Con l’imprenditrice Camilla Colucci vi accompagniamo in un viaggio alla scoperta della seconda vita che possono avere i nostri rifiuti, tra sostenibilità economica e ambientale.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica e benvenuti ad una nuova puntata di mondo complesso, il podcast in cui parliamo della complessità del mondo. Oggi abbiamo il piacere di avere con noi Camilla Colucci, quindi per prima cosa benvenuta Camilla.”
Camilla Colucci: “Grazie per l’invito.”
Joe Casini: “Allora Camilla è ceo e co-founder di Circularity, una società che si occupa di economia circolare. Oggi sono molto contento perché è una prospettiva che mi interessa molto perché quando si riesce a coniugare le grandi sfide che abbiamo come società, le esigenze delle aziende business, di solito è il modo migliore per far funzionare le cose, quindi sono contento che lo andiamo ad esplorare insieme. Per cominciare noi partiamo con la domanda semplice: una delle cose di cui si parla spesso è la questione dei rifiuti; il rifiuto, nell’accezione comune, è qualcosa che non ha più valore, qualcosa che ha esaurito il suo ciclo. Cos’è un rifiuto e che valore ha oggi?”
Camilla Colucci: “La risposta per eccellenza è dipende. Di base hai dato una definizione corretta, cioè la normativa ambientale classifica rifiuto tutto ciò di cui il proprietario ha intenzione o necessità di disfarsi, per cui è una descrizione molto ampia e che caratterizza una serie di materiali a livello industriale e urbano, quindi i rifiuti dei cittadini e delle industrie con un codice univoco di 6 cifre che indica la provenienza del rifiuto e le caratteristiche del rifiuto intensi come materiali, per cui ogni rifiuto tecnicamente a livello di normativa è classificato anche per fare in modo che i rifiuti urbani e speciali possano essere gestiti correttamente in base al codice che gli è stato assegnato. Quindi ad oggi in Italia i rifiuti sono un tema molto discusso anche per una serie di scandali, banalmente la Terra dei fuochi che abbiamo vissuto in passato, ma sono anche al centro di una rivoluzione che è quella dell’economia circolare per cui c’è tanto di cui parlare.”
Joe Casini: “Quando parliamo di economia circolare è sicuramente un termine che molti conoscono e molti ancora no. Cosa intendiamo per economia circolare?”
Camilla Colucci: “Di base è un modello di sviluppo, di consumo, pensato per potersi rigenerare. Inizialmente era stato definito come un modello che si basava su 4 R ovvero recupero, riutilizzo, riparazione e riciclo, cioè i principi cardine di un modello industriale volto a valorizzare la materia e quindi le risorse naturali. L’economia circolare ad oggi può essere applicata in innumerevoli contesti e modalità, noi in Circularity ci concentriamo sulla R del riciclo.”
Joe Casini: “Per andare avanti abbiamo la domanda nella domanda. Vorresti una domanda che vertesse più sul tema dell’economia circolare o una domanda sul tema dell’imprenditoria?”
Camilla Colucci: “Se riusciamo possiamo affrontare entrambi gli argomenti che sono di forte attualità e interesse.”
Joe Casini: “Vorresti un taglio più personale o più professionale?”
Camilla Colucci: “Come preferisci”
Joe Casini: “Ok, allora mi dai carta bianca. La domanda che ti volevo fare, parlando di economia circolare, quali sono i settori dove il modello viene applicato più facilmente e c’è anche magari un hummus più ricettivo per questo tipo di modello e quali sono i settori dove siamo un passetto indietro e dove magari c’è del potenziale ancora inespresso?”
Camilla Colucci: “Sì, allora come settori si può parlare sia di settori merceologici, quindi se parliamo di materiali in particolare, ma anche settori intesi come modello di business applicato, cioè lato settori merceologici quelli che ad oggi sono più avanti nell’applicare l’economia circolare sono quelli dell’agroalimentare perché storicamente già con gli impianti di biogas e il recupero del compost questo settore ha fatto del rifiuto la sua forza per creare nuovi prodotti. Altri settori su cui siamo indietro sia come Italia che come mondo sono quelli del tessile e dell’edilizia, non parlo di plastiche perchè ad oggi nonostante se ne sia parlato molto soprattutto di monouso siamo abbastanza avanti a livello di tecnologie e impiantistiche sul riciclo delle plastiche poi di plastiche ce ne sono di N tipi, quelle più utilizzate sono il PET, HDPE soprattutto a livello di monouso che ad oggi possono essere benissimo riciclate se differenziate in un modo corretto e avviate ad impianti che sono autorizzati e che hanno macchinari adibiti al riciclo. Mentre i settori in cui siamo più indietro sono il tessile e l’edilizia, questo perchè l’edilizia costituisce i quantitativi più elevati di rifiuti in termini di peso e non ha ancora trovato per molti materiali un mercato di sbocco come riciclato, un po’ perché il materiale vale meno e quindi non ha le stesse qualità di un materiale vergine e un po’ perché i primi progetti pilota sono stati fatti prevalentemente su come riempitivo. Per il settore tessile siamo un po’ indietro perchè ad oggi soprattutto a causa del fast fashion vengono prodotti ingenti quantità di rifiuti che sono capi di abbigliamento a fine vita e se parliamo di processo produttivo, tutto ciò che rappresenta uno scarto di lavorazione nel sistema produttivo di un’azienda tessile di solito viene buttata. Una delle tecnologie sperimentale che sembra abbia un potenziale in ottica di economia circolare è quella del riciclo chimico però ad oggi in Italia non esistono impianti di questo tipo, se parliamo di settori intesi come modelli di business circolari quelli più diffusi e anche più efficaci, per esempio il PaaS cioè il product as a service inteso come prodotto come servizio, aziende che hanno strutturato il proprio business model invece che sulla vendita di prodotti al consumatore finale, sull’affitto dello stesso prodotto o se pensiamo banalmente alla share mobility e tutto ciò che è il car sharing, ma anche aziende che per esempio hanno attivato modelli di affitto di utensili, il martello, il trapano elettrico, utensili che un consumatore utilizza molto poco e che non ha necessità di acquistare ma può affittarlo e restituirlo quando non gli è più utile.”
Joe Casini: “Io sono uno di quello che la prima volta che è andato a vivere da solo e doveva attaccare un chiodo si è fatto un box attrezzi che sembravo un ingegnere e poi effettivamente usate per un mesetto e ora stanno lì, sarebbe un’ottima soluzione. Dei settori che citavi mi colpivano due in particolare: da una parte quando dicevi l’agroalimentare e il compost che mi piaceva molto perchè questo è un trend abbastanza recente, si parla di economia circolare da 6/7 anni credo, però effettivamente è attingere in qualche modo a una consapevolezza che invece è antica.”
Camilla Colucci: “Tendenzialmente questo è stato possibile perché il rifiuto per un’azienda è sempre un costo per cui banalmente parlando di pmi e anche microimprese, perchè in Italia l’80% sono piccole-medie imprese, le aziende sono abituate a ridurre il più possibile la produzione dei rifiuti e fare in modo che lo scarto possa essere riutilizzato perché altrimenti diventa un costo da sopportare.”
Joe Casini: “Mi colpiva quando qualche anno fa Amazon aws arrivò in Italia nel presentare l’infrastruttura all’evento dissero ‘puntiamo molto sul mercato italiano perché essendo fatto dall’80% di pmi il tipo di soluzione che portiamo crediamo abbia un impatto significativo sulle aziende, sono abilitanti per chi non può fare grandi investimenti sulle infrastrutture’. Quindi la domanda che ti volevo fare è: quanto incide il tipo di tessuto economico industriale? In Italia questo è un modello che secondo te ha una spunta in più per il tipo di tessuto o al contrario è più complicato per un’azienda non troppo strutturata, anche con expertise al proprio interno di tipo diverso, introdurlo? Com’è la tua esperienza con Circularity in questo senso?”
Camilla Colucci: “Tendenzialmente gli ostacoli che troviamo ad implementare questi tipi di progetti cioè volti al riciclo dello scarto industriale oppure volti all’integrazione della sostenibilità come obiettivi strategici nel modello di business dell’azienda sono dovuti ad una mancanza di consapevolezza e competenze interne per cogliere il vantaggio sia competitivo che economico derivante dal cambiare il proprio modo di produrre e di fare business e dall’altro anche un ostacolo derivante dalla mancanza di incentivi e di obblighi perciò per cambiare un modello di produzione consolidato da decenni per le aziende è un costo e soprattutto in un periodo di crisi geopolitica, di pandemia e anche del caro energia, diciamo che le aziende, soprattutto piccole e medie imprese, hanno avuto altre priorità in questi anni che modificare il modello di business in ottica circolare, e non hanno alcun obbligo nel farlo né alcun incentivo. Io credo che la normativa in questo senso evolverà come già è evoluta perchè dalla pubblicazione del pacchetto dell’economia circolare del 2018 fino alla pubblicazione del EPR, responsabilità estesa del produttore, che prevede che i produttori si prendano in carico la gestione dei propri prodotti una volta che vengono buttati, ci sarà come step successivo quello di incentivare le imprese a riciclare maggiormente i propri scarti di produzione che ad oggi sono semplicemente obbligate per legge a rendicontare dove vengono inviati gli scarti, a chi e che sia tutto a norma di legge soprattutto a livello industriale. Però non sono né incentivate né obbligate dalla normativa a migliorare le proprie prestazioni e quindi a scegliere fornitori più efficienti con maggiori percentuali di recupero, di riciclo o a maggiore impatto ambientale per cui gli ostacoli sono questi.”
Joe Casini: “Hai toccato una serie di punti a proposito di complessità e una delle cose sulle quali torniamo spesso è che complessità vuol dire anche pensare nel tempo e nello spazio, di solito pensieri più semplicistici ci portano a pensare strettamente a breve termine. Per esempio pensare a tutto il ciclo di vita del prodotto vuol dire dover pensare in termini temporali anche molto ampi e anche i fenomeni di rete, vuol dire fare un intervento non soltanto sui singoli agenti, le singole imprese ma anche cercare di creare delle esternalità positive, utilizzare fornitori che a loro volta hanno modelli di business analoghi, chiaramente aumenta il beneficio complessivo.”
Camilla Colucci: “Su questo se posso aggiungere abbiamo iniziato a lavorare con realtà, multinazionali molto rinomate, anche nel settore tessile, che due anni fa hanno iniziato a rendicontare le performance della propria catena di fornitura, questo sia per avere un dato e ridurlo sia per dare informativa al consumatore che è sempre più attento e interessato a sapere che prodotti compra e anche a favorire economie locali.”
Joe Casini: “Assolutamente, questo è un aspetto interessante, cioè in qualche modo per quella che è la tua esperienza siamo consumatori più attenti? Avere una maggiore trasparenza su questi aspetti, anche delle fasi di produzione che magari fino a qualche anno fa erano nel backstage dell’azienda, è cambiata la sensibilità, le aziende pure fanno maggiormente attenzione nell’esporre questi aspetti?”
Camilla Colucci: “Sì, negli ultimi anni è aumentata molto l’attenzione del consumatore e lo dicono anche ricerche di mercato fatte su un campioni rappresentativi della popolazione italiana, che sono attenti anche alle certificazioni ambientali o alla provenienza dei prodotti che acquistano sugli scaffali dei supermercati. è cresciuta anche la consapevolezza delle aziende su questi temi, noi abbiamo pubblicato, per il secondo anno, un osservatorio sui temi delle sostenibilità ambientale, economia circolare ed efficienza energetica per intervistare le imprese e anche per le imprese è stato evidente come la consapevolezza sui temi del settore green economy siano aumentati e anche gli investimenti siano aumentati e che, inoltre, le aziende riscontravano di aver ottenuto un vantaggio non solo competitivo, quindi di brand reputation sul mercato rispetto ai competitor nell’avviare progetti di sostenibilità, ma anche un vantaggio economico e questo deriva dal fatto che tendenzialmente un consumatore attento acquista un prodotto più sostenibili di un altro.”
Joe Casini: “Passando alla domanda dal pubblico, abbiamo parlato fino ad ora di aziende, c’è qualcosa per provare ad applicare questo paradigma anche nel lato consumo?”
Camilla Colucci: “La prima cosa che mi viene in mente è il sistema di logistica, quindi di raccolta e recupero di prodotti a fine vita che diamo spesso per scontato perché come consumatori non ne siamo a conoscenza. Io l’ho appreso entrando, cinque anni fa, in questo settore ma i consumatori non sanno che il loro fare la raccolta differenziata è un qualcosa di realisticamente efficace, dietro la raccolta differenziata ci sono dei sistemi consortili che in Italia, già da decenni, sono attivi per il recupero dei prodotti, in particolare solo sugli imballaggi, parliamo di imballaggi in plastica, in carta, in legno, in alluminio, in vetro, esistono dei sistemi consortili che dietro alla raccolta differenziata collaborano con le municipalizzate del comune italiano per fare in modo che in ogni abitazione venga raccolto il rifiuto urbano prodotto dai cittadini e ogni azienda che mette a consumo quel prodotto che viene acquistato dal consumatore paga annualmente un contributo ambientale al consorzio che si prende in carico la gestione del prodotto. Quel prodotto viene poi gestito negli impianti di riciclo che fanno parte della filiera del consorzio, ognuno deputato nel riciclo di una certa tipologia di materiale e ogni anno il consorzio si pone degli obiettivi migliorativi per aumentare le percentuali di riciclo. Questo è un sistema estremamente funzionante e funzionale per l’economia circolare in Italia.”
Joe Casini: “Poi effettivamente la percezione è ‘che lo faccio a fare tanto poi non cambia nulla’, spesso si sente dire questa cosa e anche qui è una questione culturale, raccontare, far vedere, capire che impatto ha.”
Camilla Colucci: “Invece cambia tantissimo perché i flussi dei materiali che provengono dalla raccolta differenziata arrivano in impianto. Spesso il primo impianto è di cernita e trattamento, quindi che separa materiali che non dovrebbero essere in quel flusso da quelli che sono adatti per essere riciclati e poi li invia in impianti successivi il fullo di materiali ripulito, per cui è molto funzionale. Un altro esempio sono soprattutto le aziende e le piccole realtà che hanno strutturato il proprio modello di business sulla base dello sfuso, cioè se parliamo di economia circolare sul consumatore, i negozi di sfuso sono nati negli ultimi anni e permettono di evitare tutto l’imballaggio monouso che altrimenti verrebbe buttato e che aumenta in modo esponenziale la nostra produzione di rifiuti annua come consumatori.”
Joe Casini: “Dovremo ripensare un po’ a tutto. Ora passiamo alla domanda sul filo del rasoio: una narrazione che si fa è che inizialmente non saremmo in grado di salvare il modello capitalistico e al tempo stesso ottenere un equilibrio sostenibile per il pianeta. Tu la vedi così drastica? Riusciremo con una trasformazione e sarà soft o sarà un passaggio oggettivamente drastico, cioè dovremo veramente fare un cambio di paradigma brusco? Come la vedi questa transizione?”
Camilla Colucci: “Il cambio di paradigma è già in atto, se pensiamo al protocollo di Kyoto gli obiettivi che l’Europa e la Cop 27 si è posta per il 2030 e per il 2050 vediamo che è già in atto. Stiamo rivoluzionando il modo di fare impresa da una parte e di preoccuparci di tematiche ambientali e sociali che prima erano messe in secondo piano, anche per un tema di incosapevolezza di danni che il nostro comportamento poteva causare. Per cui, secondo me, è già in atto. Chiaramente deve essere drastico, se parliamo di transizione quello che è molto in focus questo periodo è il tema della carbon neutrality e del net zero, quindi questo obiettivo anche quasi spasmodico di ridurre le proprie emissioni, di compensarle e di attivare progetti di riforestazione, l’acquisto di crediti di carbonio che è tutto un mercato a sé, senza focalizzarsi su quello che è la reale leva che ci porterà a cambiare per avere un risultato completo cioè quello di evitare che la temperatura mondiali si alzi sopra i 2 gradi e che il nostro sistema naturale e la biodiversità del pianeta allo stesso tempo anche il clima e le temperature che vediamo in questi giorni alzarsi cessino.”
Joe Casini: “Ti interrompo perchè hai toccato un altro tema molto interessante su cui potremmo fare una puntata a sé però per qualche ascoltatore che non lo conosce potrebbe essere molto interessante, il sistema crediti a cui facevi riferimento che cos’è?”
Camilla Colucci: “I crediti di carbonio vennero chiamati dagli ambientalisti 15 anni fa il diritto ad inquinare. Il credito funziona in modo tale che per ogni tonnellata di CO2 equivalga un credito, ovvero tutti i progetti che portano ad un assorbimento delle emissioni di gas serra, in primis la deforestazione, corrispondono a un credito, se un progetto in tot anni riesce ad assorbire una tonnellata di CO2 equivarrà ad un credito. Il credito viene acquistato da aziende che non sono magari loro stesse ad aver attivato quel progetto, né a piantare gli alberi ma acquistano il credito che corrispondono alle CO2 che viene assorbita da terzi.”
Joe Casini: “Quindi ci sono aziende che con questo sistema crediti dicono ‘zero emissioni’ perché acquisto crediti per poter compensare le emissioni che in realtà faccio.”
Camilla Colucci: “Per me lo zero emissioni non esiste.”
Joe Casini: “Tu come lo vedi questo tema?”
Camilla Colucci: “Non lo vedo realistico. Per me un’azienda carbon usual non è un’azienda che ha effettivamente ridotto fino ad arrivare allo zero le sue emissioni perché non è possibile, tendenzialmente vuol dire che ha misurato soltanto una parte delle emissioni che ha prodotto se parliamo di emissioni dirette, indirette, anche qui c’è un’altra parentesi da aprire, però questo è un tema di wording, di comunicazione e anche di consapevolezza perché non dico le aziende lo facciano in mala fede, spesso anche aziende con cui ci siamo trovati ad interloquire non erano consapevoli del fatto che fosse una comunicazione errata quella di dichiararsi carbon nh. Per me la neutralità sicuramente è un obiettivo da perseguire perché può mitigare l’impatto che come nazione, come continente, abbiamo sull’ambiente, però per me il focus deve essere cambiare modo di produrre. La produzione dipende da risorse naturali e dalle tecnologie che utilizziamo per trattarle e le risorse naturali non sono infinite, di conseguenza dobbiamo trovare soluzioni innovative per riciclare quello che domani non avremo più a disposizione dalla natura e uno di questi esempi sono i Raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, quindi i nostri computer i nostri telefoni che spesso hanno metalli preziosi o critical raw materials che non sono assolutamente rinnovabili e che si trovano anche in aree geografiche che ci rendono dipendenti da paesi terzi e a un certo punto si esauriranno. Quindi è necessario trovare il modo di recuperarli.”
Joe Casini: “Questo è il momento della domanda della birra di troppo. Ti volevo domandare da ex giovane imprenditore a giovane imprenditrice: come senti il tuo ruolo di imprenditrice oggi in quanto anche giovane donna? Nei rapporti con le istituzioni, altre aziende, vedi un gap generazionale, vedi delle sensibilità diverse, delle opportunità diverse? Perché molte persone che ci ascoltano sono imprenditori e quindi credo sia interessante vedere come il modo di fare impresa cambi con le generazioni. Quindi volevo domandarti come ti stai vivendo il tuo essere imprenditrice.”
Camilla Colucci: “Complessivamente non vedo dei gap se parliamo dell’essere donna. Ho la fortuna di lavorare in Italia, in un settore come quello della sostenibilità che richiede una certa sensibilità e di conseguenza le uniche difficoltà che ho avuto sono state quelle iniziali, quando 5 anni fa abbiamo iniziato e io avevo 23 anni ed ero una ragazzina che si presentava da potenziale clienti a raccontargli come avrebbero potuto modificare il loro modello di business, quindi chiaramente non era tanto un tema di essere donna perché le competenze se uno le ha e sa di cosa parla le può dimostrare e il genere non influisce su questo.”
Joe Casini: “Io per tanti anni evitavo di toccare il tema età perché magari avevo l’età dei figli dei miei interlocutori e non volevo si creassero dei transfer che non erano utili per avere un dialogo.“
Camilla Colucci: “L’età è stata un po’ una barriera d’ingresso per i miei interlocutori perché comunque un imprenditore in media in Italia ha dai 50 anni in poi relazionarsi con una persona che potrebbe avere l’età dei propri figli mette un po’ a disagio, però devo dire che c’è stato un cambiamento anche da questo punto di vista perché le aziende stanno evolvendo e nel corso di questi 5 anni ci hanno riconosciuto come azienda con competenze tecniche e verticali su questi temi per cui l’età non è più un tema, noi siamo tutti under 35 e tutti i miei colleghi si trovano a interloquire con persone molto più grandi di loro.”
Joe Casini: “C’è una sensibilità anche legata alla prospettiva del punto in cui si vede il fenomeno e quindi il fatto che si accolgono le istanze e si dia spazio di trovare soluzioni, credo sia anche una risorsa in più per risolvere il problema.”
Camilla Colucci: “Lato genere si dice che la sostenibilità è donna e invece io non lo credo assolutamente perché deriva da un tema di consapevolezza, di sensibilità e anche di conoscenza di quello che comporta il non fare per cui non è totalmente legato al genere la voglia di lavorare in questo settore.”
Joe Casini: “Siamo arrivati all’ultimissima battuta della nostra chiacchierata, il tempo è volato ed è il momento del Secret Santa. I tre ospiti che ti propongo sono Franca Maino, docente universitaria si occupa di politiche di welfare, in particolare i processi di invecchiamento e la sostenibilità dei sistema di welfare nel tempo. Bruno Mastroianni che è filosofo, esperto di comunicazione, si occupa moltissimo di comunicazione sui social in particolare è un grandissimo appassionato di come litighiamo online. Mafe De Baggis, esperta di comunicazione in particolare il modo in cui raccontare il brand. Di questi tre ospiti qual è quello che ti incuriosisce di più?”
Camilla Colucci: “Difficile scegliere, andrei su Mafe.”
Joe Casini: “La domanda che ha lasciato è: qual è la cosa che avresti voluto scoprire prima e che era sotto i tuoi occhi ma ci hai messo un po’ a metterla a fuoco?”
Camilla Colucci: “Faccio fatica a pensare ad un momento in cui mi sono trovata davanti ad una situazione del genere, io sono una persona molto riflessiva e cerco sempre di vagliare tutte le possibili strade e variabili prima di poter fare una scelta per cui in questo momento ho difficoltà.”
Joe Casini: “Ad esempio prima parlavi dei tuoi collaboratori, c’è stato un momento in cui magari ti hanno dato una prospettiva diversa su qualcosa.”
Camilla Colucci: “Questo sempre certo.”
Joe Casini: “L’ultima volta che è successo?”
Camilla Colucci: “Era in occasione di un progetto. Dovevamo definire quali fossero degli sbocchi potenziali di un materiale molto complesso da riciclare, ma questo è quotidiano. Per cui la condivisione e la contaminazione quindi la diversità e il fatto che ci sono delle competenze super eterogenee e il fatto che siamo tutti in un open space favorisce il cambio di prospettiva perché quotidianamente ci troviamo a situazione sfidanti in cui siamo i primi a far qualcosa e non c’è un benchmark di riferimento e perciò dobbiamo adattarci e condividere le opinioni per trovare la soluzione migliore.”
Joe Casini: “è anche molto interessante anche per quanto riguarda la circolarità in qualche modo la cosa che uno ignora e “scarta” poi l’altro la riprende e gli dà valore ed è anche il bello della circolarità. A questo punto è il tuo turno per lasciare una domanda per gli ospiti delle prossime puntate.”
Camilla Colucci: “è una domanda che faccio spesso ai colloqui di assunzione: se avessi da domani budget illimitato, cioè se il tuo conto corrente fosse illimitato, che cosa faresti nella vita?”
Joe Casini: “E la risposta che più ti ha intrigato qual è stata?”
Camilla Colucci: “Ce ne sono tantissime, c’è chi parte dicendo ‘innanzitutto comprerei una casa’, quelle che mi appassionano di più sono le persone che investirebbero per fare progetti di salvaguardia ambientale per esempio la conservazione degli oceani o il supporto nei paesi in via di sviluppo.”
Joe Casini: “E tu se avessi budget illimitato cosa faresti?”
Camilla Colucci: “Sceglierei delle cause che mi stanno a cuore, come la salvaguardia degli oceani in particolare degli squali e creerei team in giro per il mondo con un obiettivo per salvaguardare il pianeta. Farei qualcosa per aiutare il nostro pianeta a risollevarsi.”
Joe Casini: “Ci riaggiorneremo tra qualche anno quando l’avrai fatto. Ti ringrazio per essere stata con noi.”
Camilla Colucci: “Grazie a te, è stato un piacere.”
Joe Casini: “Ringrazio anche voi per essere stati anche questa domenica con noi e vi do appuntamento come al solito tra due domeniche per la prossima puntata di mondo complesso e vi auguro una splendida giornata. A presto.”