Con il direttore d’orchestra e formatore Daniele Agiman raccontiamo il mondo all’intersezione tra musica, arte e formazione aziendale.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica e benvenuti ad una nuova puntata di Mondo Complesso, il podcast sulla complessità del mondo. Oggi abbiamo un ospite fantastico e sono sicuro che questa puntata rimarrà nella storia del podcast perché abbiamo con noi Daniele Agiman, intanto benvenuto Daniele!”
Daniele Agiman: “Grazie e grazie a tutti i nostri ascoltatori.”
Joe Casini: “Daniele è direttore di orchestra a livello internazionale quindi sarà una puntata costruita sulla musica, sull’orchestra, sui gruppi di lavoro, interviene anche in azienda su questi temi. Sarà sicuramente una puntata molto interessante. Ha fatto anche degli interventi nella formazione per le aziende e la complessità nel mondo della musica e delle orchestre. Avremo sicuramente molto di cui parlare. Proprio per questo la prima domanda che ti volevo fare, la cosiddetta domanda semplice, è: pensando al mondo della aziende cosa può imprare un manager da un musicista e in particolare da un direttore d’orchestra?”
Daniele Agiman: “Grazie per la domanda perché una domanda, in realtà, complessa e la risposta è duplice. Innanzitutto la premessa che faccio sempre è che non amo le sovrapposizioni, io più che un formatore, cosa che non sono, sono un testimonial, faccio degli speech nelle aziende in cui racconto la complessità del compito del direttore d’orchestra, dell’orchestra come organismo e della relazione o interrelazione tra i due. Non so cosa si possa imparare ma la cosa che può essere utile è uno sguardo trasversale perché il mondo della musica è lontanissimo dal mondo della formazione che sfrutta, invece, molto lo sport, la musica entra marginalmente soprattutto in Italia. Quello che mi interessa sono le profonde dinamiche di qualunque gruppo organizzato, direi che è questo che mette in comunione la musica, il fare musica, non necessariamente il direttore d’orchestra che suona Verdi o Mozart ma anche Vasco Rossi con il suo gruppo. Io, ad esempio, utilizzo moltissimo Freddie Mercury quando da frontman straordinario fa cantare il pubblico di Wembley, dico che quella è la più grande rappresentazione di leadership che mi venga in mente al di là dei direttori d’orchestra. Quindi direi che quello che propongo e spesso ha successo è proprio il fatto di vedere dinamiche, problemi, complessità di un proprio mondo professionale da un punto di vista diverso che può far nascere quella famosa scintilla che è quella che permette di superare le complessità nell’accezione negativa del termine.”
Joe Casini: “Tra l’altro è molto stimolante il paragone perchè nell’immaginario uno della musica classica dice ‘va bene c’è una partitura e lì c’è scritto qualunque cosa’ quindi le esecuzioni potrebbero essere identiche invece come ben sappiamo in realtà ogni esecuzione è diversa ed emerge da ogni esecuzione una sua unicità. Quindi se nella musica classica questo è ben rappresentato, la stessa cosa in azienda si fa un po’ più fatica a vedere. Nelle aziende si mettono molte regole, c’è il tentativo di andare a normare ogni aspetto della vita aziendale, anche lì invece c’è un’unicità che emerge e per questo credo che il paragone sia molto potente.”
Daniele Agiman: “Hai toccato un argomento che è uno dei temi che tocco all’inizio perchè nell’immaginario la musica classica ha un input e un output di istruzioni, cioè il compositore che ti dice ‘fai questo’ e l’esecutore la realizza dal punto di vista tecnico e viene fuori il risultato. In realtà non è così, le istruzioni che il compositore lascia in quello che io chiamo essere il business plan che è la partitura sono spesso istruzioni oggettive ma anche soggettive laddove il compositore lascia un ampio margine all’intervento dell’interprete per fare scelte ben precise sul campo. Quindi c’è una rete di istruzioni, di rapporti tra le persone, quando parliamo di fare musica in tanti a me interessano dalle due persone alle trecento quando si fa una recita di Aida, cioè la relazione tra le persone quando fanno musica insieme, e lì dicevo le risposte che ciascuno deve dare come individuo tenendo conto che la risposta finale è collettiva quello è l’ambito nel quale il termine complessità meglio si attaglia.”
Joe Casini: “Andando avanti passiamo alla domanda nella domanda. Quello che ti domando è: vorresti una domanda sul tema musicale o sul tema della formazione?”
Daniele Agiman: “Quello che preferisci, vai come pensi sia meglio utilizzare questi minuti.”
Joe Casini: “A me interessa moltissimo il tema della musica. Però vuoi un taglio più personale o più professionale?”
Daniele Agiman: “Sono pronto a tutte, muoviti come preferisci.”
Joe Casini: “Parto con quella professionale perchè mi interessa molto, è un argomento di cui si parla moltissimo ora, e mi interessa il tuo parere. Si sta parlando di intelligenza artificiale, una delle ultime frontiere riguarda la composizione della musica, è uno di quegli argomenti che sollecita sempre le nostre paure e desideri. La domanda che ti volevo fare è: tu come vedi il futuro della musica, intesa anche come business, nel momento in cui sta arrivando un’innovazione così destructive come l’intelligenza artificiale?”
Daniele Agiman: “è una gran domanda alla quale non mi sento di rispondere a 360 gradi preferisco mandare delle provocazioni o quanto meno degli stimoli. Quando sono usciti i primi tentativi della musica registrata, parliamo proprio dei pionieri alla fine dell’800 e del 900 con i primi fonografi ma parliamo della diffusione di massa degli LP, io ho 63 anni e gli LP li ho vissuti in pieno, la polemica, almeno in campo musicale, quando sono usciti i primi dischi, poi i cd, poi la diffusione di massa di musica registrata la domanda era la stessa: ma questo cosa toglierà o cosa aggiungerà? Scompariranno gli esecutori, potranno fare tutto le macchine? Ovviamente ci sono state delle perdite, secondo me la capacità di ascolto con la musica registrata si è modificata se non proprio persa. Diciamo che quello che in campo musicale il pubblico vuole è l’elemento umano. In altri ambiti mi fermo e lasciamo parlare i neuroscienziati, filosofi, sociologi, ma in ambito musicale alla fine quello che il pubblico vuole è l’elemento anche di rischio che c’è ad un concerto. Il cd lo metti e si ripete sempre uguale ed è straordinario, è la perfezione, l’errore si può eliminare, nel concerto l’emozione e l’entusiasmo che il pubblico vive è il fatto di sapere che queste persone che sono sul palco, come dice Freddie Mercury, ‘the show must go on’, qualunque cosa succede tu devi superare le difficoltà e andare oltre con i tuoi colleghi e dare un prodotto di impatto straordinario. Aggiungiamo un’altra cosa sulla quale insisto moltissimo, sia come didatta che come speaker/testimonial e cioè quello che noi vediamo quando siamo ad un concerto è la parte finale di un iceberg, nel senso che per un’ora di concerto un interprete deve dare almeno 100/150 ore di prove collettive, quindi abbiamo una quantità di ore straordinarie di lavoro che precedono l’esibizione sul palco. Durante le prove puoi fare tutto ma non tutto, cioè puoi provare tantissime cose ma poi il concerto è tutt’altra cosa, significa che persino gli interpreti devono lasciare quello spazio di unexpected, di qualcosa di inatteso, che è quello che coglie ed emoziona persino gli interpreti sul palco e arriva come impatto al pubblico. Questo aspetto dell’umano che è la perfezione dell’imperfezione credo che questo non possa mai essere sostituito da una macchina.”
Joe Casini: “Più la tecnologia avanza più noi stiamo dando in outsourcing competenze, prima la forza fisica, poi la memoria, ora la capacità di creare connessioni il che per differenza porta a domandarci cos’è che effettivamente ci definisce perché abbiamo sempre pensato che creare un disegno da zero potesse essere una competenza esclusivamente umana e ora invece, forse, è qualcos’altro sul quale dobbiamo puntare. Mentre rispondevi hai parlato di emozioni, quindi una domanda che ti volevo fare: quando dirigi qual è l’emozione prevalente? C’è un’emozione su tutte che caratterizza lo stato mentale in cui sei in quel momento?”
Daniele Agiman: “Altra domanda centrale sul quale ho speso un po’ di tempo a riflettere, anche analizzando il mio lavoro ma quello soprattutto dei grandi direttori d’orchestra. In realtà, parliamo in particolare dei direttori d’orchestra, che chiamato su un podio a organizzare non gli è più permesso di essere emozionato, cioè l’emozione è qualcosa che travolge mentre sul podio devi essere emozionato ma in maniera controllata, che è una cosa molto particolare perchè succede a tutti i direttori di perdersi ma non puoi perdere il controllo ma allo stesso tempo non puoi essere un freddo controllore. Io parlo di commozione che è una cosa diversa, cioè parlando in latino “emozione” = “ex-movere”, ‘commozione’ = ‘cum-movere’ cioè muovere da una parte in cui sei già stato che è una cosa diversa, significa che quando studio per la prima volta una partitura che prende in maniera estrema sono commosso e quando vado sul podio il mio compito è di ‘cum-movere’ muovere insieme agli strumentisti, capire insieme dove ci stiamo muovendo dentro a quell’emozione che avevo già vissuto e portare il pubblico dentro un’emozione che non necessariamente è la stessa. è una cosa di una complessità straordinaria ed è una cosa che si impara sul campo, non c’è nessuna scuola che possa insegnare questa cosa, tra l’altro è una discriminante per cui vedi il grande direttore e un direttore che è un bravo professionista ma un direttore mediocre.”
Joe Casini: “Mentre rispondevi mi è venuto in mente lo psicotrapeuta, quello che mi raccontavi cioè essere presente emotivamente ma al tempo stesso mantenere controllo mi fa venire in mente la figura dello psicoterapeuta, perchè anche lì devi essere presente ma non puoi applicare in modo freddo una teoria ma al tempo stesso devi usare le caratteristiche che dicevi tu.”
Daniele Agiman: “è giustissimo. Faccio una battuta: spesso noi direttori d’orchestra abbiamo bisogno degli psicoterapeuti, tra egocentrismo e narcisismo, avremmo bisogno di sedute ripetute e protratte nel tempo.”
Joe Casini: “Andiamo ora alla domande del pubblico. La domanda del pubblico resta in questo tracciato, noi nelle scorse settimane abbiamo dato la possibilità di lasciarti delle domande, la domanda che ti hanno lasciato è: leader si nasce o si diventa? Proprio dalla tua storia personale mi viene da domandarti: il fatto di diventare direttore d’orchestra ci sei arrivato subito o c’è stato un momento particolare?”
Daniele Agiman: “Partiamo dalla leadership, che è un termine che io non amo molto, anche nei miei speech parlo di ‘efficacia’ che è qualcosa di quantificabile. Un’orchestra suona ad un certo livello alla prima prova, se il direttore d’orchestra è efficace il livello dell’orchestra si alza di prova in prova, se il direttore d’orchestra è neutro il livello resta lo stesso, se è un direttore che fa danni il livello si abbassa. Capita a tutti di far parte di quelli che alzano l’asticella, la mantengono intatta o la abbassano. Questa capacità di efficacia ha a che fare, secondo me, con la managerialità, cioè sono degli elementi specifici tecnici che hanno a che fare con la gestione di un gruppo, del tempo limitato che si ha, dell’obiettivo da raggiungere. Il termine leadership è veramente inqualificabile, se mi domandi se è insegnabile o se è innato io ti dico che è innato, ma va sviluppato, il problema è che questa leadership va affinata. La vision è una cosa complessa, direi anche inconsapevole, se io penso ai grandi direttori d’orchestra li lo senti subito se la dimostrazione o la visibilizzazione da parte del direttore della leadership per una cosa voluta, e quello è falsa, è innata nel senso che è nel tuo modo di muoverti, nel tuo modo di agire, di guardare, di relazionarti con le persone, le parole che usi, i ritmi che usi nel tuo gesticolare piuttosto che parlare, ma attenzione questa è innata ma deve essere sviluppata. Ci sono stati dei direttori che avevano evidentemente una leadership un po’ nascosta, per fare degli esempi: Giulini, Abbado, Kleiber. Sono direttori che apparentemente mancano di una qualità che è quella della sfrontatezza perché erano timidissimi ma la loro leadership si manifestava nel corso delle prove e arrivava diretta ed immediata. Quindi lo stile di leadership va costruito, affinato, migliorato, la capacità di guida, di avere una vision rispetto a quello che si sta facendo tutto insieme è qualcosa di non insegnabile.”
Joe Casini: “Nella domanda del filo del rasoio volevo parlare di un aspetto dell’industria musicale abbastanza recente, ovvero la controversia che c’è stata tra SIAE e Meta. La domanda è: da un punto di vista della sostenibilità economica di tutti, quindi la formazione, le prove, gli infortuni, la ricerca, lo studio e il fatto che dall’altra parte c’è una dimensione live che è anche cresciuta in questi anni però è molto più liquida la situazione in questo senso, tu come vedi la situazione?”
Daniele Agiman: “Io qua davvero non ho risposte, assisto un po’ esterrefatto, un po’ stupito, un po’ preoccupato, un po’ ansioso nel senso positivo a che cosa sta succedendo. Diciamo che il vero grande problema in particolare accelerato dal Covid che ha spinto i miei colleghi a lasciare il campo della musica per fare altro, che si sono rimessi in gioco professionalmente perché l’incertezza del Covid ha creato delle fragilità, delle paure, delle risposte che hanno reso tutto estremamente complesso. Oggi il mondo della musica, in particolare quella classica, sta vivendo un momento drammatico dato dal fatto che non c’è pubblico, questo è il vero grande problema, più ancora che la remunerazione o la fluidità della musica, Spotify piuttosto che YouTube, è il ripensamento radicale del mondo della musica nel rapporto di chi la fa, chi la produce, di chi la ascolta e tutto il resto. Lì davvero non so in che direzione stiamo andando, ovviamente questa domanda comporta una risposta che riguarda l’educazione musicale per cui come fai a dire che Beethoven è morto se i ragazzi non sanno neanche di cosa si sta parlando? C’è un problema di conoscenza nel nostro mondo, oltre che un fatto di età anagrafica talmente elevata tra i fruitori di musica classica per cui c’è un problema di ricambio. Su questo devo aggiungere un’altra cosa, che non è una polemica ma un’osservazione, ci sono paesi, come Germania e Francia, che tutelano il lavoro degli artisti in maniera molto più radicale che in Italia. In Italia qualche tentativo si è fatto negli ultimi anni dopo il Covid ma sempre cose aleatorie, In Francia o in Germania se sei un musicista professionista, se sei disoccupato per 6 mesi o hai meno concerti, hai un contributo dallo Stato perchè ti riconosce un talento, una preparazione, hanno investito sulla tua formazione perché lasciarti per strada a morire di fame, perchè dover fare un altro lavoro. Hai toccato un tema complesso nonché IL tema in questo momento. Mi interessa poco sapere come dirige il signor X o Y la sinfonia di Brahms, qua stiamo parlando della sostanza, il fare musica per chi è e come sarà e la musica riprodotta come entrerà in tutto questo e chi pagherà per i talenti, il lavoro, lo sforzo e quant’altro? Dove stiamo andando? è veramente un problema enorme e non ho le risposte.”
Joe Casini: “Una delle cose che più mi ha colpito, la mia è stata un’esperienza tragica, è stata la distinzione tra lavori essenziali e lavori non essenziali. A tantissime persone è stato detto ‘il tuo lavoro non è essenziale’, quindi la domanda che ti volevo fare è: come ci si sente a sapere che il proprio lavoro non è essenziale?”
Daniele Agiman: “Come quando uscì quella frase infelice ‘di cultura non si mangia’. Come si fa a dire in Italia che di cultura non si mangia? Di cultura si deve mangiare, soprattutto in Italia. è chiaro che una persona che dice che uno che sposta delle balle di cotone è un lavoro socialmente utile e Riccardo Muti è un lavoro socialmente inutile neanche lo prendo in considerazione sinceramente. L’opera lirica italiana ancora oggi è la forma d’arte e di cultura che ci caratterizza ma anche dal punto di vista commerciale nel mondo, più del cinema, alla pari con la gastronomia, stiamo parlando di un tesoro di cultura mondiale ma che nasce da noi e sul quale gli italiani lo fanno meglio, come nel cinema, abbiamo delle competenze che non possiamo buttare via perchè è come buttare via il Colosseo, gli Uffizi, come facciamo? Quando questa tua ospite ha detto giustamente ‘scompare il signore che faceva il macchinista’ un signore che per trent’anni fa il macchinista ha una know-how, una competenza specifica, ma chi lo rimpiazza? Dall’altra parte le aziende stanno riassumendo i 50enni perchè i ragazzi non hanno una formazione adeguata.”
Joe Casini: “Stiamo andando in chiusura e ora abbiamo la domanda della birra di troppo. Una domanda che ti volevo fare da osservatore c’è un momento che a me colpisce sempre moltissimo che è il momento di silenzio quando il direttore ha ancora le mani alzate, l’esecuzione sembra finita e c’è quella tensione per cui il pubblico non sa se applaudire, ovviamente se non si è esperti. Capita spesso che il silenzio non venga capito, un artista che mi piace molto è Ben Harper e lui spesso si mette a cantare senza microfono a squarciagola e tutti gli applaudono e lui fa ‘state zitti perchè già non ho il microfono che sentite?’, la domanda che ti volevo fare è: qual è il pubblico peggiore che hai avuto?”
Daniele Agiman: “Io non credo che ci sia un brutto pubblico, ci sono pubblici con competenze diverse, la parte di partecipazione che il pubblico mette molto dipende dagli interpreti, a volte puoi anche non capire la musica che stanno suonando ma è tale la convinzione nei movimenti che ti arriva la passione, non capisci magari il messaggio, ma capisci la partecipazione e ti entusiasma. Ti posso raccontare un aneddoto che ti fa capire la complessità della risposta: una delle prime volte che sono stato in Corea del sud a dirigere, diressi ‘Lucia di Lammermoor’ di Donizetti, che non è un’opera immediata per il pubblico perché sono due ore e mezza di musica meravigliosa, ed ero nel teatro più grande di Seoul, c’erano 3500 posti, 3 recite, gremiti, età media del pubblico 25/26 anni. In Corea del sud l’opera lirica italiana è la forma d’arte preferita, i cantanti coreani sono tra i migliori al mondo, c’è uno studio e una passione pazzesca. Quindi dicevo, durante ‘Lucia di Lammermoor’ è successo che qualche telefonino suonasse, non è che proprio ti fa piacere però te ne fai una ragione quando poi l’entusiasmo alla fine della recita era irrefrenabile, come se ci fosse stato Michael Jackson sul palco. Soprattutto, alla fine della recita, nei paesi dell’estremo oriente c’è l’abitudine, per rompere il muro tra gli interpreti e il pubblico, di andare a salutare il pubblico all’uscita, cosa che io ho sempre fatto volentieri. Ti garantisco che lì mi sembrava di essere Lady Gaga. I pubblici vanno anche educati al bello, fare in modo che sia una passione condivisa tra il palco e il pubblico, se non ci sporchiamo le mani noi che siamo dall’altra parte chiudiamo i teatri.”
Joe Casini: “Siamo arrivati in chiusura, l’ultimo momento del nostro format è il Secret Santa. I tre ospiti che ti propongo sono: Alessandro Vespignani, lavora alla Northeastern University a Boston ed è un esperto di reti. Bruno Mastroianni, filosofo, comunicatore, molto attivo su tutto ciò che è la comunicazione, molto attento ai media che utilizziamo, anche per litigare. L’ultimo è Massimo Cerulo, sociologo e professore alla Federico II a Napoli, con lui abbiamo parlato di capitalismo emotivo, quindi come le emozioni entrano in gioco e vengono utilizzate nella logica capitalista. Di questi tre ospiti quale ti incuriosisce di più?”
Daniele Agiman: “Facciamo Alessandro Vespignani perchè è il primo. Ho un criterio assolutamente neutro perché mi dispiacerebbe fare torto agli altri due colleghi che sicuramente avranno degli spunti interessantissimi.”
Joe Casini: “La domanda che ha lasciato Alessandro è: riusciremo a leggere in ottica complessa anche le cose frivole?”
Daniele Agiman: “La mia risposta è stupida ma se parliamo anche del frivolo, il gossip, dietro ci sono delle interazioni tra persone, siamo già dentro la complessità. Anche l’incoronazione di re Carlo e tutto il resto o lo leggi in gossip o lo vedi come relazioni tra persone, manifestazioni di potere, relazioni affettive.”
Joe Casini: “A questo punto tocca a te, vuoi lasciare una domanda agli ospiti delle altre puntate?”
Daniele Agiman: “Con molto piacere. La domanda, con cui inizio i miei discorsi in azienda, è: che cosa vendono i musicisti?”
Joe Casini: “Mi farò carico di portarla a chi ti pescherà nei prossimi Secret Santa. La puntata purtroppo è finita, ti ringrazio per essere stato con noi.”
Daniele Agiman: “Grazie a te e grazie per le domande perchè sono state molto intriganti.”
Joe Casini: “Do appuntamento a tutti gli ascoltatori per una nuova puntata di Mondo Complesso. Buona domenica!”