L’era del digitale ha creato nuovi diritti per tutti ma anche nuovi pericoli. Per sapersi muovere c’è però bisogno di una cultura di base nuova, aperta e digitale. A che punto ci troviamo oggi? Ne parliamo insieme al Garante della Privacy Guido Scorza.
Joe Casini: “Buongiorno e benvenuti tutti a questa nuova puntata di Mondo complesso il podcast in cui cerchiamo raccontare un po’ della complessità delle cose del mondo, lo facciamo in ogni puntata con un ospite diverso e oggi abbiamo il piacere di avere con noi il dottor Guido Scorza che ringrazio.”
Guido Scorza: “Buongiorno, grazie per l’invito.”
Joe Casini: “Grazie a te per essere qui. Il dottor Guido Scorza è avvocato, giornalista pubblicista, professore di diritto delle nuove tecnologie, autore di vari libri, ma è anche componente del garante protezione dati personali. Quindi con Guido oggi parliamo di dati personali, privacy e come questa materia sia sempre più integrata, non soltanto nelle attività delle aziende, ma nella vita di tutti noi. Vorrei fare un po’ una panoramica così generale di quello che è lo scenario legislativo. Abbiamo detto che ci sono stati molti cambiamenti negli ultimi anni, chiunque ha un’azienda o è un imprenditore o manager di un’azienda ha avuto sicuramente a che fare con GDPR. Chiunque di noi da cittadino, non solo col GDPR ma anche con altri temi, se ne è parlato tanto. A che punto siamo?”
Guido Scorza: “La società nella quale viviamo è liquida come spesso si dice forse se possibile in questa stagione della vita del mondo complice anche la pandemia più liquida di quanto non sia stata sin qui. Buona parte del mondo ha scoperto la centralità delle tecnologie nella propria vita, direi quasi giocoforza negli ultimi due anni, quindi è abbastanza naturale che questo abbia impresso un’accelerazione significativa a rapporto tra l’uomo nelle sue molteplici dimensioni, da quelle personali a quelle professionali a quelle commerciali a quelle politiche, e la tecnologia. Non starò qui a dire che tutto è cambiato negli ultimi due anni, ma per stare al titolo di questo podcast, le cose erano complesse prima, quando qualche miliardo di persone nello stesso momento nella stessa stagione della vita del mondo capisce che gli acquisti si devono necessariamente fare on-line che l’home banking non è un’alternativa, ma l’unico modo per gestire il conto in banca, che la relazione con la pubblica amministrazione non può che essere immediata attraverso la tecnologia perché è difficile entrare negli uffici pubblici. Insomma, è abbastanza naturale che il livello di complessità salga in maniera significativa. Ci sono tante cifre, credo dal mio angolo di visuale, di complessità e certamente la più importante è rappresentata dalla circostanza che un numero crescente di attività che appartengono al quotidiano di miliardi di persone oggi sono mediate sono mediate da una manciata di fornitori di servizi che di fatto hanno retto o tenuto in piedi il mondo, nella visione buonista, senza di loro non avremmo potuto fare tutto ciò che abbiamo fatto, nel bene e nel male. Questi signori hanno un nome e un cognome: Google, Apple, Amazon, Facebook, Microsoft, TikTok per alcune generazioni, Zoom protagonista indiscusso del lavoro a distanza, e questo è elemento di straordinaria complessità perché è un mondo, nella dimensione pubblica e privata, che fino a ieri si reggeva su relazioni o dirette o eterogeneamente mediate da una serie indistinta di imprese, di soggetti pubblici, di liberi professionisti. Ho scoperto, in qualche modo, una colonia digitale a tutti gli effetti di pochi soggetti.”
Joe Casini: “Forse a volte non ci pensiamo ma in tutte le società esiste una sorta di classifica dei diritti. In qualche modo ci sono dei diritti che hanno una maggiore attenzione, una maggiore tutela rispetto ad altri in maniera più o meno esplicita o più o meno decodificata e questa è una classifica abbastanza notevole l’abbiamo visto, per esempio proprio col tema della privacy all’inizio e lockdown. Si è discusso sul tracciamento quindi la privacy rispetto al tema della salute pubblica, piuttosto che, se ne parla anche ora, parlando dei vaccini. Ecco questa classifica dei diritti secondo te esiste? Come funziona e come come si muove? Cioè come fa un diritto ad avere successo in questa speciale classifica?”
Guido Scorza: “Tendenzialmente questa classifica dei diritti non dovrebbe esistere. Il segreto di una vita democraticamente sana è quella del bilanciamento, quindi comprimere il riconoscimento di un diritto nella misura minima necessaria a garantire il contestuale riconoscimento di un altro diritto. è anche credo immediatamente percepibile, facile da capire, nella realtà le cose stanno in maniera sensibilmente diversa. Ci siamo sentite dire “Se vuoi star bene devi rinunciare un po’ della tua privacy” poi che devi rinunciare ad un po’ della tua privacy perché serve utilizzare delle App, di cosiddetto tracciamento dei contatti, la italiana Immuni è persino un’eccellenza da questo punto di vista nel senso che è un bell’esempio di bilanciamento, ma fuori dall’Italia soprattutto se ci spostiamo verso la Cina, ma basta fermarsi anche più vicino in Israele, questo bilanciamento è saltato e si è compressa in maniera significativa la privacy in nome del riconoscimento del diritto alla salute. Quella classifica che non dovrebbe esserci viceversa inizia a formarsi in una maniera poco sana, nel senso che inizia a formarsi sulla base del percepito da parte della gente. Ovviamente se a una persona un governo, piuttosto che i media, rappresentano l’esistenza di un antagonismo, di una conflittualità tra salute e privacy in un momento nel quale sembra non esserci neppure vaccini efficaci, quella persona ci mette poco nella media a dire “Chi se ne frega della mia privacy viene prima il diritto alla salute”: Naturalmente non si dovrebbe mai ricorrere a questa classifica ed è pericoloso comporre questa classifica, specialmente nelle stagioni di emergenza.”
Joe Casini: “Assolutamente, noi in questo podcast parliamo di cultura in genere ma in particolare come poi attraverso la cultura andiamo a costruire le nostre identità. Identità come persone ma anche entità come azienda. Il tema della privacy è uno di quegli aspetti che oggettivamente ad oggi è diventato un tema identitario. L’Europa se non ambisce, come dovrebbe, a diventare un terzo polo proprio sul tema della privacy e, allargando un po’ più le maglie su tutti questi temi, ha lo spazio per trovare e ritrovare, ricostruire, rinnovare, valorizzare la propria identità. Quindi com’è la situazione al momento in Europa? Io su questo poi volevo farti un inciso perché poi nel momento in cui certe indicazione vengono a livello europeo ma poi bisogna, non dico negoziale, ma trovare comunque un punto di equilibrio con ciascuno Stato e che può avere anche interessi divergenti, l’Europa in tutta questa complessità, sia su questi grandi temi sia nell’andare a trovare i punti di equilibrio con i suoi Stati, con che strada, che sentiero vedi davanti a lei?”
Guido Scorza: “Intanto credo che dobbiamo su base aritmetica dirci con estrema franchezza che in un contesto nel quale i grandi fornitori di servizi, dei quali parlavano prima, contano i loro utenti a miliardi è un persino dubbio che hai 500 milioni di cittadini europei significhino qualcosa, o significheranno qualcosa domani per un Google, un Facebook, ma è certo che i 30 o 40 milioni di utenti italiani non significano assolutamente nulla. Il GDPR è una prova storico-scientifica della circostanza che quando l’Unione Europea fa quadrato intorno a taluni principi di diritto riesce persino a imporre quei principi al di fuori dei suoi. Il ruolo dell’Unione Europea è, dal punto di vista metodologico, del governo di questa società complessa specie nell’ecosistema digitale, un ruolo irrinunciabile. Più difficile naturalmente è passare dal metodo al merito, quindi nel metodo è un ruolo irrinunciabile quello dell’Unione Europea, nel merito, lo abbiamo visto con le cose della privacy, credo che lo stiamo vedendo e lo vedremo in maniera più marcata con le cose dell’intelligenza artificiale, nei mesi che verranno la questione si fa più complessa. Perché è come se noi avessimo detto qualche anno fa in Europa, siccome sono più così proviamo automobili che non supera nessun in caso i 50 km/h e nel resto del mondo si possono continuare a costruire invece automobili che facevano i 200 km/h. Se quelle automobili fossero state importabili in Europa le avremmo usate anche noi.”
Joe Casini: “Hai introdotto il tema dell’intelligenza artificiale, mi dici quali sono secondo te le tre più grandi sfide che ci dobbiamo preparare ad affrontare ora all’alba della rivoluzione dell’intelligenza artificiale?”
Guido Scorza: “Ovviamente nella dimensione della protezione dei dati la più grande sfida è quella dell’ecologia dei dati utilizzati per l’addestramento e per il funzionamento degli algoritmi. Tutti quanti ormai siamo aggrappati a questa definizione sintetica, matematica, di intelligenza artificiale ma poi nella sostanza parliamo di dati e algoritmi. I rischi e le opportunità vengono dai dati che sono dati in pasto a questi algoritmi, se quei dati, come spesso accade, sono contraddistinti da byas significativi di natura diversa il rischio che poi il processo automatizzato di quei dati produca conseguenze poco auspicabili per la società è estremamente elevato. Sicuramente la prima sfida è fare in modo che gli algoritmi vengano addestrati sulla base di dati di buona qualità e soprattutto di dati raccolti e organizzati con quella specifica finalità. Questa secondo me è una delle principali sfide che abbiamo davanti. L’altra, più complessa di questa, forse meno vincibile di questa, è rappresentata dall’esigenza di accettare il principio che non tutto quello che è tecnologicamente possibile può considerarsi eticamente sostenibile, giuridicamente legittimo. Faremo lungo la strada, lo stiamo facendo già oggi, un enorme fatica ad accettare il rischio che esistano soluzioni algoritmiche o un’intelligenza artificiale capace di risolvere dei problemi anche complessi in maniera straordinariamente semplice e a dover rinunciare ad usarle perché l’effetto collaterale del libro di quella tecnologia, potrebbe essere un rimedio peggiore del male che si intende cura. Questa credo che sia forse la più importante delle sfide dell’intelligenza artificiale, cioè continuare a lavorare sull’intelligenza artificiale perché come dire i vantaggi, benefici, le opportunità che offre al mondo sono più significativi rispetto a quelli che ci ha offerto internet. Accettare l’idea che molte di quelle soluzioni algoritmiche non possano essere ancora messe in produzione perché se messe in produzione rischiano di produrre più malefici che benefici.”
Joe Casini: “La domanda che viene spontanea fare a questo punto, magari senza entrare in futuri distopici, però inevitabilmente siamo in qualche modo su un momento di frontiera, tu dal punto di vista dei nostri sistemi democratici, abbiamo visto la sfida del Covid, ma in generale rispetto alle potenzialità delle nuove tecnologie e la nostra capacità di fare scelte, laddove fare scelte vuol dire anche porre dei limiti e fare delle rinunce, pensi che i sistemi democratici hanno trovato o troveranno un modo di interpretare in maniera vincente per il futuro questo percorso o inevitabilmente la potenza delle nuove tecnologie, è tale che sarà difficile un certo punto controllarne e limitarne l’implementazione nelle nostre società?”
Guido Scorza: “L’auspicio naturalmente non può che essere che le nostre regole democratiche consentano al governo di essere efficace e anche delle cose del mondo in questa stagione. La realtà oggi si presenta molto spesso diversa da così, per ragioni diverse, è ovvio che quando hai da governare e regolamentare soggetti, prendiamo il caso di Apple, ma soltanto perché è l’ultimo che ha fatto suonare forte la campanella della borsa negli Stati Uniti d’America, che ha una capitalizzazione delle sue azioni che due volte quella del nostro Paese, è ovvio che forse le regole democratiche convenzionali rischiano di rivelarsi insufficiente, cioè queste piattaforme sono sostanzialmente diventate delle città stato, quindi probabilmente l’approccio metodologico dovrebbe progressivamente diventare più simile a quello delle relazioni internazionali. Abbiamo assistito tutti quanti ed è un fatto che difficilmente non possiamo lasciarci scorrere addosso rispetto a questa discussione sulle regole della democrazia e il governo di questa stagione del mondo: ad un presidente degli Stati Uniti d’America in carica per poche settimane, ma ancora in carica, simpatico o antipatico a piacere e più o meno democratico, messo alla porta da grandi piattaforme di comunicazione globale, non perché avesse violato la legge ma perché avesse violato i loro termini d’uso, è impossibilitato, nonostante si tratti di uno degli uomini più ricchi del mondo, a rientrarvi perché semplicemente non gli è stato riconosciuto un diritto a tornare a parlare attraverso Twitter o attraverso YouTube. La giustizia privata che si è sovrapposta alla nostra giustizia quella degli Stati e che in una logica Machiavellica del fine che giustifica i mezzi è più efficace perché mette alla porta, dalla sera alla mattina, il più alto dei rappresentanti democratici quanto a meccanismo elettorale di una democrazia simbolo dell’universo occidentale.”
Joe Casini: “Ci stiamo avviando alla conclusione e come da tradizione arriva il momento delle domande proprio per enfatizzare un po’ l’interconnessione tra i saperi che poi è alla base di questo podcast. Guido noi abbiamo questa abitudine di raccogliere una domanda dal podcast della puntata precedente farla all’ospite e poi ti chiederò anche a te una domanda per l’ospite della puntata successiva. Nella puntata precedente abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Donata Columbro, giornalista che si occupa di divulgazione scientifica in particolare sull’uso e la comunicazione dei dati, la domanda che Donata voleva farti è quale ruolo vedi per la data literacy ovvero quali benefici, se può portarne, in termini di consapevolezza e di esercizio effettivo dei propri diritti in particolare sul tema della privacy, può portare ad una maggiore promozione della cultura. Facendo una battuta oggi diciamo che un utente sa usare Facebook se come si posta su Facebook, ma probabilmente dovrebbe voler dire saper leggere e contestualizzare quello che leggiamo su Facebook. Quindi, in termini di consapevolezza come siamo messi?”
Guido Scorza: “Siamo messi malissimo, non esiste né una cultura diffusa delle cose delle tecnologie nè delle cose della privacy. La pandemia da questo punto di vista è stata devastante nel senso che ha persuaso metà della popolazione italiana, che il giorno prima del primo lockdown non usava internet o non lo usava in maniera abituale, di avere una profonda conoscenza di questi strumenti semplicemente perché ha acquisito l’abilità di fare una telefonata a distanza attraverso il proprio smartphone o il proprio PC o di comprare qualcosa su Amazon o su un’altra piattaforma di E-commerce. Naturalmente mezzo paese, forse un po’ di più, in Italia era alfabeta digitale prima di quel lockdown ed è analfabeta digitale oggi. Alfabetizzare quel paese all’ecosistema digitale non all’utilizzo di base dei servizi digitali dovrebbe essere oggetto di una delle azioni centrali del PNRR. Rischiamo di svegliarci tra un paio d’anni ed avere una società divisa tra chi è alfabetizzato informaticamente e chi non lo è, e i secondi rischiamo di essere esclusi dall’esercizio di diritti civili di base. Non sono diverse le cose sul versante della privacy, perché qui l’unica vera chance che noi abbiamo non è nel ruolo delle authority di vigilanza e sanzione, colpiamo degli episodi che sono gocce nel mare delle violazioni ma è esattamente lungo la strada della diffusione di una cultura di base del significato più intimo della parola privacy nella nostra vita perché altrimenti continueremo ad assistere ad un fenomeno che sta cambiando la società senza che noi ce ne accorgiamo, di fatto giorno dopo giorno noi continuiamo a pagare l’utilizzo di servizi digitali cedendo parti della nostra identità personale, tonnellate industriali di dati, a pochi soggetti senza renderci conto di quanto sia iniquo questo cambio. Paghiamo tantissimo per avere poco, ci spogliamo di una parte di noi per avere un servizio che se avesse un numero a fianco sarebbe probabilmente 5-6-7€ al mese ma noi gli diamo, viceversa, decine di migliaia di euro ogni anno in dati personali. Servirebbe davvero una specie di campagna di innamoramento di massa del diritto alla privacy, lo dico perché solo per questa strada, almeno lo scambio dati contro servizi diventerebbe uno scambio consapevole.”
Joe Casini: “Grazie Guido. A questo punto però è il tuo turno e come abbiamo detto a Mondo Complesso ci piace cercare questa interconnessione dei saperi anche facendo domande tra ospiti. A questo punto ti chiedo la domanda per l’ospite della prossima puntata che è la dott.ssa Alessandra Benevolo responsabile di Ipsen s.p.a, una delle più importanti società farmaceutiche in Italia e non solo. In particolare parleremo con la dott.ssa Benevolo per l’attenzione che la società ha messo in questi anni di pandemia nel supportare i propri dipendenti in particolare nella gestione di stress, conflitti, nuove condizioni di lavoro, come la società ha affrontato questa nuova complessità. Domando se c’è qualche quesito che vuoi fare in particolare alla dott.ssa Benevolo.”
Guido Scorza: “Quando si parla di robot, di intelligenza artificiale, cioè una narrativa diffusa che dice che i robot sono nemici giurati dei lavoratori, cioè che più robot più intelligenze artificiali che entreranno nelle imprese significa meno lavoratori per i quali ci sarà spazio. Qualche giorno fa la notizia di questa società americana di robotica che ha iniziato ad affittare i suoi robot di matrice industriale e commerciale a €8 l’ora contro un prezzo medio di un operaio negli Stati Uniti di $15 l’ora, quindi naturalmente questo ha immediatamente determinato una corsa ad aggiudicarsi il robot in affitto e ad assumere di meno. Chi si occupa di risorse umane dovrà necessariamente governare l’ingresso dell’ intelligenza artificiale e degli algoritmi all’interno di una realtà industriale. Credo che l’unica domanda possibile sia: davvero i robot soffieranno posti di lavoro?, magari si può fare qualcosa riguardante la formazione continua dei lavoratori per immaginarci che in fabbrica, in azienda, nelle imprese ci sia una convivenza civile tra uomo e macchina e che questo antagonismo sia ridotto al minimo. è essenziale che l’ingresso della robotica e dell’intelligenza artificiale semmai consenta di impiegare i lavoratori per funzione altre, casomai più qualificate e qualificanti anziché lasciarli a casa?”
Joe Casini: “Allora sicuramente seguiremo questa direzione e parleremo anche del costo del diritto. A questo punto ringrazio Guido Scorza avvocato giornalista, professore e competente del garante per la protezione dei dati personali, grazie Guido per aver partecipato a questa puntata.”
Guido Scorza: “Grazie a voi per l’invito.”