo in corpo, ti farà mangiare peggio e dormire meno. Ti farà essere meno produttivo, meno concentrato e più discontinuo. Se poi il conflitto coinvolge relazioni sul posto di lavoro, sarai anche più propenso a disinvestire in quella relazione: magari evitando di fare straordinari, di andare in ufficio se non ti senti bene, o essendo meno generoso dal punto di vista creativo.
Ovvio no?
Eppure nonostante siano innumerevoli gli studi che mettono in relazione il benessere economico e lo stato di salute mentale, personalmente ho visto centinaia di clienti andare nel panico se un sito web improvvisamente andava offline ma pochissimi preoccuparsi se un loro collaboratore entrava in opposizione (il che, il più delle volte, era semplicemente colpa sua).
Se le analizziamo da un punto di vista aziendale, le relazioni sono come i cavi di rete che percorrono i nostri uffici, perché è anche attraverso di esse che corrono le informazioni. Noi informiamo e veniamo informati grazie alle persone con cui abbiamo delle relazioni. Torniamo all’esempio di prima e ipotizziamo di avere un conflitto con un nostro collega. È probabile che aver litigato renda molto più difficile sottolineare un errore o suggerire una strategia diversa da quella adottata in ufficio.
Quando vedo un’azienda con relazioni insoddisfacenti penso sempre a come reagirebbe lo stesso management se, ad esempio, scoprisse che nei propri database viene registrato solo il 70% delle informazioni!
Gli esperti stimano che più della metà della popolazione dei paesi a reddito medio o alto soffra di almeno un disturbo mentale nella propria vita. Statisticamente parlando, se anche vi convincete di non essere voi, probabilmente è la persona con cui condividete la stanza a soffrire di ansia o di un disturbo dell’umore.
Il risultato è una perdita stimata di circa 16 trilioni (miliardi di miliardi!) di dollari, con il presenteismo che produce 4 volte più danni dell’assenteismo! Un dato del genere non si può certo ignorare.
Come possiamo uscirne?