Con la giornalista Carola Frediani (autrice della NL e sito Guerre di rete) ci lanciamo in un viaggio nell’enorme impatto politico di internet, tra meme, propaganda e cybersicurezza.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica e benvenuti ad una nuova puntata di Mondo Complesso, il podcast in cui parliamo della complessità del mondo. Oggi è una puntata alla quale tengo tantissimo e vi dirò perché dopo avervi presentato l’ospite di questa puntata che è Carola Frediani, per prima cosa benvenuta Carola.”
Carola Frediani: “Ciao Joe, grazie per l’invito.”
Joe Casini: “Grazie a ter per essere con noi. Carola è giornalista, esperta di privacy, cybersicurezza, temi digitali, ha scritto praticamente ovunque, l’espresso, la stampa, wired, e in particolare è fondatrice di un progetto che si chiama ‘guerre di rete’, un libro ma soprattutto una newsletter, e questo è il motivo per cui sono particolarmente contento dato che è la mia newsletter preferita quindi se non la conoscete vi consiglio di vederla, non solo perché parla di questi temi ma lo fa benissimo, è super interessante e approfondita, ricca di informazioni in maniera molto chiara e quindi cercherò di riportare il tutto anche oggi nella chiacchierata. Per cominciare ti volevo fare quella che noi chiamiamo la domanda semplice. Questo progetto si chiama appunto ‘guerre di rete’ perchè si chiama così? Ci sono delle guerre su internet?”
Carola Frediani: “Sì, diciamo che la genealogia del nome ad essere precisi deriva da un libro che avevo scritto per la terza nel 2017 e l’idea era quella di raccontare quell’angolazione del mondo digitale fatta di conflitti. Con guerre di rete non intendevo cose come la ‘cyber war’ ma intendevo la dimensione politica della rete e quindi la dimensione conflittuale della rete. Sicuramente la cyber sicurezza ha un ruolo preponderante in questo perchè è in realtà intrisa di elementi politici e lo è diventata sempre di più negli ultimi anni ma anche il mondo dei social media o altri aspetti della rete che magari non eravamo abituati a trattare con questo tipo di prospettiva, dal mio punto di vista e non solo dal mio, sono in realtà pieni di elementi di conflittualità sociale, politica e così via.”
Joe Casini: “A proposito di ruolo politico, noi forse siamo propensi a considerare internet come un luogo pubblico, si dice sempre che i social media sono la nuova piazza, in realtà la piazza è un luogo pubblico e questi social non sono un luogo pubblico. Cosa succede quando le abitiamo?”
Carola Frediani: “Luogo pubblico fatto di entità private per la maggior parte perché appunto quello che noi consideriamo un luogo pubblico, pensiamo a twitter che è stato definito da Musk una sorta di town hall, un luogo di piazza pubblica, come abbiamo visto e come tra l’altro è stato accentuato dall’ascesa di Musk a capo di Twitter, sono luoghi densamenti politici dove c’è una dimensione di scelte addirittura private, aziendalistiche, ma proprio in alcuni casi estremamente personalistiche che vanno ad influenzare quello che in effetti era una parte di dibattito che si lega anche alla libertà di espressione, di diritti, su queste piattaforme. Questo genera dei corti circuiti, nel momento in cui c’è una sorta di oligopolio dei social in cui la maggior parte delle persone sta su piattaforme private gestite tra l’altro da multinazionali, questa sicuramente è una questione che si è complicata negli ultimi anni perché poi abbiamo visto anche una dimensione geopolitica di questi social media: lo abbiamo visto con TikTok, la sua derivazione cinese ha determinato anche una serie di conflitti soprattutto tra Stati Uniti e Cina, tanto da rendere TikTok un elemento di scontro di tipo geopolitico. Ci sono tanti aspetti che si possono sviscerare e analizzare con questo tipo di angolazione.”
Joe Casini: “Proviamo ora ad allargare un po’ il perimetro. Nel podcast ci muoviamo spesso nelle intersezioni e per questo motivo abbiamo fatto la domanda nella domanda: vogliamo esplorare la parte della cyber sicurezza o quella legata alla geopolitica?”
Carola Frediani: “è uguale, io le lego molto, scegli tu anche in base a quello che potrebbe interessare di più i tuoi ascoltatori.”
Joe Casini: “Scelgo io, la cosa che ti chiedo però è: vorresti un taglio un po’ più personale o un po più professionale?”
Carola Frediani: “Più personale può andare bene, mi capita raramente di fare una conversazione personale su questi temi.”
Joe Casini: “Hai mai pensato di essere spiata o comunque che l’attività che facessi potesse essere attenzionata? Perché poi senza andare sul complottismo è evidente che quando inizi a vedere questi aspetti e quanto le informazioni sono importanti entri in una nuova dimensione di lettura e quindi la domanda è: il tipo di giornalismo che fai ti ha fatto sentire esposta in questi anni?”
Carola Frediani: “Proprio a livello personale ti dirò che io caratterialmente tendo a vedere poco gli elementi, devi portarmi delle prove chiare per farmi pensare che una certa situazione si sia verificata, quindi tendo ad avere una certa tranquillità su questo tipo di domanda. A livello invece più razionale e professionale quello che ti posso dire è che chiaramente da quando ho iniziato ad occuparmi di questo tema, intanto mi sono resa conto della vulnerabilità a cui siamo esposti tutti e a cui sei esposto se diventi un target che è quella poi la differenza, se sei effettivamente il target di qualcuno anche con delle capacità sicuramente aiuta avere una consapevolezza di cyber sicurezza e quindi adottare tutta una serie di misure, a seconda di chi è che ti mette nel mirino è molto difficile. Diciamo che sicuramente c’era questa consapevolezza di questa estrema vulnerabilità dei nostri dispositivi, delle nostre pratiche, del modo in cui viviamo il digitale e nel modo in cui il digitale è stato strutturato. Da quando ho cominciato ad occuparmi approfonditamente di questi temi il pensiero c’è sempre stato, soprattutto quando mi sono iniziata ad occupare di soggetti o temi controversi, e al di là della mia figura in generale non sappiamo che giornalisti, ma anche politici e attivisti, sono particolarmente esposti ad attacchi. Quindi c’è questa consapevolezza profonda di questo tipo di ambiente.”
Joe Casini: “Da un certo punto di vista diciamo che si fanno spesso battaglie ideologiche, dall’altra parte volevo domandarti, vendendolo un po’ dal backstage questo dibattito, quanto poi questa lista fosse netta o quanto fosse sfumata, cioè tu vedi effettivamente una polarizzazione forte ideologica che si traduce in tutele in maniera netta o principi legati al bisogno di garantire la sicurezza, e quant’altro, poi la fanno sfumare questa linea.”
Carola Frediani: “Io penso che bisogna sicuramente distinguere tra: una questione che riguarda tutti che ha a che fare con la protezione dei dati che, a partire dalla questione del continuo sfruttamento commerciale di questi dati, è più difficile da far attecchire nella consapevolezza delle persone perchè rimane sempre dai contorni molto indefiniti ma che è invece fondamentale per quanto riguarda i diritti. C’è anche la questione dei dati personali sfruttati dalle aziende, la questione dei dati personali raccolti da entità private ma anche statali che vengono continuamente saccheggiati da attacchi informatici. Questo è il problema di base generale. Poi ci sono problemi che riguardano alcune fette in particolare di popolazione più esposte ad attacchi di tipo cyber criminale che di cyber spionaggio o addirittura attacchi governativi perchè magari sei un dissidente, un politico dell’opposizione, un giornalista scomodo e così via. Anche questo elemento è andato crescendo negli ultimi anni tanto che ora l’Europa se ne sta occupando perché si sono resi conto che aveva un impatto anche sui giornalisti e politici europei ma è ancora del tutto fuori controllo. Ci sono piani diversi a seconda dei profili delle persone, però in generale il tema della sicurezza e protezione dei dati e delle comunicazioni personali riguarda tutti, ed è un tema che non riguarda solo la privacy è sbagliato ridurlo al concetto di privacy, è un tema che riguarda le libertà personale, la democrazia, la libertà di espressione, ha un impatto molto più vasto della privacy.”
Joe Casini: “Una delle novità di questa stagione è che abbiamo dato la possibilità agli ascoltatori di fare domande in vista delle registrazioni, quindi lanciamo un box sui social con la possibilità di fare domande. La parola ‘guerra’ ha portato inevitabilmente delle domande sulla guerra in corso tra Russia e Ucraina, uno dei temi della cyberwar è che raramente emerge nella percezione pubblica, anche te nella newsletter racconti cose che diventano notizie sui giornali, ma spesso e volentieri viaggiano sotto traccia. La domanda è: questa guerra ha un risvolto digitale? C’è il rischio che si traduca come cyber war?”
Carola Frediani: “Quello che abbiamo visto con la guerra in Ucraina è sicuramente una dimensione di cyber war, in realtà di attacchi informatici, ma di un uso ampio di tutta la parte cyber. Abbiamo visto anche una mobilitazione incredibile contro la Russia online in questo campo cyber organizzata appunto dall’Ucraina con volontari che si sono uniti da tutto il mondo con gruppi di attivisti che si sono uniti in vario modo e che hanno colpito moltissimo anche la Russia, ovviamente l’effetto dell’impatto di questi attacchi in Russia da noi arriva molto più smorzato, molto più difficile da decifrare per ovvie ragioni. Quello che possiamo dire in generale su questo tipi di conflitto è che quando aumentano, quando c’è un’escalation sul fronte cyber c’è sempre anche una forte escalation politico o militare sul territorio perché in condizioni normali gli Stati esercitano ancora una sorta di deterrenza in questo campo, difficilmente uno Stato prenderebbe l’iniziativa di sabotare un’infrastruttura critica di un altro Stato. La mia idea è che ci sia anche un po’ di deterrenza in questo momento ed è difficile per loro controllare un’escalation anche come target. Anche gli Stati Uniti che senza ombra di dubbio sono lo stato più avanzato dal punto di vista dell’attacco restano un paese vulnerabile e lo abbiamo visto dalla miriade di attacchi che hanno subito per lo più di tipo cyber criminale, questo è un indicatore: se un gruppo cyber criminale riesce a metterti in difficoltà è chiaro che uno stato che abbia delle intenzioni particolarmente bellicose può fare ancora più danni se vuole.”
Joe Casini: “Mentre parlavi mi veniva in mente quando all’inizio della pandemia partecipai ad un incontro, ovviamente online, del vice questore di Roma che parlava della cyber security rivolto in particolare alle aziende e diceva che l’elemento che crea maggiore difficoltà alle forze dell’ordine è che nella stragrande maggior parte dei casi è che questi attacchi, che spesso nel caso delle aziende sono finalizzati all’estorsione di una cifra economica, non vengono denunciati per una questione di vergogna o non far vedere che in qualche modo si è violati per non dare un senso di debolezza, inadeguatezza e tra l’altro diceva ‘io questa cosa la capisco da parte delle aziende il problema è che a noi crea molti problemi perchè se non denunciate noi non possiamo intervenire’. Mentre parlavi mi veniva in mente immagino sia una situazione molto simile anche da parte degli stati, nessuno ha l’interesse a far vedere che la propria infrastruttura è stata compromessa e che però è uno dei motivi che cui questa dimensione nell’immaginario pubblico resta un po’ vaga perchè se ne parla poco, non si riesce a dimensionare l’entità del problema. La domanda che ti volevo fare è: c’è un episodio emblematico per avere un’idea di cosa stiamo parlando, dei soggetti coinvolti?”
Carola Frediani: “Ci sono diversi episodi che vorrei citare ed è esattamente il problema che dicevi è proprio questo: che il fenomeno è sempre sottostimato perché gran parte degli attacchi non emergono principalmente per la ragione che dicevi te che chi li subisce cerca di non farle emergere. Ce ne accorgiamo come grande pubblico quando effettivamente non c‘è soltanto un furto di dati ma un impatto sull’erogazione di un servizio e allora lì ti accorgi che qualcosa non funziona. Questo lo abbiamo visto con alcuni casi eclatanti come per esempio contro il mondo della sanità che è target ricorrente del cyber crimine e lo abbiamo visto in modo eclatante a livello mondiale nel 2017 con WannaCry, moltissime organizzazione ma in particolare il sistema sanitario Inglese; lo abbiamo visto più recentemente con un attacco il sistema irlandese, ma stiamo parlando di milioni di danni, servizi interrotti, prenotazioni rimandate, pronto soccorso dirottato altrove; lo abbiamo visto anche nella regione Lazio più recentemente quando ci sono stati tutta una serie di problemi con attività ordinarie di sanità. Questi sono i momenti eclatanti in cui anche il cittadino si accorge che c’è un impatto sul suo vissuto. Un caso interessante è stato quando l’attacco da parte Russia a Viasat, un fornitore di connessione satellitare, che ha avuto un impatto su decine di migliaia di utenti europei che si sono ritrovati senza internet con i modem da buttare. Vediamo alcuni episodi in cui questa pervasività emerge in modo molto più chiaro.”
Joe Casini: “Un altro dei momenti tipici di questo format è la domanda del filo del rasoio. Mi è venuto in mente dato che è morto da poco Kevin Mitnick per chi non lo conoscesse è stato un personaggio nel mondo dell’hacking, forse l’hacker più famoso di sempre, il primo libro che ha scritto ‘l’arte dell’inganno’ quando lo lessi mi colpì da morire in particolare una frase che dice quando poi è stato arrestato dall’FBI lui raccontava come, pur essendo un hacker, toccare un computer fosse l’ultima cosa che faceva nell’attacco. Lui racconta tutti questi episodi in cui comprometteva sistemi di una sicurezza enorme e l’ultima cosa che faceva era mettere le mani su un computer, prima faceva tutto ciò che rientra nel tema dell’ingegneria sociale e quindi lavorava molto sulle asimmetrie di informazione, i livelli di sicurezza, l’accreditarsi presso gli interlocutori per accedere a livelli di sicurezza di informazione via via sempre maggiore quindi essere un interlocutore credibile pur non avendo le carte in regola, quindi arrivare ad entrare in computer super controllati essendosi fatto il badge per passare. Insomma, una lettura che vi consiglio. La domanda che volevo farti è: quanto incide in questo l’aspetto culturale? Si parla sempre di questi temi guardandoli da una prospettiva tecnologica, dovremo immaginare di iniziare a creare dei firewall non tecnologici ma culturali, a un certo punto l’elemento di maggior vulnerabilità a tutti i livelli diventiamo noi esseri umani.”
Carola Frediani: “Sì questo è un discorso molto vero, molto complesso e su cui io ho una prospettiva forse un po diversa. Partiamo dal presupposto che sicuramente la questione umano è fondamentale nella cybersicurezza, nella protezione dei dati, Mitnick come altri hanno dimostrato in modo sublime quanto sia possibile far leva sull’umano e sulle vulnerabilità umane per cui ancora oggi si tende a dire che l’anello debole è l’umano. Questo tipo di immagine a me non piace, però è vero, sicuramente c’è una componente molto importante perché questi sistemi informatici e non solo si basano su interazioni con umano e quindi il comportamento dell’essere umano è fondamentale. D’altra parte non mi piace la colpevolizzazione dell’umano in questo scenario perchè mi sembra che a volte, puo essere che c’è una persona che fa qualcosa di stupido, ma anche una persona estremamente intelligente può fare un errore, quindi l’errore è umano. Partiamo anche dal fatto che non possiamo pretendere dalle persone di difendersi come ninja dal Kevin Mitnick della situazione se nessuno li ha mai formati se non c’è stata una campagna di alfabetizzazione digitale nella società se non c’è stata nessuna campagna interna di formazione in un’azienda o in un’organizzazione e ti dirò di più questa componente di fare trading, l’awareness di per sé è anche insufficiente se non abbiamo dei processi chiari che partono dall’alto dell’organizzazione su come devono essere gestite le cose, su cosa le persone devono aspettarsi e non devono aspettarsi. La comunicazione interna di un’organizzazione è fondamentale anche dal punto di vista della cybersicurezza, ma dobbiamo cambiare l’ambiente in cui le persone lavorano, i processi, la comunicazione interna, senza contare che comunque ci troviamo di fronte a degli strumenti e sto parlando di software, sistemi estremamente vulnerabili, pieni di bug, per cui moltissimi attacchi sfruttano vulnerabilità del codice. Quindi, non scarichiamo le colpe su poveri utenti finali o dipendenti quando c’è tutto un sistema da rivedere a partire dagli strumenti che utilizziamo per passare attraverso i processi organizzativi per arrivare all’educazione e alla formazione, se tutta questa parte precedente manca non possiamo lamentarci se le persone fanno la cosa sbagliata perchè questa è parte di una catena che era già tutta sbagliata prima.”
Joe Casini: “Ti sentiresti dire che la tecnologia è il motore principale della nostra evoluzione oggi?”
Carola Frediani: “Non so se me la sentirei di dirlo perchè è vero che viviamo in una società profondamente tecnologica ma stiamo vedendo come la tecnologia sta trainando alcuni aspetti del nostro mondo e sta creando delle situazioni che prima non c’erano, quindi c’è un impatto fortissimo della tecnologia, non vorrei scadere in una sorta di determinismo tecnologico che ci fa pensare che sia la tecnologia ad essere l’elemento determinante della nostra società e quindi scadere in una sorta di inevitabilità tecnologica, siccome oggi siamo in grado di fare un’AI, un’intelligenza artificiale che agisce in questa maniera allora dobbiamo usarla per tutta una serie di altre cose senza porci il problema dell’impatto che può avere oppure la applicheremo per risolvere qualsiasi problema sociale o qualsiasi problema determinato dalla stessa tecnologia. Questo tipo di determinismo tecnologico che poi sfocia in un soluzionismo per cui per tutto c’è una soluzione tecnologica, io ribalterei questo, non è vero, la società e la politica devono venire prima, e noi siamo immersi in una sorta di spirito dell’epoca che tende a portare questa inevitabilità e questo determinismo ma penso che siano fondamentalmente non solo fallaci ma anche pericolosi perché tolgono autonomia al politico, alle persone, alla società, alla democrazia. La mia critica a questo tipo di affermazione è basata su questo ragionamento.”
Joe Casini: “Il tempo sta volando. Volevo passare alla domanda della birra di troppo. Quando è iniziata la guerra in Ucraina mi ricordo che si iniziava un po’ a parlare su cosa stava succedendo, io una cosa che scrissi è ‘sono curioso di vedere l’impatto che in questo contesto avranno le relazioni economiche’ per andare a capire se in una società effettivamente così globalizzata come questa, il fatto che siamo così tanto interconnessi e ci sono tantissimi interessi che ci uniscono in qualche modo potesse costituire un sistema di feedback che aiutasse ad arginare la deriva per quanto possibile, che evitasse l’escalation in termini globali. La domanda che ti volevo fare è: secondo te vivere in una società così tanto interconnessa può diventare un elemento di tutela vedendo anche come si sono mossi in questi anni gli Stati Uniti e la Cina? Pensi che la stessa situazione 100 anni fa avrebbe prodotto una maggiore escalation, pensi che il fatto che siamo interconnessi, il fatto che ci sono molti interessi economici e che oggi sono predominanti rispetto a elementi ideologici all’inizio del 900 tutto sommato costituiscono una rete di sicurezza oppure al contrario è inevitabile quando purtroppo si trova la giusta via le escalation avvengono a prescindere?”
Carola Frediani: “Ti avessi risposto un po’ di anni fa a questa domanda probabilmente ti avrei detto che vedevamo questo scenario che poteva anche aiutare pero mi sembra che negli ultimi anni stiamo vedendo dei segnali un po’ opposti in cui non abbiamo più quell’ottimismo dei primi anni 2000 in cui parlavamo di twitter revolution, di internet come fattore abilitante della democrazia però stiamo vedendo un ritorno alla frammentazione della rete, l’abbia visto anche con la guerra in Ucraina, lo stiamo vedendo con TikTok, c’è la possibilità che ci siano dei social che sono banditi in certi stati, e nello stesso tempo stiamo vedendo per quanto riguarda la filiera tech tutta una serie di barriere, pensiamo a tutte le leggi che stanno cercando di bloccare l’esportazione sul fronte di microchip da parte statunitense nei confronti della Cina e come quest’ultima stia cercando di configurare la propria produzione in modo più autarchico. In questo momento stiamo vedendo delle nuove frammentazioni e non so se questo discorso, se mai poteva valere in passato possa comunque valere in futuro, quindi non sono così ottimista da questo punto di vista.”
Joe Casini: “Purtroppo il tempo è quasi finito e da tradizione noi chiudiamo la puntata con il Secret Santa. I tre ospiti che ti propongo sono Luca Romano, un fisico conosciuto molto sui social come l’avvocato dell’atomo, si occupa di advocacy in termini di nucleare, ha scritto un libro l’anno scorso ed è stato ospite del podcast sia nella prima stagione sia pochi giorni fa e abbiamo fatto una chiacchierata sul tema della tecnologia e gli impatti della regolamentazione. Il secondo ospite è Daniele Agiman, direttore d’orchestra, insegna al conservatorio di Milano, abbiamo parlato di come si orchestra la complessità. La terza ospite è Roberta Covelli, giornalista, si occupa soprattutto di temi legati al lavoro e ai diritti del lavoro e abbiamo parlato di come le dinamiche sindacali si stanno evolvendo alla luce dei cambiamenti di questi anni. Qual è quello che ti incuriosisce di più?”
Carola Frediani: “Ti direi Roberta, che tra l’altro conosco, però sono curiosa della domanda che ha lasciato.”
Joe Casini: “La domanda di Roberta è molto bella dice: se potessi inventare una parola per un concetto per cui non abbiamo ancora una parola quale concetto sceglieresti? Visto che le parole sono fondamentali anche per iniziare a descrivere quelli che sono le nostre dimensioni, secondo te c’è un concetto che ancora descriviamo con tante parole e per il quale dovremmo inventare una parola che riesca a sintetizzarlo?”
Carola Frediani: “Domanda bellissima che richiede un po’ di riflessione. Stando sul leggero direi che servirebbe una parola per descrivere quel tipo di azione che si riferisce al fatto di voler condividere, di star per condividere qualcosa su un social media, e poi decidere alla fine di non pubblicarlo perché si pensa che non verrebbe capito o potrebbe essere mal interpretato o susciterebbe una serie di reazione che non abbiamo voglia di affrontare. Questo tipo di sensazione si potrebbe pensare ad una parola.”
Joe Casini: “La domanda era tanto bella quanto complessa nella risposta. Però ci hai dato uno spunto in più per chi ascolta e a questo punto è il tuo turno di lasciare una domanda per gli ospiti delle prossime puntate.”
Carola Frediani: “Qual è il libro sulla tecnologia o a tema o a sfondo tecnologia letto negli ultimi anni che veramente ti ha colpito o cambiato prospettiva perché lo trovavi illuminante.”
Joe Casini: “è molto interessante. Il tempo è finito, grazie per essere stata con noi.”
Carola Frediani: “Grazie a te.”
Joe Casini: “Vi consiglio di seguire Carola e in particolare la sua newsletter. Vi do appuntamento tra due settimane per la prossima puntata del podcast, buona domenica!”