Con Jessica Cani, esperta di comunicazione strategica per il settore food & wine, vi accompagniamo alla scoperta dei legami che ci sono tra gastronomia, territorio e turismo.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica e benvenuti ad una nuova puntata di mondo complesso il podcast sulla complessità dove guardiamo attraverso le lenti della complessità il nuovo mondo in cui viviamo che è un mondo fatto di intersezioni sempre nuove dove i saperi si mischiano. La puntata di oggi è assolutamente nuova in questa direzione perché abbiamo l’occasione di avere con noi Jessica Cani, benvenuta!
Jessica Cani: “Grazie per avermi invitata.”
Joe Casini: “Jessica è un’esperta di brand, di comunicazione, di marketing, in particolare in uno dei settori più importanti nel nostro paese che ha quindi a che fare con il settore enogastronomico, con l’ospitalità, il turismo e così via. Io partirei subito con le domande perchè ho parecchio da chiederti. Qui partiamo sempre con la domanda semplice. Tu sei una professionista di occupi di consulenza, però sei anche molto attiva come producer, utilizzi moltissimo i canali social proprio per raccontare il territorio, da questo punto di vista fai cultura. La domanda che ti volevo fare è: quali sono gli aspetti culturali legati al cibo, al turismo, inteso proprio dal punto di vista di engagement, nella tua esperienza di producer dove vedi che si crea una forte connessione?”
Jessica Cani: “Io ho cominciato parlando esclusivamente di cibo della mia regione, ho iniziato a parlare di cibo mentre non vivevo in Sardegna per cercare di cullare la nostalgia che avevo nei confronti della mia terra e mi sono resa conto che nella narrazione che facevo all’epoca, solo ed esclusivamente su Instagram, ritrovavo persone che cercavano quel senso di memoria che provavo a tirare fuori perchè il cibo che raccontavo era legato alla tradizione della mia terra. Nel frattempo il lavoro che porto avanti su Instagram si è modificato, com’è normale che sia, ed è andato a prendere tre elementi fondamentali del cibo che sono gli ingredienti, le persone e i territori, perché dal punto di vista culturale e sociologico sono elementi legati tra loro: un piatto non esisterebbe se non ci fossero le persone a prepararlo in un territorio. Quello stesso piatto preparato in Sardegna è completamente diverso da un piatto preparato in un’altra regione e questo me ne sono resa conto con il tempo perché una parte fondamentale della mia crescita con il mio lavoro è il poter raccontare un piatto e scoprire attraverso le risposte che ho dalle persone che interagiscono con me che quel piatto esiste in mille modi diversi ma comunque simili in tante altre parti, non solo in Italia ma addirittura nel mondo. Recentemente ho postato un formaggio e mi è stato detto che una cosa molto simile a quella esiste in Albania, ma esiste anche in Toscana, nel Lazio, esiste nel sud Italia ed è un prodotto agroalimentare tradizionale certificato dalla regione sardegna ma che poi troviamo in tanti altri posti perché il cibo è movimento, i cibi e i piatti si creano perché i popoli nel tempo si sono mossi hanno portato ingredienti e hanno reso le ricette quelle che sono oggi, oggi un piatto che è un’innovazione fra 100 anni potrebbe essere una tradizione.”
Joe Casini: “Hai toccato subito una serie di temi interessantissimi, in particolare mentre parlavi mi veniva in mente il tema dell’identità che in questi anni è stato al centro del dibattito pubblico, c’è un modo di vedere l’identità che è più rigido, in qualche modo l’identità è qualcosa di definita e immutabile, c’è un altro modo di vederla che invece è da un punto di vista dinamico e in continua evoluzione. Mentre parlavi facevi riferimento a come viene preparato il cibo sardo al di fuori della Sardegna, mi veniva in mente soprattutto molti tanti fa quando c’era un mondo meno interconnesso come effettivamente spesso capitava di mangiare la piadina a Roma, la pizza in Veneto e così via, una volta questo discorso era molto attuale dicevi ‘però questo cibo se lo assaggi dove viene fatto è tutta un’altra cosa’ poi oggi il mondo interconnesso fa si che i cibi girino, i saperi giri, le conoscenze girino ma anche le identità da questo punto di vista si evolvono e acquistino anche forme di espressione nuove. Da questo punto di vista tu come la vedi? Il cibo è strettamente legato al contesto vettoriale quindi una prospettiva un po’ più rigida legata al territorio oppure un contesto così?”
Jessica Cani: “è assolutamente un contesto che si evolve nel senso che è importante conoscere le radici per avere coscienza da dove veniamo, però con un’apertura mentale tale che ci permetta sempre di scoprire come si evolve a seconda del tempo, dei luoghi, delle persone un determinato ingrediente. è proprio questa la bellezza del cibo ed è questo che in realtà mi ha fatto appassionare a questo argomento, scoprire che ciò che mangio qui lo posso mangiare simile da un’altra parte ma con un altro nome con un ingrediente che cambia di poco. Conoscere le persone attraverso il cibo è la ricchezza per me più grande che posso avere, nel senso che la preparazione stessa del cibo è un rito, è un qualcosa che appartiene a un determinato popolo, a una determinata cultura, e una volta che tu sei dentro quel meccanismo entri dentro l’identità di un luogo e conosci quel luogo attraverso il gusto.”
Joe Casini: “Nel nostro podcast c’è quella che chiamiamo la domanda nella domanda. Preferiresti parlassimo più del cibo o più degli aspetti legati alla comunicazione in particolare ai social?”
Jessica Cani: “Parliamo di comunicazione.”
Joe Casini: “Preferiresti un taglio più personale o più professionale?”
Jessica Cani: “Più professionale.”
Joe Casini: “La domanda che ti volevo fare è: i social hanno una prassi di comunicazione che è abbastanza codificata, anche le piattaforme stesse tendono ad adottare determinati format a promuoverli a seconda dell’engagement maggiore, ci sono periodi in cui vanno di più i caroselli, dei momenti in cui si promuovono più le storie quindi l’istantaneità, oppure i reel. Tutto in funzione dell’engagement e delle famose metriche che negli anni sono comparse, sparite, cambiate, quindi c’è tutta una prassi nella comunicazione dei social. Visto che sei esperta di produzione dei contenuti, la domanda che ti volevo fare è: secondo te ci sono dei miti che sono da smontare, delle regole che i social promuovono nel come vorrebbero che tu abitassi questi spazi e che nella tua esperienza sono dei falsi miti? o c’è qualcosa che hai scoperto che funzionasse molto anche se non era mainstream?”
Jessica Cani: “Sicuramente un falso mito che riscontro tanto nelle aziende è che c’è spesso la tendenza come prima cosa a voler crescere il numero di follower, avere un alto numero di follower non significa avere una buona reputazione, non significa star lavorando bene sui social, sono semplicemente numeri perché i follower non sono niente, se invece andiamo a parlare di persone, cambiamo il termine che utilizziamo, cambia tutto. Quello che bisognerebbe cercare di smontare è la rincorsa al numero, andando invece a lavorare sulla costanza che è un elemento fondamentale e sulla costruzione di una reputazione attraverso l’autenticità quindi sembra una cosa tanto difficile ma più una persona è se stessa all’interno della piattaforma e più riesce a fidelizzare le persone che sono interessate a quello che ha da dire, chiaro che non andremo a colpire tutti, come nella vita reale non possiamo piacere a tutti così online. Lavorare cercando di essere quanto più possibile se stessi porta grandissimo beneficio con costanza.”
Joe Casini: “Sicuramente quello che dici è importantissimo, uno dei vantaggi della metrica è forse che è immediatamente comprensibile, una semplificazione è anche immediata comprensibile da chi lo utilizza o da chi deve far sì che quel numero poi cresca. Da un punto di vista culturale, quando lavori in azienda, quello di cui parli è un processo che richiede anche consapevolezza e coinvolgimento delle aziende, come intervieni e quali sono gli angoli che offrono maggiori resistenze da parte delle aziende nell’adottare questo approccio piuttosto che quali sono i benefici inattesi che improvvisamente scoprono nel momento in cui si mettono in gioco?”
Jessica Cani: “I numeri che i social ci forniscono non sono dedicati soltanto al numero dei follower o dei like, ci sono tanti altri numeri quindi vedere nell’insieme l’interazione/l’interesse delle persone che stanno seguendo il nostro profilo e che interagiscono con un nostro contenuto oltretutto non il singolo ma nel tempo. Quindi mettono un determinato post, quel post ha 500 like sembra che sia andato bene, ma abbiamo convertito? abbiamo venduto qualcosa con quei 500 like? probabilmente no. Mettiamo invece un posto con 200 like e 50 commenti di persone che interagiscono con noi e rispondono a quello che abbiamo scritto sotto al post e ci fanno vedere la loro presenza, quello è un numero da tenere in considerazione, lì le persone vogliono parlare con te, si sono sentite toccate da ciò che hai scritto quindi quello è un numero importante. Ovviamente sono una serie di numeri, quando io ti dico non guardiamo il numero dei follower non significa che è il diavolo ma significa che il numero dei follower da solo non ha senso e va inserito in un contesto in cui a monte ha fatto una strategia e andiamo a vedere che cosa in questa strategia per noi è importante.”
Joe Casini: “Con la domanda dal pubblico torniamo sul cibo. Tra le domande che sono arrivate ne ho scelta una che riprende un tema che abbiamo affrontato qualche episodio fa con Chiara Simonigh. La domanda è: riesci a rilassarti quando vai a mangiare nei ristoranti essendo tu una professionista del settore? Quanto la conoscenza ci da delle informazioni in più, ci da la possibilità di vedere delle dimensioni in più nelle esperienze che facciamo, quanto però dall’altra parte forse ci toglie qualcosa?”
Jessica Cani: “è iniziato che per me era quasi un gioco andare a cena fuori e cercare di concentrarmi nell’interpretare un piatto, la sala, tutto ciò che avevo attorno e non mi pesava a livello privato perché sì era il mio lavoro però in realtà il mio lavoro era la mia passione, sto facendo tutt’ora un qualcosa che ho fortemente voluto, devo dirti che nell’ultimo anno la cosa si è iniziata a trasformarsi nel senso che sempre di più diventa difficile riuscire a godersi anche soltanto una cena con amici senza pensare al lavoro. Per esempio vado a cena in un posto però voglio andare in un posto che meriti particolarmente così comunque ne posso poi parlare, posso raccontare quel posto, posso approfondire la conoscenza con chi c’è dietro perchè c’è un reale interesse dietro ma perchè ormai è diventata una prassi e mi sembra quasi strano non approfittare di questa cosa. Rilassarmi sì però la parte professionale entra inevitabilmente in gioco non è mai qualcosa in cui penso solo ed esclusivamente a mangiare, non succede più da tempo.”
Joe Casini: “Io non sono un professionista del settore però la cosa che più noto quando vado in un ristorante è il cestino del pane, è la prima cosa che mi da l’impressione di come andrà la serata. Tu da professionista qual è la cosa a cui fai più attenzione quando vai in un ristorante?”
Jessica Cani: “Il modo in cui vengo accolta, ad esempio ieri sono stata in un posto in cui non ero mai andata è la prima cosa che ho notato è stata la gentilezza del cameriere nel farmi scegliere il tavolo che aveva proprio una nota in più rispetto ad altri posti e mi ha fatto dire ‘tornerò in questo posto solo per il servizio’, poi ho mangiato anche bene però il servizio era particolarmente attento. Non dico che il cibo debba essere sempre buono però se pago mi aspetto che lo sia ma ho un occhio di riguardo per il servizio, comunicazione formale perché mi mette l’ansia, ma deve essere attento, gentile, presente.”
Joe Casini: “Questo ci riporta un po’ agli aspetti personali a cui facevi riferimento all’inizio, di quanto poi le persone contano. A volte c’è l’impressione che tendiamo a dare più peso agli aspetti tecnici è importante il saper fare, nel senso la conoscenza che c’è dietro, da questo punto di vista a tua impressione com’è nel tuo settore e nelle aziende in cui vai, cioè effettivamente questa importanza che ha la componente umana alla quale facevi riferimento ti sembra tenuta in considerazione oppure ci si focalizza sulla metrica dei social piuttosto che sulla qualità del piatto che viene preparato e così via?”
Jessica Cani: “Ti parlo innanzitutto di quello che è il mio lavoro, quindi delle persone con cui mi rapporto per il mio lavoro, io ho una tipologia di narrazione che è molto basata sull’empatia, quindi il racconto dei luoghi non è mai oggettivo, ma è tanto soggettivo, è quello che vivo quando vengo a contatto con queste persone. Grazie a questo tipo di narrazione negli ultimi due anni il motivo per cui io vengo scelta per poter collaborare con una determinata azienda è proprio questo, mi viene detto ‘io voglio essere raccontato da te’, questo per me è la cosa più bella a cui potessi arrivare e c’è un grado di empatia fortissimo. Mi è capitato recentemente di intervistare una cantina, era una cantina gestita a livello familiare, in cui una delle persone portanti del progetto era il nonno di 92 anni, ciò che mi ha raccontato a me ha fatto commuovere e quando sono uscita da lì sapere che i nipoti, che nel frattempo sono diventati degli amici, mi dicessero ‘ci aspettavamo di trovare una professionista ma non addirittura un’amica’. Dal punto di vista lavorativo c’è tantissima empatia, è fondamentale questo aspetto relazionale, poi nella vita di tutti i giorni non lo so, sarà che io sono una persona che ricerca tanto questo, mi stupisco quando dall’altra parte trovo una persona fredda, molto formale.”
Joe Casini: “Tra l’altro questa cosa che le aziende ti dicevano ‘voglio esser visto con i tuoi occhi’ è anche questa una prospettiva molto interessante effettivamente, nel momento in cui scegliamo un professionista stiamo in qualche modo scegliendo uno sguardo su di noi anche quando scegliamo un professionista che fa attività di comunicazione verso l’esterno ma fa un’attività di consulenza per dei processi interni, stiamo scegliendo un altro punto di vista su quello che facciamo e quindi è anche molto arricchente la possibilità di scegliere tra tanti punti di vista diversi, uno emotivo in cui magari si sceglie un professionista è anche quello di dire ‘oltre la competenza tecnica che ci deve stare sto scegliendo una persona che mi da la possibilità di vedermi da una prospettiva diversa’. Andando avanti nella nostra chiacchierata stiamo spaziando tantissimo e questa è una cosa che mi piace molto, c’è ora la domanda che chiamiamo il filo del rasoio. Qualche giorno fa il ministro ha dichiarato che i poveri spesso mangiano meglio perché hanno la possibilità di andare direttamente dal contadino a prendere il prodotto. Questa è una cosa che mi ha colpito molto perchè non solo torniamo sul discorso delle prospettive, dal privilegio dal quale guardiamo il mondo a volte un po’ ce lo perdiamo di vista, ma soprattutto questa retorica del fatto che si spende meno, si mangia meglio, visto che ti occupi di food ti volevo domandare: effettivamente quanto è legato l’aspetto della qualità del prodotto all’aspetto economico?”
Jessica Cani: “Partendo dal presupposto che il lavoro del produttore debba essere sempre retribuito e più c’è una ricerca dietro per creare un prodotto che sia di qualità e che sia anche rispettoso del luogo in cui viene coltivato, prodotto, è normale che i prezzi siano alti, anche se ultimamente i prezzi stanno raggiungendo, per me, un livello spropositato. La dichiarazione del ministro sembra che non ci sia cognizione del luogo in cui stiamo vivendo. Io vengo da una zona definita nel 2009 come la provincia più povera d’Italia, c’era una provincia che ai tempi si chiamava Carbonia-Iglesias ed era la provincia più povera d’italia, io ho sempre vissuto a contatto con persone che coltivano la terra e che allevano animali, ho la fortuna immensa per esempio di avere mia zia che mi da le uova, oppure un amico di papà che ci da la verdura a un prezzo normalissimo di un produttore perché ci vai in maniera diretta, io ho questa fortuna perché vivo in questo contesto di zona non particolarmente ricca. Per esempio i fichi d’india le posso prendere dal bordo della strada senza problemi, a Milano ci ho provato a comprare i fichi d’india, mi sembrava veramente un furto, se fossi andata in gioielleria a prendermi un anello avrei speso uguale. Dipende dal contesto, dalla tipologia di vita che si fa, ma mangiare bene costa.”
Joe Casini: “Passiamo a quella che è la domanda della birra di troppo. La domanda che ti volevo fare è: guardando indietro la tua esperienza, che è comune a moltissimi ragazzi, come vedi questa forma di migrazione?”
Jessica Cani: “A me piace dire che sono tornata per smettere di dire che qui non c’è niente, in Sardegna per tanto tempo si è lasciata la terra perché non c’erano opportunità lavorative e quando ero più piccola io odiavo questo territorio, mi ripetevo sempre ‘da qua me ne andrò perché non c’è prospettiva per me’, appena ho finito la triennale sono partita e sono rimasta fuori per continuare a studiare e lavorare per cinque anni e ho girato parecchio e più giravo e più mi rendevo conto che i posti che visitavo erano splendidi ma avevano dei difetti tanto quanto la Sardegna, diversi ma tutti avevano dei difetti, e allora a quel punto mi sono chiesta ‘ma tu cosa vuoi?’, nel senso, posto che tutto il mondo ha pregi e difetti tu cosa stai cercando? E lì è proprio una questione di prendere consapevolezza e capire cosa si vuol fare della propria vita perché in qualsiasi luogo troveremo ostacoli e situazioni spiacevoli però questo non significa che non possiamo stare in nessuna parte, quindi ho sentito un richiamo nel senso di necessità di utilizzare le competenze che avevo appreso fuori per impiegarle nella mia terra perché io continuavo a dire ‘qui non c’è niente’ ma anche da altre parti non c’erano altre cose che magari avrei voluto quindi torniamo a casa e provo a fare io quello che manca. è andata piuttosto bene, sono tornata nel 2017 ma non ho avviato subito l’attività che volevo ma è stato un percorso di crescita e ora sono molto soddisfatta.”
Joe Casini: “Hai usato due parole che a me piacciono tantissimo che sono contesto e consapevolezza. Mi veniva in mente quando parlavamo di contesto, i contesti sono fatti di vincoli che vediamo come cose negative a volte in realtà hanno anche il rovescio della medaglia che sono delle opportunità e lì arriva il tema della consapevolezza effettivamente avere consapevolezza di se stessi, del contesto in cui si sta, quali sono i punti di forza e debolezza, fa sì che facciamo qualsiasi cosa sapendo in che direzione vogliamo andare dandoci la possibilità non solo di farla meglio ma anche di essere più felici. Spesso soprattutto studiando si cerca di adattarsi a quello che pensiamo sia lo standard della società, scegliere delle materie che ci diano più facilmente sbocchi lavorativi, fare dei percorsi perché pensiamo ci daranno un curriculum migliore da poter spendere sul mercato del lavoro, che sono tutte cose importantissime però poi non c’è un percorso di consapevolezza, è difficile trovare il proprio ambiente, questo è un altro aspetto che mi è piaciuto molto.”
Jessica Cani: “Il tema della consapevolezza a me piace tanto perchè io sono tendenzialmente una perfezionista e il termine consapevolezza ti aiuta a capire che la perfezione non esiste e che tu puoi stare nella situazione in cui ti trovi se sei consapevole che quella situazione va bene per te, ovviamente deve andar bene per te. Quella consapevolezza ti aiuta a comprendere tutto ciò che hai attorno e a capire se è giusto o meno per te.”
Joe Casini: “Il tempo è volato, stiamo arrivando alle battute finali della nostra chiacchierata e il momento finale è cercare di creare delle connessioni tra gli ospiti delle varie puntate, e viene chiamato il Secret Santa. Il primo ospite che ti propongo è Chiara Simonigh, docente e critica cinematografica, abbiamo parlato di cinema, di linguaggi audiovisivi, di come gli aspetti culturali vengono veicolati dai film. Il secondo ospite è Alberto Puliafito, giornalista, si occupa di slow journalism, abbiamo parlato di giornalismo, formazione ma soprattutto di quanto incide la velocità con il quale facciamo le cose su un risultato che otteniamo. Il terzo ospite è Paolo Benanti, esperto di tecnologia, in particolare di intelligenza artificiale ma più in generale degli aspetti etici. Qual è quello che ti incuriosisce di più?”
Jessica Cani: “Scelgo Alberto perché sono una grande fan di slow news.”
Joe Casini: “La domanda che ha lasciato Alberto riprende un aspetto che abbiamo affrontato prima. Come si evita la dipendenza dai meccanismi delle piattaforme social? Prima abbiamo parlato delle famose metriche, di quanto è importante andare oltre, quali sono gli esercizi per cercare di non farsi vincolare troppo da questi meccanismi?”
Jessica Cani: “Capita a pennello perchè sto leggendo un libro su questo che è del professor Cal Newport che si chiama ‘minimalismo digitale’ quindi se avete dipendenza dal digitale vi consiglio questo libro. Quello che io provo a fare sia dal lato di non stare sempre al telefono, visto che per me è lavoro ed è veramente faticoso, io utilizzo delle app per cercare di non entrare all’interno dei social, e poi in generale di vivere la vita vera, quindi crearsi dei momenti di vuoto e di benessere personale che possono essere sport, amici, circondarsi di persone che ci allontanano da quello che è l’online che non è il male ma non c’è solo quello.”
Joe Casini: “Mi veniva in mente mentre dicevi di vivere la vita vera come spesso si fanno esperienze e si cerca di viversi delle esperienze in funzione di come le possiamo raccontare sui social. Sto lavorando su un progetto per cui stavo cercando una location e ho scoperto che ci sono online tonnellate di liste di posti dove fare foto su instagram in giro per il mondo, l’obiettivo non è l’esperienza o il viaggio ma andare lì per farsi una foto. Mi veniva in mente anche in riferimento alle aziende, si cerca l’angolo migliore dal quale raccontarsi, si fa soltanto per poterla raccontare che non è la stessa cosa di farla per il gusto di farla e poi raccontarla. Sono due cose molto diverse.”
Jessica Cani: “Essere autentici ripaga non solo l’online perchè ci avvicina alle persone che si fidano di noi ma ripaga anche noi stessi, il nostro potersi guardare allo specchio e dire ‘ok anche oggi è stata una giornata in cui ho lavorato per me non per gli altri’.”
Joe Casini: “A questo punto è il tuo turno di lasciare una domanda per gli ospiti delle prossime puntate.”
Jessica Cani: “Qual è la volta in cui un piatto o un ingrediente ti ha colpito così tanto da farti ribaltare la visione su un qualcosa che credevi di te stesso?”
Joe Casini: “Domandona, non vorrei essere nei panni di chi la pescherà, però bellissima domanda e c’è la possibilità di muoversi sull’intersezione sul valore della memoria o del motivo che spesso c’è nei piatti, delle storie delle persone che ci sono dietro ai piatti. Sono curioso di vedere il primo ospite che la pescherà. A questo punto ti ringrazio per essere stata con noi.”
Jessica Cani: “Grazie a te Joe, è stato un vero piacere.”
Joe Casini: “Auguro una buona domenica agli ascoltatori e vi do appuntamento tra due settimane per un’altra puntata di Mondo Complesso.”