Nell’era dei Big Data e delle decisioni data-driven, è sorprendente scoprire quanto la nostra società, a tutti i livelli, sia ancora indietro nella capacità di interpretare e utilizzare i dati. Siamo bombardati di tanti dati, ma di poche informazioni realmente funzionali e contestualizzate.
Joe Casini: “Buongiorno e benvenuti nella nuova puntata di Mondo Complesso, un podcast in cui cerchiamo di fare delle riflessioni sulla complessità delle cose del mondo. In questa puntata abbiamo il piacere di ospitare Donata Columbro, giornalista, digital strategist, ma soprattutto specializzata in analisi e divulgazione dei dati. Un tema, questo, non solo incredibilmente attuale, ma anche molto molto interessante. Quindi, intanto per prima cosa benvenuta Donata.”
Donata Columbro: “Grazie, grazie mille”
Joe Casini: “Allora Donata intanto di nuovo benvenuta. Io ho l’abitudine ormai di cominciare questo podcast facendo all’inizio delle domande molto semplici che chi ci ascolta può trovare interessanti. Oggi parleremo di dati, la prima domanda che ti volevo fare è che differenza c’è tra dato e informazione?”
Donata Columbro: “L’ informazione è quella che deriva in qualche modo dal dato. Possiamo definire dato un’informazione quantitativa su un fenomeno, su un oggetto, su un pensiero, una misurazione. è importante sapere che non è qualcosa che esiste in natura, quindi per me il concetto di dato grezzo non esiste, non c’è il dato grezzo, come se andassi a raccogliere un frutto su un albero, perché deve esserci una decisione non naturale ma artificiale, sempre un artefatto dell’essere umano. L’informazione è quella che deriva dall’analisi, dallo studio, dall’interpretazione di quel dato, di quella misurazione.”
Joe Casini: “Quindi diciamo ti occupi di divulgazione dei dati, sei una sorta di decoder tra dati e informazioni e le persone che poi li recepiscono e li devono utilizzare, potremmo dire così?”
Donata Columbro: “Possiamo dire così, infatti in realtà io non mi occupo proprio di analisi dei dati perché quello è un mestiere specifico che richiede anche competenze informatiche, che al momento non ho e non è detto che approfondirò. Diciamo che mi occupo di data literacy che è un termine tecnico, quindi non lo uso per parlare di me, ma visto che siamo in un podcast sulla complessità si può utilizzare, che è la capacità di leggere e capire grafici e dati, quindi mi interessa colmare i gap di data literacy che esistono in diversi ambiti della società. Lo faccio sia con la Data Ninja school che è la piattaforma di informazione che abbiamo come Data Ninja e sia attraverso la mia opera di divulgazione che faccio come giornalista, attraverso i miei profili social. Ho di recente pubblicato un libro proprio su questo tema si chiama “Ti spiego il dato”, quindi mi piace la parola decoder perché effettivamente mi pongo un po’ a metà tra l’esigenza di capire la comunicazione istituzionale o anche quelle che si trova sui giornali basata sui dati e da cittadino a cittadino che si chiede come si interpreta, come si legge questo grafico, questo numero, questa percentuale.”
Joe Casini: “Su tutte le cose che fai ci ritorneremo perché sono molto interessanti e molto attuali, quindi saranno anche di spunto per chi ci ascolta. Parlando un po’ di dati e società la prima riflessione che mi veniva da fare è il rapporto tra i dati associati che è molto intimo. Credo che un po’ l’utilizzo dei dati sia nato proprio per le finalità legate alla gestione dei raccolti nelle società antiche piuttosto che la tassazione, insomma qualche modo c’è un rapporto abbastanza intimo tra dati e società e anche tra dati ed esercizio del potere o sbaglio?”
Donata Columbro: “Certo, il contare quanti siamo, come distribuisco le risorse, come mi muovo, raccogliere dati, anche dati spaziali come la creazione delle mappe, il rapporto che c’è tra un luogo e l’altro. Nel momento in cui l’uomo è entrato in società ha iniziato a raccogliere i dati per capire come gestire le risorse a disposizione ed è una cosa che facciamo anche oggi. Raccogliamo dati per decidere a chi, come spendere i soldi, anche a livello familiare. Nella nostra piccola società di casa facciamo una conta per vedere dove possiamo investire, dove possiamo invece limitare, a chi verranno distribuiti più averi o meno averi. Quindi l’esercizio di potere, c’è assolutamente e ovviamente sono stati usati anche per opprimere perché pensiamo al disegnare il confine, che cosa vuol dire? Lasciar fuori dall’esercizio di certi diritti una parte di persone, quindi l’uso del dato non è mai neutro.”
Joe Casini: “La prima laurea l’ho presa in Economia e c’è un concetto che all’epoca quando ero studente mi colpì molto e me lo sono poi trascinato sempre dietro: l’asimmetria informativa. In qualche modo quando siamo in un rapporto, tra le due parti c’è un’asimmetria informativa, ovvero una parte ha molte più informazioni dell’altra, questo inevitabilmente va anche a generare un’asimmetria nei rapporti, la parte meno informata diventa down mentre quella con più informazioni diventa up. Ecco, ci sono degli esempi in cui questa asimmetria informativa e questo dato comunicato in modo diverso possa poi impattare sulle nostre scelte quotidiane e su quello che succede nelle nostre società?”
Donata Columbro: “In questo caso, mentre parlavi, mi veniva in mente la campagna Dati bene comune che abbiamo attivato, siamo più di 200 associazioni, organizzazioni, testate. Una delle obiezioni era che poi tutti e tutte avrebbero avuto accesso a questi dati e poi cosa ne fanno? Bello che tutti possano avere accesso a quello che vogliono e anzi se questi dati vengono usati ognuno può dimostrare la sua tesi, ma se poi i dati tabellare sono disponibili per tutti è anche molto più semplice il controllo. è il contrario, cioè colmare questa asimmetria della disponibilità informazioni di dati aiuta l’esercizio del potere, del potere di cittadino come controllore di quello che succede, però è importante sapere che il fatto di padroneggiare la lingua del dato non vuole necessariamente dire saper fare un’analisi di quel dato. La data literacy si mette in un livello di comprensione della lingua, come una lingua straniera e questo, secondo me, è un’asimmetria che va in qualche modo equilibrata, cioè tutti devono essere messi in grado di poter capire anche semplicemente se il nostro medico di base li sa leggere i dati, non devo andare io a spiegare a lui come leggere un paper scientifico, ma avere le competenze in grado di farci
capire se il nostro medico è aggiornato o meno.”
Joe Casini: “Sul tema formazione si sente spesso parlare. Ogni tanto escono le classifiche sulle discipline Stem, la formazione scolastica in Italia, i problemi che abbiamo, si parla molto meno invece proprio del bisogno di formazione che c’è in età non scolastica. Tu con Data Ninja in qualche modo ti occupi di questo io lo vedo spessissimo, anche io mi muovo in ambito business con i clienti, ormai è tutto data-driven, la parola magica del momento, qualunque decisione viene presa è importante, si dice che viene presa sulla base dei dati poi però quando vai a vedere questi dati come vengono effettivamente utilizzati c’è proprio una carenza che va colmata, forse e soprattutto, in età adulta o no?”
Donata Columbro: “Ma perché non da subito? È vero che noi con Data Ninja School ci occupiamo della popolazione adulta ma abbiamo un progetto parallelo che si chiama Open the Box, un progetto no-profit che parte dalle scuole medie e si occupa anche di data literacy. Il nostro sogno è lavorare anche dalle elementari, lo dico qua. Più che progetti esterni è proprio il curriculum di studi che dovrebbe integrare la competenza sui dati a tutti i livelli perché i dati non sono solo in matematica, sono in geografia, sono in scienze, sono in storia, l’interpretazione di una mappa, di un grafico, forse la fai poco alle elementari sulla mappa, ma la fai in altre materie. Quindi è più una cultura, una modalità. Esattamente come fai analisi logica, cerchi di comprendere le frasi cerchi di comprenderle anche sul libro di storia così come sarebbe necessario comprendere i numeri e i dati integrati in tutte le materie. I giornali li leggiamo tutti, due conti ce li facciamo tutti, quindi questo è fondamentale. Secondo me, sarebbe bello da bambini, da adulti è qualcosa che dovrebbe proprio venirti voglia e curiosità almeno.”
Joe Casini: “Mi è venuto in mente parlando di utilizzo dei dati, delle informazioni, un libro bellissimo di Hans Rosling si chiama Factfulness ed è un libro che adoro. Parte dalla sua esperienza in Africa, lo dico per chi magari non conosce il libro che ci ascolta, Hans Rosling era un medico svedese che ha avuto una lunga esperienza in Africa nel combattere le epidemie che ci sono state in quel paese e ha fatto parallelamente insieme a quest’esperienza una riflessione sui bias che si portava dietro come occidentale in quel paese e poi quando ha iniziato a fare divulgazione e intervenire durante i convegni ha avuto modo di verificare come tutti questi bias sui pregiudizi li avessero anche le persone che erano i vertici delle più importanti organizzazioni internazionali, come ad esempio la Banca Mondiale. Lui faceva dei sondaggi a inizio dei convegni chiedendo «Com’è secondo voi questo dato?» In crescita, in diminuzione e si rendeva conto che i decision maker del mondo non avevano delle conoscenze su dati basilari di un intero continente. Quindi la domanda, che è un po’ una provocazione, che ti vorrei fare anche alla luce di questi due anni, al di là del cittadino medio, la classe politica secondo te come sta messa su questo?”
Donata Columbro: “Io di solito parlo sempre malissimo, volevo trovare qualcosa di positivo da dire altrimenti mi ripeto con le critiche. C’è da dire che in due anni abbiamo visto due governi affrontare la situazione pandemica e non ce n’è stato uno migliore dell’altro. Il livello li accomuna tutti, ci sono ottime persone all’interno dei dipartimenti che fanno, secondo me, un lavoro di miglioramento costante e recepiscono le critiche della società civile. C’è da dire che da marzo 2020 in cui l’associazione, gruppo Data Ninja su Facebook, i giornalisti e le giornaliste hanno richiesto mano a mano miglioramenti e nuovi dati, piccoli passi sono stati fatti. Non c’è stata totale sordità o negazione delle nostre richieste. Questo è l’aspetto positivo, quindi vale la pena chiedere, coinvolgere l’opinione pubblica. Con un po’ di frustrazione ma nel 2022 ancora dobbiamo dire che sui dati pubblici non devi mettere la licenza più estrema di non utilizzo, se sono dati pubblici li abbiamo già pagati quindi non puoi mettere una licenza che ci vieta di utilizzarli! Solo adesso abbiamo visto la trasformazione del lenzuolo in PDF, in pittogrammi che è la modalità di rappresentazione del dato meno consigliata in tutte le scuole di data visualization del mondo, almeno hanno fatto una mini infografica. Dal punto di vista della comunicazione istituzionale, non c’è mai stata un’attenzione allo spiegare i dati dal punto di vista del Governo, quindi dei decisori, del Ministero della Salute, mi ricordo anche il viceministro Sileri, anche lui andava in tv a dire che non bastavano quei dati, che i dati disponibili non erano sufficienti. I dati della pandemia non sono i big data, sono tanti ma sono dati raccolti a mano. Non sono raccolti come i tabulati telefonici, quello è un altro tipo di dato in cui c’è un livello di precisione, di aggiornamento, di costanza. In Inghilterra, se vi ricordate, un anno e mezzo fa si erano persi sedicimila casi perché si era bloccato Excel! C’è da consolarsi perché non è solo sui dati ma è proprio sulla comunicazione d’emergenza che è mancato un avvicinamento alla popolazione, si dava tutto molto per scontato, si diceva “da domani succede questo” senza umanizzare la decisione e coinvolgere le persone nella spiegazione del fenomeno, come ha fatto la Merkel in Germania che, invece, tentava questo approccio di spiegazione, di umanizzazione delle decisioni prese.”
Joe Casini: “Credo che l’obiezione che mi sentirei di fare su questo è che il rischio di dare troppo informazioni a sessanta milioni di persone, che hanno una diversa capacità di comprensione dei dati, è come dare la corda con cui poi la gente si impicca. Credo sia una obiezione che ti sentirai fare spesso.”
Donata Columbro: “Però poi le persone queste spiegazioni le cercano. Il fatto che la divulgazione scientifica su Instagram sia un successo è un problema. In questi giorni sto analizzando i vari siti di comunicazione istituzionale sul Covid in Europa, i nostri siti non sono neanche indicizzati bene, quindi se cerco su Google delle informazioni di base i primi siti che mi compaiono non sono quelli istituzionali. è normale che le persone si facciano delle domande sulla propria salute e su quella dei propri figli prima di prendere decisioni. Finché è una scelta mi faccio delle domande. Non si tratta solo del vaccino ma ad esempio continua a mandare mio figlio al nido con questa ondata? Come sono i casi nelle scuole? È sicuro o non è sicuro? In questo momento si tende a confondere ancora di più le acque. È l’istituzione che deve dare un certo tipo di informazioni perché altrimenti io vado dal mio divulgatore preferito con i miei bias: voglio che le scuole restino aperte, vado a sentire quello che mi dice e più o meno mi dice questa cosa qua e dici «vedi gli ho portato i dati che dicono che le scuole devono essere aperte».”
Joe Casini: “Hai toccato un tema di cui ne abbiamo parlato anche nella puntata precedente, con Danila De Stefano e Luana Valletta. Abbiamo parlato di psicologia e di come la professione si stia muovendo per rendersi il più accessibile online proprio perché quello che dicevi anche tu spesso partiamo dal presupposto che siccome secondo noi le cose dovrebbero essere cercate un certo modo allora tutti devono cercare quel modo e chi non le cerca in quel modo sbaglia e quindi non è un problema nostro. Invece se tu vuoi rendere un servizio, informazioni effettivamente accessibili ti devi porre nelle condizioni di essere per prima cosa trovato. Da questo punto di vista tu fai anche un’attività molto interessante sui social, quindi la domanda sui social non posso non fartela. Viviamo in un mondo sempre più complesso dove ci sono sempre più informazioni per contro questo esplodere di dati, di informazioni, tutti i tipi che girano on-line, stiamo diventando sempre più superficiali, la nostra soglia di attenzione si abbassa sempre di più, produciamo una quantità enorme di dati ogni secondo, ne riceviamo parecchi ma al tempo stesso quanto ne tratteniamo? In questo i social giocano un ruolo? Se sì, quale secondo te?”
Donata Columbro: “Giocano il ruolo del farci produttori di dati, secondo me, non più a nostra insaputa, in qualche modo abbiamo una consapevolezza in più del fatto che siamo creatori anche semplicemente con un like non per forza con lunghi post, video di contenuti che vengono sfruttati che si trasformano in dati, poi venduti agli inserzionisti. Trovo che nell’ambito della privacy i vari termini anche del furto di dati, dell’attacco hacker siano molto confusi da parte delle persone, ma perché lo sono anche dei giornalisti quando raccontano di questi temi. Così come prima mancavano gli esperti di dati, oggi, secondo me, mancano gli esperti di privacy nelle redazioni che possono in qualche modo intervenire e scrivere anche con i termini corretti quello che succede quando ci sono attacchi a siti istituzionali e non funzionali. Io non sono di quelle persone che dice che non bisogna più usare nulla ovviamente, perché fa parte del mio lavoro, quindi ci rinchiudiamo in una caverna perché qualsiasi servizio on-line che utilizziamo raccoglie i nostri dati. Ci preoccupiamo dei social perché sono visibili, però lasciamo fuori tutto quello che sono altri servizi. Ci siamo preoccupati della salute mentale dei ragazzi in pandemia e di cosa succede su Instagram ma non di quello che succede nelle piattaforme che vengono usate per fare Dad. Di chi sono quei dati, le connessioni, quei video, quelle produzioni che facciamo? quindi i social sono visibili e siamo sempre lì
a guardare quello e in qualche modo loro rispondono, all’interno hanno gruppi enormi che si occupano di Policy, hanno dei ricercatori che sono ad un livello avanzato nello studio di come migliorare questo aspetto in ogni ambito. C’è un’esperta di marketing, di storytelling Mafe De Baggis che sicuramente conoscete che dice sempre di pensare all’altissima privacy che c’è per scaricare un referto medico in molti sistemi, poi però facciamo la foto e la mandiamo via WhatsApp, via email al nostro medico di base, ci siamo preoccupati della privacy fino al momento di scaricarlo ma poi quando abbiamo bisogno di una risposta la demandiamo.”
Joe Casini: “Sapevo che questa puntata sarebbe volata e sarebbe stata molto interessante. Prima di concludere, un’ultima curiosità: ho visto spesso che utilizzi il termine femminista dei dati, che cosa intendi?”
Donata Columbro: “è stata una folgorazione che ho avuto unendo tre letture: Hans Rosling con Factfulness, Dear Data di Giorgia Lupi e Stefanie Posavec, Data Feminism di Catherine D’Ignazio e Lauren Klein. Li metto insieme questi tre approcci perché il femminismo dei dati dice che bisogna usare i dati alla visualizzazione per smontare come funziona il potere e il privilegio e in qualche modo lottare contro ogni sorta di discriminazione. Mi sono ritrovata molto in questa definizione perché arrivo proprio da studi che ho fatto in cooperazione e sviluppo e Hans Rosling, in qualche modo, mi ha parlato nel suo modo di divulgare e trattare i dati perché anche lui ha iniziato a smontare bias, come dicevi anche tu prima, immergendosi in quelli che erano contesti non conosciuti dal mondo occidentale e lui di che che usare i dati può essere una terapia per risolvere queste questi bias. L’approccio di Giorgia Lupi in Dear Data è quello di data humanism e quindi pensare che dietro i dati ci sono le persone. Tutto questo un po’ lo riassumo nel femminismo dei dati perché toglie quello che è il vedere il dato come qualcosa di pulito, di rigoroso, di neutro, di qualcosa legato alla tecnologia, l’immaginario del megaschermo, dell’astronave ma, come abbiamo detto prima, anche il dato che ci sta riguardando di più viene raccolto con la penna.”
Joe Casini: “Avrei domande per un’altra puntata quindi non escludo che magari ci rivedremo presto. Andando in conclusione, una delle caratteristiche di questo podcast, proprio per cercare di favorire l’interconnessione tra i saperi, è quella di cercare di intrecciare le puntate tra loro e, quindi, abbiamo questa abitudine per cui agli ospiti di ogni puntata chiediamo di fare una domanda all’ospite della puntata successiva. Questo vuol dire due cose: la prima è che ora ti farò la domanda degli ospiti della puntata precedente appunto di Luana e Danila e la seconda è che poi ti chiederò di fare una domanda per l’ospite della puntata successiva. La domanda che ci portiamo dalla puntata precedente da parte di Luana Valletta vice presidente dell’Ordine degli psicologi Emilia Romagna e Daniela Di Stefano che è la ceo di Uno bravo che è la principale piattaforma per fare terapia on-line, la domanda che loro facevano era come si potrebbe comunicare, valorizzare l’importanza di investire nel settore della psicologia e quindi anche poi con un occhio di riguardo, non solo a quello che è il mondo pubblico/privato ma, anche nel mondo delle aziende?”
Donata Columbro: “Diciamo che ora tutti gli ambiti, tutti i settori iniziano a usare i dati per dimostrare che il proprio settore funziona. Nell’ambito della psicologia proverei a dire una cosa diversa quindi meno legata al promuovere ma a vedere il dato. Questo approccio è molto alla Giorgia Lupi, come osservazione di sé, perché il dato può essere anche molto utile per capire anche a livello di terapia, osservarsi poiché anche l’osservazione è raccogliere dati, molto spesso anche in terapia si consiglia questo. L’anno scorso ho frequentato un percorso di protocollo di riduzione stress basato sulla mindfulness ed effettivamente loro ci fornivano una scheda da compilare settimanalmente e quella scheda era una raccolta dati.”
Joe Casini: “Diventa in qualche modo un elemento di realtà sul quale fare leva.”
Donata Columbro: ”Sì, trovo molto interessante e anche rilassante perchè si vedono le cose con occhi nuovi misurandole, anche cose che magari non ci si aspetta. Potrebbe essere un esercizio da inserire in più percorsi:”
Joe Casini: “Grazie. A questo punto è il turno della domanda per l’ospite della puntata successiva che sarà Guido Scorza anche lui giornalista, professore di diritto ma soprattutto membro del comitato del garante della privacy, quindi quale migliore destinatario per la tua domanda. Hai una domanda che vuoi fare a Guido Scorza?”
Donata Columbro: “Visto che abbiamo parlato dell’importanza di avere consapevolezza sulla privacy, se secondo lui la data literacy può portare benefici a livello di conoscenza, di competenze sui propri diritti in tema di privacy? Vista la confusione anche di cui parlavamo prima.”
Joe Casini: “Perfetto. Sicuramente riporterò la domanda al professor Scorza e a questo punto, purtroppo il nostro tempo per oggi è finito, ti ringrazio Donata per la disponibilità e per l’interessantissima chiacchierata. Ringrazio tutti quelli che ci hanno ascoltato e do appuntamento a tra due settimane per la puntata con Guido Scorza con cui parleremo di privacy e non solo. Buona domenica a tutti.”