Non solo programmi elettorali carenti, politiche pubbliche pressoché assenti e bonus largamente insufficienti. La salute mentale sembra rimanere fuori anche dai principali sistemi di previdenza sociale e dai fondi integrativi, o perlomeno sembra giocare un ruolo veramente marginale.
Il presidente dell’Ordine nazionale degli psicologi, David Lazzari stima che ci siano circa 20 milioni di italiani che avrebbero bisogno di assistenza psicologica. Una ricerca sul lavoro del dicembre 2021 afferma che in Italia il 39% degli intervistati sceglierebbe, tra i benefit, di avere più giorni di ferie per prevenire il burnout. Il 30% dichiara di avere bisogno di assistenza psicologica. Evidente quindi che il nuovo welfare debba ridefinire il concetto di “benessere” includendovi anche il benessere psicologico, necessario in un’ottica complessa al benessere fisico, sociale, relazionale e lavorativo.
L’Italia è uno dei paesi europei più ricchi di fondi sanitari integrativi, anche alla luce dell’impostazione fortemente corporativista tipica di molte professioni. Affianco ai vari ordini professionali esistono praticamente sempre dei fondi integrativi a cui i professionisti possono iscriversi per ottenere maggiore copertura sanitaria a fronte di spese spesso più che ragionevoli.
Dal mio punto di vista quindi, lo sviluppo del welfare integrativo è stato uno dei risultati più importanti ottenuto dalle rappresentanze sindacali e professionali del nostro Paese, ed è oggi un pilastro imprescindibile del sistema di welfare nazionale: proprio per questo motivo, è anche ai fondi che dobbiamo guardare per promuovere il benessere psicologico.
Se analizziamo però le tutele offerte dai fondi in ambito psicologico, ci accorgiamo subito che la salute mentale dei lavoratori non è mai centrale nell’offerta di questi sistemi integrativi. E questo nonostante sia ormai pacifico ed evidente che stare bene con se stessi significa anche essere più produttivi. Addirittura, a fine settembre Oms e Ilo hanno stilato un documento per provare a risolvere un problema enorme evidenziato dai dati: ogni anno ansia e depressione determinano la perdita di 12 miliardi di giornate di lavoro.
Fortunatamente esistono delle eccezioni, che come tali è giusto segnalare. Per esempio il Fasdac, cioè il Fondo Assistenza Sanitaria Dirigenti Aziende Commerciali, rimborsa 35 euro per una seduta di psicoterapia fino a un massimo di 50 sedute l’anno. Anche Casagit, il fondo di assistenza sanitaria integrativa dei giornalisti, prevede un rimborso per le spese di psicoterapia di 30 euro a seduta, per 30 o 40 sedute annue a seconda che la persona sia maggiorenne o minorenne.
Queste cifre possono sembrare basse, ma è giusto sottolineare che spesso questi fondi concorrono alla spesa sanitaria piuttosto che coprirla interamente, quindi questo tipo di tutele possono comunque quasi dimezzare il costo di una terapia, rendendola quindi più accessibile. Inoltre, il fatto stesso che le tutele psicologiche siano presenti nei propri tariffari, contribuisce a continuare a smantellare il pregiudizio sociale che ancora accompagna questo tipo di domande.
In questo senso è quantomeno curioso che Salute Mia, il fondo di assistenza sanitaria integrativa fondato dall’Enpam – e che si rivolge quindi proprio ai medici – copre solo un massimo di 500 euro l’anno per terapia psicologica, ovvero una manciata di incontri che raramente possono costituire un percorso completo.
Uno dei casi più emblematici però rimane il Fasa, il fondo integrativo per chi lavora nel settore alimentare, che non solo prevede un rimborso di massimo 500 euro soltanto per i familiari minorenni, ma dal quale sono escluse le terapie “conseguenti all’abuso di alcool e di psicofarmaci, nonché all’uso non terapeutico di stupefacenti o di allucinogeni” il che conferma proprio lo stigma sociale che accompagna spesso chi intraprende un percorso psicologico.
Ciò che ne emerge nel complesso è una visione ancora molto arretrata rispetto alla salute mentale, ignorata anche da chi si occupa di salute nonostante i numerosissimi dati ormai disponibili. L’incomprensione si fonda in sostanza su un concetto culturale: non riusciamo a capire che come esseri umani siamo sistemi integrati e complessi, e non è pensabile l’idea di poter stare fisicamente bene se non godiamo di salute psicologica.