Con Derrick De Kerckhove parliamo di come le crisi globali degli ultimi anni possono diventare grandi opportunità per rivedere la nostra società, a partire dalla scuola e dall’educazione.
Joe Casini: “Buongiorno e buona domenica e benvenuti ad una nuova puntata di Mondo Complesso, oggi abbiamo un ospite al quale tengo particolarmente, il professor Derrick de Kerckhove che è sociologo, giornalista, autore di numerosi libri, molti dei quali mi hanno sicuramente segnato nella formazione, quindi intanto ringrazio il professor de Kerckhove, è un piacere averla oggi ospite.”
Derrick de Kerckhove: “Grazie per l’invito. è veramente interessante, le domande mi
toccano molto e sono felice di avere occasione di parlare di queste cose.”
Joe Casini: “Allora il nostro podcast ha ormai una sua piccola liturgia che prevede in apertura un momento particolare, ovvero la «domanda semplice». Apriamo sempre con una domanda semplice perché da la possibilità di fare un po’ di riflessioni, magari non così scontate. Essendo tu un grandissimo esperto di comunicazione, nella storia della comunicazione abbiamo fatto la distinzione tra medium e messaggio, un rapporto che è cambiato moltissimo con l’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione. Ecco, la domanda che ti volevo fare è: che rapporto c’è oggi tra i mezzi di comunicazione e i messaggi che veicolano? Un tema che è particolarmente attuale anche dopo i due anni di pandemia e quello che sta succedendo anche ora in Ucraina.”
Derrick de Kerckhove: “The medium is the message è stato da parte di McLuhan una barzelletta, l’ha detto lui, una sfida paradossale in apparenza leggera, ma per andare al profondo… e dov’è il profondo? Il profondo del medium è che diviene il terreno, la base delle figure che sono i messaggi del sistema di comunicazione. Nel caso di McLuhan era la televisione e sappiamo che la televisione ha un ruolo enorme, oggi ancora in particolare in Russia, però non è più il caso di parlare della televisione, è il caso di parlare di due medium fondamentali: uno è l’alfabeto e l’altro è il digitale. Le figure create dall’alfabeto sono tutta la storia dell’Occidente e queste figure sono quelle della scienza, della geografia, della storia, della geometria… vuol dire che tra tutto questo c’è un filo rosso che è assolutamente chiaro della base, del terreno dell’alfabeto che ha creato il concetto nella mente occidentale. Di questo assolutamente dobbiamo tener conto per capire perché il digitale non sostiene le invenzioni dell’alfabeto che sono l’individualismo, la democrazia e l’umanesimo, ma la gente non ha ancora capito che la cultura digitale non si interessa per niente alle figure della cultura alfabetica, piuttosto le rovina. L’individualismo, per esempio: da una parte siamo tracciati, catalogati come dati in un database, dall’altra stiamo esportando le nostre principali funzioni cognitive che sono venute dall’uso alfabetico e che vanno ormai nel nostro smartphone. Perché si chiama smartphone? Perché è molto più smart di noi! Questo è il problema, contiene la nostra memoria e contiene anche i nostri assistenti digitali, l’intelligenza artificiale che crea per noi il nostro pensiero. Più smart è lui e meno lo siamo noi.”
Joe Casini: “Sull’utilizzo dei nuovi media, i nostri smartphone ma anche i social network, in qualche modo il rischio è un po’ quello che si vengano a creare delle bolle di realtà che sono sempre più separate. Quando parliamo di mondo complesso parliamo di un mondo sempre più interconnesso e interdipendente. In che misura i nuovi medium oggi contribuiscono a creare narrazioni sempre più scisse? Quindi quasi delle variazioni psicotiche, si creano dei mondi sempre più separati dove ci sono delle verità che diventano sempre più distanti l’una dall’altra. In questo senso forse i nuovi mezzi di comunicazione stanno rendendo sempre più complicato restare interconnessi e ancorati tutti insieme a un fattore di realtà comune, o no?”
Derrick de Kerckhove: “Assolutamente, ci sono più ragioni per spiegare questo. L’impatto
di Internet all’inizio era quello di dare la possibilità di condividere opinioni, conoscenza, interessi e all’inizio era una cosa libera, perfetta, ma nel tempo si è visto che agisse esattamente al contrario. Parlando dell’alfabeto, che ha fatto? Ha creato divisioni inter-linguistiche, ma coesione intra-linguistica. Vuol dire che i nazionalismi sono nati dall’alfabeto, la base della coesione sociale è stata fatto a partire dalla lingua, ormai il problema non è più semplicemente parlare una lingua, il problema fondamentale della cultura digitale è che non parla nessuna lingua, non si interessa alla lingua. Vuol dire
che questo è un altro modello di complessità, di conoscenza umana che è completamente diverso. Però invece per creare consenso rende le persone sempre meno informate, sempre più truffate dalle fake news e dalle discussioni contro la scienza del primato. Tutto questo ha portato la gente a condividere, senza freno, ideologie mal conosciute. Prima volevo dire che la seconda grande cosa che succede all’uomo oggi, buttando tutto il suo contenuto cognitivo sullo smartphone, è che perde la resistenza della personalità che sa giudicare una situazione, che sa consigliare i suoi interessi con quelli di tutti gli altri. Tutto questo è svanito: per avere una democrazia, per avere un consenso, per avere anche un paese, servono le parole, serve condivisione, serve una discussione, dialettica. Ma la dialettica non c’è più, non c’è dialettica nell’analisi dei Big Data dei data Analytics, però allo stesso tempo stiamo perdendo la priorità del linguaggio, io la chiamo una crisi epistemologica del nostro tempo, la crisi del sapere, la crisi del significato.”
Joe Casini: “Quando hai detto Big Data mi è venuta in mente una tua frase che è una delle frasi che, lo dico sfacciatamente, cito più spesso quando vado in giro dai clienti o faccio gli interventi che diceva più o meno che «nell’epoca dei Big Data piuttosto che la capacità di dare risposte sarà importante la capacità che avremo di fare le giuste domande»… è una frase che quando l’ho letta l’ho trovata illuminante! Mi ricollego un po’ a quello che stavi dicendo anche tu ora, cioè in un mondo così complesso il più importante investimento che dovremmo fare è proprio quello culturale, cioè ritrovare la nostra capacità di generare senso perché altrimenti siamo travolti via da quello che è il fiume sterminato dei dati, prima ancora che di informazioni, alle quali non riusciamo a dare un significato.”
Derrick de Kerckhove: “Ma vedi che questo ti rovescia l’educazione: la stupidità degli esami oggi è di dare risposte, dammi un esame dove trovo le domande giuste sulla materia che sto studiando! Io ai miei studenti del Politecnico dico sempre «non mi interessano le cose che voi ricordate, mi interessa come pensate e le domande mi interessano molto di più che le risposte». È questa malattia dell’educazione nazionale di fare sempre esami sulle conoscenza, ma queste conoscenze sono assolutamente a disposizione di tutti, vado su Wikipedia, su Google, allora a che serve questa memoria delle cose? La cosa fondamentale sono le domande, le domande sul nostro essere, le domande sulla materia, le domande sul mondo, mi sento molto eccitato per questo perché tendo ad essere piuttosto emotivo però questi temi mi danno un sentimento di urgenza.”
Joe Casini: “Questi sono anni di urgenza, non ti faccio la domanda rispetto all’emergenza che stiamo vivendo adesso nello specifico, ma in generale in questa fase così caotica tu vedi più il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?”
Derrick de Kerckhove: “Io sono di natura ottimista. Cosa succede oggi? Succede che abbiamo avuto due colpi di cannone globali: il primo la pandemia ed è stato un sottolineare diciamo del pericolo che ormai non è più locale, ma è globale e umanamente comunicato. Il secondo è questa guerra: si dice «sono come noi gli ucraini», si è vero sono vicini assolutamente, soffrono per una cosa totalmente ingiusta ma allora che dire dell’Africa, che dire dell’Asia, che dire del nostro modo di imporre un clima impossibile che uccide la gente? Va benissimo di resistere all’invasione, va benissimo dire no alla guerra – è evidente – questo non è intelligente è semplicemente evidente, ma la cosa fondamentale è che se usciamo da questo secondo colpo di cannone globale dobbiamo ripensare tutto: non solo gli ucraini, non solo la NATO, anche l’ambiente, anche gli animali e le piante. Questa è la cosa che dobbiamo imparare dalle due grandi lezioni che stiamo vivendo adesso, l’umanità non è completamente cretina, benché una grande proporzione lo è! Ci saranno messaggi, ci saranno eventi, cose che escono da queste intelligenze incoscienti dell’umanità, non vogliamo finire sotto una bomba nucleare, non penso che nemmeno Putin
voglia finire sotto una bomba. Ci troviamo in una grande transizioni, la crisi epistemologica eventualmente si risolverà, però lo vedo come una cosa che naturalmente ci fa paura. C’è la risposta della Cina e dell’Est alla minaccia di decoesione sociale, che per loro è molto più grave che per noi. Noi pensiamo che possiamo resistere a questo sistema caotico, loro hanno creato il Social Credit che da noi si conosce poco ancora, ma che è assolutamente nella linea di forza del digitale. Il digitale è un sistema di Social Credit e farlo per una società, perché conta molto di più la salute della comunità che il desiderio dell’individuo, loro trovano un uso del digitale che funziona perfettamente per loro. Noi abbiamo lo stesso atteggiamento verso la gente, però secondo il famoso capitalismo della sorveglianza del quale parlava Shoshana Zuboff, il problema che vedo nella situazione presente è che siamo in crisi per capire, come siamo stati in crisi nel lockdown per capire qualcosa di noi, sondare di più il profondo del nostro essere e delle nostre relazioni. Però la lezione dalle guerre non la abbiamo imparata ancora, io la presento come un cambiamento di cuore, un cambiamento di atteggiamento globale.”
Joe Casini: “Questa sicuramente è l’era delle sfide globali, sfide che fino a qualche decennio fa si pensava fossero solo ad appannaggio degli Stati, poi tu hai citato il capitalismo e negli ultimi anni sono uscite fuori queste aziende enormi, sterminate che da sole valgono più di interi Stati. La domanda che ti volevo fare, parlando di capitalismo e di sistemi, come vedi il rapporto tra sistemi intesi come Stati, stati-nazione ma non solo, penso ad esempio al destino dell’Unione Europea. Queste ultime crisi forse hanno forse rimesso gli Stati maggiormente al centro dell’attenzione rispetto agli anni precedenti in cui si parlava quasi esclusivamente di corporation, come vedi il rapporto tra queste due entità?”
Derrick de Kerckhove: “Il capitalismo fa di quelli che ne profittano le prime vittime perché,
so che è un po’ sentimentale, ma più ricco sei meno anima hai, e finalmente l’anima conta anche se non è cristiana, anche se non è neanche di natura puramente spirituale. Ma l’anima umana anche se non sopravvive, a tutti i livelli, è una cosa vera. Per esempio per parlare della Russia ho visto un articolo fenomenale di uno scrittore, del quale adesso non ricordo il nome, sul come la gente in Russia oggi ha paura di perdere nuovamente la propria anima, dopo averla ritrovata negli ultimi 20-30 anni. La distruzione dell’anima si fa dall’interno dell’essere umano quando questo è sotto la minaccia permanente, ovunque, non solo per le cose che dice, ma anche le cose che pensa. Siamo nel mondo di Orwell, l’Unione Sovietica aveva un controllo sull’anima della gente, non solo sui corpi. Tornando ai capitalismi. il problema fondamentale è che rovinano anche l’anima di quelli che ne profittano di più, però questa è anche la modalità che ha sostenuto un progresso tecnologico fenomenale. Dire di no al progresso tecnologico oggi vuol dire condannare a morte più o meno 6 miliardi di persone. Il capitalismo è stato la fonte – troppo spesso orientata male – ma la fonte di un progresso che rifletteva simultaneamente la curiosità naturale degli uomini e il desiderio di fare soldi e vivere bene. Non dobbiamo condannare il capitalismo come una forza che ha conseguenze morali, ma è una forza che fa parte dei vari aspetti delle commissioni che una volta prendono l’uomo come oggetto e lo portano verso il superuomo, perché non c’è dubbio che stiamo andando in questa direzione. Dobbiamo pensare allo sviluppo dell’essere umano nei suoi talenti particolari, nelle sue sfide, nel superare malattie gravi, nel superare il limite: questa è la natura dell’uomo e per fare questo deve passare attraverso la tecnologia. Il problema è rispondere ai due colpi di cannone che abbiamo sentito per destrutturare il nostro atteggiamento verso il tutto, e allo stesso momento non scoraggiare completamente lo sviluppo tecnologico perché è quello che finalmente è capace di prendere cura di molte più persone rispetto al passato.”
Joe Casini: “Il ruolo del capitalismo inteso come capacità di creare benessere è fuori discussione, pensiamo però al tema delle tassazioni: oggi uno Stato fa fatica ad attuare una tassazione efficace da riportare poi in servizi ai propri cittadini. Pensiamo ai servizi digitali che vengono prodotti ovunque nel mondo, oggi non c’è più questa corrispondenza tra attività e territorio, e questo genera una nuova difficoltà nel gestire la tassazione. Come si ricostruisce il rapporto tra il territorio, gli Stati e la ricchezza che è sempre più digitale, sempre più slegata dal contesto territoriale?”
Derrick de Kerckhove: “La tassazione è una bella domanda, però non sono molto esperto di questo. Diciamo che evidentemente il problema della tassazione e simultaneamente la distribuzione benpensata del prodotto della tassazione alle varie necessità del territorio, non c’è dubbio. Che fa il digitale in questo caso? E come può essere distribuito meglio? Questa è una domanda sulla quale vorrei riflettere di più, ti ringrazio perché non lo avrei mai visto da questo punto di vista. C’è stato un momento 30 anni fa quando scrivevo il mio libro La pelle della cultura, si parlava del Bitcoin anche se all’epoca il significato non era della criptovaluta ma semplicemente l’idea che si potesse generare direttamente dalla rete una valuta digitale. Tassare la gente a partire del digitale vuol dire accettare di nuovo una parte importante della cosiddetta privacy, perché se vuoi sapere qualcosa su qualcuno, e questo le agenzie multinazionali lo sanno fare, vai vedere come si usa il denaro della persona e sai tutto, molto di più rispetto a studiare cosa si dice sul social media. Penso che c’è anche una complicità e una duplicità da parte dei governi. Su questo direi hai ragione a fare questa la domanda e la mia risposta oggi è incompleta, ma non lo sarà sempre.”
Joe Casini: “Allora ci aggiorneremo su questo tema! Ci stiamo avviando alla conclusione, sapevo che sarebbe volato il tempo a disposizione e appunto nella piccola liturgia del nostro podcast in conclusione facciamo una sorta di staffetta di domande, per cui l’ospite della puntata precedente ti ha lasciato una domanda e ti chiederò poi di fare lo stesso con l’ospite della puntata successiva. Nella puntata precedente abbiamo fatto una chiacchierata con Alessandra Benevolo, che è HR manager di Ipsen Spa una multinazionale che opera nel settore farmaceutico e la domanda che ti ha lasciato è quella di poter fare una riflessione sul rapporto tra generazioni. Come potremmo far convivere sul mercato del lavoro, ma non soltanto, un numero sempre maggiore di generazioni? Con un’età che cresce sempre più, come si fa a far convivere così tante generazioni tutte insieme?”
Derrick de Kerckhove: “Magnifica domanda. Io è da parecchio tempo che penso che i giovani sono il rinfrescamento del sistema nervoso sociale, una generazione più giovane vede diversamente i problemi . Penso che Greta Thunberg sia stato un esempio assolutamente chiaro di questo. Anche lei è stato un colpo di cannone perché ha fatto vedere che i giovani nel mondo intero avevano ansia e inquietudine su cosa succede, ma anche una una forma di coesione, questo è stato la nuova tribù globale. Rinfrescamento del sistema nervoso sociale va sul piano dell’intervento sociale, quello di Thunberg è solo un esempio. Non abbiamo più una vera crisi di generazione, non esce un gap, il vero problema oggi, secondo me, è di puntare sull’educazione e sull’intelligenza degli studenti. Nei miei corsi non faccio niente senza gli studenti, devo assolutamente lavorare con loro in gruppi di riflessione su vari temi e l’educazione dovrebbe anche rovesciare completamente il suo atteggiamento. Come ho detto, mettere le domande al posto delle risposte, perché le risposte sono sempre quelle del passato, le domande sono quelle che annunciano il futuro. Dobbiamo sempre di più contare su questa gioventù a partire dalle piccole classi dei junior fino all’università. Un altro aspetto è di insegnare bene le conseguenze della trasformazione digitale, tutti parlano della trasformazione digitale che è una trasformazione psicologica profonda, essenziale. Far capire lo svuotamento che ci porta alla trasformazione digitale, far capire ai ragazzi che hanno la scelta o di mantenere un’identità resistente all’ideologia falsa o mal colta, o accettare di perdere tutto, essere vuoto come richiede la religione antica. La gioventù vuota di resistenza ma capace di coesione intorno alla sopravvivenza. Io ho detto cose molto provocatorie durante questa intervista, l’ho fatto non per provocare ma per sottolineare cose che sono onde di fondo, come si dice, sto arrivando alla superficie adesso. Facciamo svuotare nell’educazione dei ragazzi il loro contenuto perché non serve più a niente, perché la memoria era esposizione e ce l’abbiamo tutti, siamo dentro questa memoria globale. Smettere di guardare uno schermo e cominciare a guardare una pagina, perché la pagina non è una risposta, sei tu il maestro della pagina scritta e pubblicata. Ma di fronte allo schermo tu sei lo schiavo. Padrone della carta, schiavo dello schermo.”
Joe Casini: “La domanda per l’ospite della prossima puntata in realtà l’hai anticipata ma credo, senza neanche farlo apposta, è assolutamente in target: ci saranno delle connessioni che ignoro ma che in qualche modo stanno girando bene! L’ospite della prossima puntata sarà Enrico Cerni che lavora per un’importante multinazionale italiana ed è a capo della faculty interna di questa multinazionale, si occupa anche lui di HR ma soprattutto Enrico è un autore di libri in cui cerca sempre di fare una rilettura dei classici in chiave contemporanea. Visto che abbiamo parlato tanto di cultura e alfabetizzazione, se volevi aggiungere qualcosa alla domanda per Enrico.”
Derrick de Kerckhove: “Come funziona la lettura su carta e perché crea individui? Perché l’arrivo del linguaggio orale, dall’udito al visivo elimina più o meno la parte comunicativa del linguaggio e comincia la parte meditativa del linguaggio. La possibilità di trasformare il linguaggio in pensiero, questa è la grande cosa. E il secondo effetto è creare un’interiorità dentro di noi, un’interiorità che è alimentata dalle letture che abbiamo fatto e dalle scritture che abbiamo fatto. La domanda è: possiamo perdere l’umanesimo occidentale, perché non è più coerente con la cultura digitale, o invece dobbiamo difenderlo? Su che base sarebbe potenzialmente una via d’uscita da questo conflitto? Per esempio il Rinascimento è stato un periodo tragicissimo, 200 guerre di religione ed il passaggio da una cultura tribale, sociale, comunitaria a un cultura individualista. L’Inquisizione spagnola torturava il corpo per sapere che succedeva nella mente, ormai non abbiamo più bisogno di toccare il corpo possiamo entrare nella mente senza problemi. Vuol dire che abbiamo vissuto una transizione orrenda ma alla fine della transizione il nuovo mondo ha cominciato letteralmente in tanti modi di svilupparsi, siamo nello stesso momento adesso e siamo in crisi e in pericolo. Uscire da questo richiede la formulazione, la conoscenza, la creazione non del superuomo ma dell’essere, l’essere che viene anche con la natura, le piante, gli animali… io sono tutto, tu sei tutto.”
Joe Casini: “Questa è una puntata incredibile, ringrazio Derrick de Kerckhove per essere stato nostro ospite. Io vi do appuntamento alla prossima puntata del podcast, tra due settimane, e vi ricordo che trovate tutte le puntate del podcast su Spotify e iTunes e che Mondo Complesso è anche una newsletter alla quale potete iscrivervi. Trovate maggiori informazioni sul sito Zwan o su mondocomplesso.it. Buona domenica a tutti.”