Con Adrian Fartade, divulgatore scientifico, parliamo di come la nostra percezione dello spazio stia cambiando e di chi deciderà le regole e le leggi quando (e se) colonizzeremo altri pianeti.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica e ben tornati a Mondo Complesso perché questa è la prima puntata della terza stagione, quindi puntata 41 del podcast. Partiamo con un po’ di novità, intanto mi vedete in un nuovo set e con un format rinnovato, ma soprattutto partiamo con nuovi ospiti. Oggi cominciamo alla grande perché abbiamo come ospite Adrian Fartade, quindi per prima cosa benvenuto!”
Adrian Fartade: “Grazie, è un piacere essere qui con voi.”
Joe Casini: “Adrian, per chi non lo conoscesse, è filosofo e si occupa soprattutto di divulgazione scientifica e spazio e astronomia. Mi piaceva l’idea di far partire il podcast con un argomento così stimolante, proveremo un po’ ad esplorarlo nella nostra chiacchierata. Per cominciare, iniziamo con la cosiddetta domanda semplice: che cos’è lo spazio?”
Adrian Fartade: “Lo chiedi a qualcuno laureato in storia e filosofia. Lo spazio è sempre stato uno dei concetti con cui abbiamo dovuto litigare di più perché già dagli antichi greci avevamo difficoltà nel cercare di capire cosa c’è tra le cose e questo porta a cercare di capire cosa sono le cose. Intuitivamente noi abbiamo una percezione del mondo, chiunque di noi se gli viene chiesto di prendere una cosa sul tavolo riesce ad identificare lo spazio tra sé e il tavolo, e la differenza tra il tavolo e la mela, per esempio, e riesce a prenderla. Diventa difficile quando oggetti che noi diamo per scontato in base alla nostra percezione dobbiamo riuscire a descriverli in un modo univoco e adeguato per poter astrarre. Quindi lo spazio è nato da questo, è un concetto che abbiamo inventato, è una categoria inventata da noi per cercare di descrivere qualcosa che percepiamo e vediamo intorno a noi, noi non abbiamo idea se esiste una delle categorie che abbiamo inventato per descrivere però la cosa più vicina che posso darvi per definizione è che lo spazio è tutto quello all’interno di cui si svolge l’universo.”
Joe Casini: “La cosa che ti volevo domandare è: tu come ti sei appassionato a questo tema? Qual è stato il tuo percorso?”
Adrian Fartade: “Per me è sempre stata una passione sin da quando ero bambino, non ho ricordi di quando non mi piaceva lo spazio. Semplicemente per me è iniziato da un lato molto più avventuroso rispetto a solo nozionistico e credo che questa cosa spesso nell’educazione si perda un po’ quando si parla di scienza in generale o astronomia, spazio, è tutto molto geografico, viene raccontato come l’elenco dei pianeti, i nomi delle stelle, come identificarle, la differenza tra loro però si perde spesso la parte più avventurosa tanto che la maggior parte dei libri di scuola c’è pochissimo di esplorazione spaziale, vengono accennate alcune missioni ma semplicemente in didascalia oppure per dire ‘ah sì tra le altre cose abbiamo lanciato una missione verso Plutone’, in realtà fa parte di quello che è più appassionante perché è molto umano. Quindi noi come umani abbiamo inventato e creato strumenti e sonde spaziali che abbiamo lanciato in giro per il sistema solare. Questo è quello che mi appassionava, il fatto che fossero i robottini fatti da noi e che possono tutte le volte mostrarci cose che non avevamo mai visto prima in giro per l’universo.”
Joe Casini: “Siamo entrati subito in una delle intersezioni che volevo poi esplorare in questa chiacchierata. Nel senso che quando pensiamo allo spazio un po’ tutti pensano a quella straordinaria stagione in cui abbiamo fatto le missioni Apollo, spazio per noi è l’allunaggio. Da dopo quella stagione c’è stata un’involuzione, uno degli aspetti interessanti di questo è anche come gli aspetti politici ed economici si legano anche al modo in cui abbiamo iniziato ad esplorare lo spazio. La domanda che ti volevo fare è: abbiamo raggiunto quell’apice straordinario poi la percezione che hanno i profani, tipo me, nel pensare a questo tema è che ci sia stata una sorta di involuzione, negli ultimi anni si è iniziato a parlare di missioni e di lanci di razzi e una delle cose che ha colpito è che sembra quasi che ci siamo dimenticati come si fa. Abbiamo avuto una stagione straordinariamente prolifica dove tutto il mondo guardava con il naso all’insù e poi cos’è successo?”
Adrian Fartade: “in realtà è molto affascinante perché noi abbiamo questa percezione, come dici tu, che ci sia stato questo momento incredibile in cui abbiamo fatto tante cose straordinarie, ed è vero ma le cose che abbiamo fatto dopo sono state molto più complesse, difficili e molto più affascinanti per alcuni aspetti specialmente di scoperte di qualsiasi cosa che abbiamo fatto negli anni Sessanta. Le missioni che abbiamo fatto negli anni Sessanta erano molto basilari, noi siamo andati sulla Luna solo con la tecnologia che avevamo all’epoca, però essendo nato in un contesto di corsa allo spazio, di guerra fredda e sfide, l’obiettivo non era fare qualcosa sul lungo termine, almeno dal punto di vista politico, dal punto di vista scientifico molti volevano fare di più però all’epoca, se guardate le missioni del periodo Apollo, parlando di esplorazione umana perché quella robotica era molto più primitiva di qualsiasi cosa che facciamo ora, il tempo più lungo in cui potevamo mantenere umani vivi nello spazio era un paio di settimane, magari potevamo arrivare ad un mese per esagerare, ora abbiamo degli astronauti che hanno passato un anno nello spazio, siamo riusciti a costruire un laboratorio incredibilmente sofisticato con le cose più avanzate che abbiamo grande come un campo da calcio, abbiamo oltre 600 persone che sono andate nello spazio e ci sono un centinaio di persone che sono addestrate e in grado di andare nello spazio. Abbiamo pannelli solari incredibilmente avanzati, all’epoca non li vedevate su nessuna navicella spaziale che andava sulla Luna e per quanto sembri incredibilmente complesso quello che veniva fatto sulla Luna all’epoca, non ci siamo dimenticati di farlo soltanto che ora stiamo cercando di fare qualcosa di molto più difficile. Immaginate di avere uno stipendio di 2000 euro al mese, immaginate le vacanze che potreste fare e immaginate le vacanze che potreste fare se il vostro stipendio venisse tagliato a 180 euro al mese, questa è la situazione in cui si è trovata la NASA che all’epoca era, insieme all’Unione Sovietica, una delle due più grandi potenze spaziali che poteva realmente mandare umani nello spazio, poi è arrivata la Cina e l’Europa e il Giappone, però all’epoca erano solo loro. Nei decenni dopo hanno dovuto imparare a fare quello che potevano con quello che avevano ma fare tutto quello che era necessario per tornare sulla Luna a una frazione del budget precedente. Con solo 180 euro fare quello che prima facevi con 2000 è una sfida non indifferente. Immagina di andare in vacanza a Parigi e immagina il modo in cui spenderesti i soldi se quella fosse l’unica vacanza dell’anno e ti vuoi divertire, immagina poi come sarebbe trasferirsi a vivere a Parigi, è un altro paio di maniche. Quello che noi vogliamo fare ora non è tornare sulla Luna per piantare una bandiera, l’abbiamo già fatto, ora stiamo provando a fare missioni che permettono agli umani di vivere in modo permanente sulla Luna e lo vogliamo fare con tecnologie che all’epoca non si sarebbero mai sognati: razzi che tornano sulla Terra e possono essere riutilizzati, computer che possono permetterci di elaborare in tempo reale con l’AI qualsiasi cosa succede nella navicella, stampanti 3D per stampare tutti gli strumenti che utilizziamo e mille altre cose incredibilmente complesse. È come passare direttamente dalle elementari all’università. Vi ricordate quando facevate l’introduzione a matematica in prima superiore e vi insegnano cosa sono i numeri e gli insiemi e dite ‘ho un déjà-vu, ho già fatto questa cosa alle elementari, perché la sto rifacendo alle superiori?’ perché ora non lo stai facendo con il livello delle elementari ora stai facendo delle cose incredibilmente più astratte e fondamentali per la logica di base e filosofica dell’intero sistema matematico che stai costruendo e imparerai delle cose mille volte più avanzate una volta che imparerai questo. Questo è quello che stiamo facendo ora, stiamo gettando le basi per far diventare la specie umana interplanetaria e in realtà non c’è mai stato nella storia dell’umanità un momento così incredibilmente frizzante ed entusiasmante dal punto di vista di scoperte scientifiche e innovazioni in campo di esplorazioni.”
Joe Casini: “Una cosa di cui si parla spesso è la colonizzazione. Tu dicevi stiamo cercando di diventare una specie interplanetaria, quali sono le principali sfide e obiettivi che ci stiamo dando per poter immaginare di essere una specie interplanetaria?”
Adrian Fartade: “è un obiettivo sul lungo termine ovviamente, solo che dobbiamo iniziare da qualche parte quindi stiamo gettando le basi per poterlo fare, è un po’ come passare da una civiltà che non usa elettricità a una civiltà elettrificata, non sarà un passaggio immediato, quindi, inizi con alcune cose di base. Questo è quello che stiamo facendo ora stiamo cercando di costruire tutte quelle cose che ci serviranno per fare le cose in grande. Prima di tutto quando si parla di colonie è vietato per legge, abbiamo un accordo internazionale firmato da tutte le grandi potenze spaziali che viete di dire che un pezzo di un altro pianeta è loro, nessun cittadino di nessuna nazione può andare sulla Luna, su Marte o su un asteroide e dire ‘questo è mio, questa è la mia nazione’. Colonizzare un altro posto è un termine che abbiamo ereditato dall’età coloniale e ci è rimasto molto di questo e le colonie sulla Terra una buona fetta le abbiamo smaltite nell’arco degli anni 50/60. Il linguaggio che utilizziamo non è corretto per quello che faremo, sarà più simili a quello che succede in Antartide, costruiremo avamposti sulla Luna e su Marte, quello che stiamo facendo ora è imparare come fa una tuta spaziale che non si usura facilmente ma che si può utilizzare per mesi, come fai a comunicare e a sapere esattamente dove sei su un altro corpo celeste. Per esempio, c’è un accordo europeo tra Nokia e un altro paio di brand grandi per costruire una rete satellitare di GPS in orbita lunare, così da qualsiasi parte ti trovi sulla Luna puoi andare in un’altra parte e sai sempre dove sei. Stiamo costruendo stampante 3D che possono usare la regolite lunare o quella marziana in futuro, propulsione ionica che può essere estremamente più efficace per viaggiare più velocemente da una parte all’altra del sistema solare, propulsione nucleare. Tutto questo ci permetterà di avere tutto quello che ci serve per avere le infrastrutture di trasporti necessarie. Non abbiamo ancora idea di come conservare carburante nello spazio e non sappiamo come fare tutto questo ad un prezzo molto contenuto, ma questa è la strada. Di base, quando nell’Ottocento è stato fatto il progetto negli Stati Uniti della costruzione della rete ferroviaria che uniscono una costa all’altra, l’obiettivo era fare qualcosa di simile cioè costruire l’infrastruttura necessaria per una successiva esplosione industriale; quindi, inizialmente c’è uno sforzo enorme fatto dagli stati per costruire questa ferrovia interplanetaria. Questo è un investimento per il futuro, una volta che hai i sistemi di trasporto nel sistema solare a quel punto puoi iniziare a costruire quello che ti serve nello spazio, puoi iniziare a estrarre minerali direttamente lì e portare i minerali già lavorati sulla Terra per tutto quello che ti serve, puoi trasformare la Terra in un parco per la vita e spostare le industrie più inquinanti e pesanti nello spazio, possiamo trasformare il sistema solare, abbiamo le risorse per farlo e la possibilità di costruire pannelli giganteschi direttamente in orbita puntando verso il sole che possono continuamente, giorno e notte, 24 su 24, mandare elettricità sulla Terra. Possiamo avere tutto il fabbisogno energetico risolto sulla Terra grazie semplicemente al Sole e queste cose non sono fantascienza, irraggiungibili, ma si tratta di volontà politica e pazienza e continuare a lavorarci nel tempo. È uno di quei grandi progetti come lo era per gli antichi egizi le piramidi. La nostra generazione non vedrà i frutti di questo, dobbiamo farlo non per noi ma per l’umanità, e questa è la cosa più difficile per me.”
Joe Casini: “Quando si parla di tecnologia c’è sempre una curva che è esponenziale, c’è un momento in cui si creano dei presupposti e vedi che i cambiamenti avvengono molto più rapidamente. Parlavi di generazioni, secondo te c’è un orizzonte temporale, parlando di esplorazione dello spazio, colonie e così via, dove avverranno cambiamenti sempre più rapidamente?”
Adrian Fartade: “Per tornare a citare i filosofi dell’antichità è difficile notare cambiamenti quando sei all’interno di un fiume, è difficile vedere l’acqua nuova quando ti scorre continuamente, se sei in mezzo al tempo e passa insieme a te non lo noti. Basta pensare alla rivoluzione dei cellulari, noi ci ricordiamo in modo falsato quando ricomponiamo la storia quanto fu incredibile l’arrivo degli smartphone ma all’epoca, per la maggior parte delle persone, erano dei cosi strani che non hanno cambiato la vita delle persone da un giorno all’altro, è stata una cosa avvenuta nell’arco di un intero decennio successivo, cose come l’app store hanno permesso poi lo sviluppo e la diffusione dei social media, e questo ha trasformato internet e come lo usiamo, ha influenzato gli hardware che utilizziamo. Però non è una cosa che avviene subito quindi noi stiamo già vivendo in mezzo a questa cascata soltanto che stiamo cadendo insieme ad essa e quindi dal nostro punto di vista le gocce d’acqua che cadono insieme a noi ci sembrano ferme. Per questo non lo notiamo, ma abbiamo satelliti che vengono riparati direttamente in orbita, abbiamo missioni grandi come un gatto che sono state lanciate fino a Marte, abbiamo appena lanciato una missione che andrà a visitare degli asteroidi primordiali e a bordo ha un laser che può mandare i dati indietro non tramite onde radio, come abbiamo sempre fatto, ma tramite luce arrivando a gigabyte di velocità potendo streammare file in HD dalla Luna o da Marte o da dove vogliamo ovviamente con un lag notevole, abbiamo molte più tecnologie di quelle che noi diamo per scontato, aziende private che provano ad arrivare sulla superficie sulla Luna, c’è stata una lanciata recentemente che però non ce l’ha fatta ma c’è un’altra che parte tra un mese, solo quest’anno ce ne saranno 4/5 missioni private che partono verso la Luna, nei prossimi anni ce ne saranno a decine. C’è una missione, che parte quest’anno chiamata Polaris, con quattro esseri umani, è una missione SpaceX completamente privata, senza nessuna agenzia spaziale di mezzo, e andrà più lontano dall’orbita bassa terrestre di quanto qualsiasi missione sia andata prima senza arrivare alla Luna, quindi andrà a migliaia chilometri di altezza molto sopra alla stazione spaziale internazionale e faranno una camminata spaziale con tute spaziali fatte da privati, loro sono privati, si sono addestrati tra di loro, e lo fanno per una ricerca scientifica. Questo sarebbe stato inimmaginabile 10 anni fa.”
Joe Casini: “Sul privato ci addentreremo più avanti. Una domanda che ti volevo fare è: c’è un momento in cui ti piacerebbe tornare per prendere una decisioni diversa per far deviare il corso?”
Adrian Fartade: “Per esempio nel 1908 durante luglio c’è stato l’impatto di un asteroide contro la Terra, colpendola con l’energia necessaria per radere al suolo oltre 2500 km quadrati di foresta, 80 milioni di alberi sono stati rasi al suolo ed era un asteroide di una 50ina di metri. è caduto in mezzo alla Siberia, vicino a un fiume chiamato Tunguska, se fosse caduto su una città come Parigi, Londra, New York, Roma, nell’arco di qualche secondo milioni di persone sarebbero scomparse dalla Terra per qualcosa che noi non eravamo in grado di comprendere, li avevamo scoperti da poco e pensavamo che fossero oggetti fissi, se un oggetto del genere avesse colpito la Terra tutto il resto del secolo sarebbe andato in maniera completamente diversa. Io non so se ci sarebbe stata la guerra mondiale se Parigi fosse stata rasa al suolo dall’impatto di un asteroide e quindi forse neanche la seconda guerra mondiale, forse saremmo stati molto più propensi a prepararci per altri impatti, cercare di capire quanti sono, andare nello spazio. Non è una cosa che mi auspico però è una di quelle cose che mi fa tutte le volte pensare a quanto basta veramente poco per cambiare tutto dal nulla apparentemente. Nel 2013, il 15 febbraio, la Terra è stata colpita di nuovo sopra gli Urali, in una città chiamata Chelyabinsk da 1 milione di abitanti, l’asteroide era più piccolo ed è esploso nell’atmosfera e quindi l’onda d’urto ha spaccato le finestre della città e ha mandato all’ospedale circa 2000 persone, se fosse capitato più in basso e fosse stato più forte il 2013 lo ricorderemmo come l’anno in cui 1 milione di persone sono scomparse dalla Terra. Magari in un universo parallelo è successo due volte nell’arco di un secolo, queste sono cose che mi fanno sentire piccolo e fragile su questo mondo e come l’esplorazione spaziale non è tanto una questione di scoprire perché è bello ma anche perché è parte del nostro impegno nel proteggerci come umanità e vita sulla Terra, questo penso sia fondamentale per il futuro.”
Joe Casini: “Un altro dei grandi topos letterari quando si parla di esplorazione nello spazio è la vita extraterrestre e io non posso non farti una domanda su questo. Abbiamo questi due estremi, da una parte c’è men in black quindi il fatto di tutte queste vite che popolano l’universo e noi ora ci rendiamo conto che l’universo è super affollato, dall’altra parte mi veniva in mente la canzone dei Bluvertigo che diceva ‘è perfettamente logico pensare che ci siano altre forme di vita’, secondo te cos’è logico? Pensando alla vastità dell’universo è più probabile dire che è talmente vasto che sicuramente ci sono forme di vita nell’universo oppure è più probabile dire che se ci fossero magari noi non ci accorgevamo di loro ma loro si sarebbero accorti di noi?”
Adrian Fartade: “Due cose: innanzitutto l’universo è davvero gigantesco, è importante ricordarlo per motivi statistici. è facile dire se ci sono centinaia di miliardi di galassie solo nell’universo visibile, ognuno con centinaia di miliardi di stelle con altri miliardi e miliardi di pianeti orfani vaganti tra le stelle, molto probabilmente è difficile pensare che noi siamo davvero l’unica specie nell’intero universo. Però, essendo così vasto, è già incredibilmente difficile pensare che ci siano viaggi tra galassie, è già molto difficile che ci siano viaggi da una parte all’altra di una singola galassia, ma la distanza tra singole galassie è di milioni di anni luce per cui in realtà quando parliamo di vita aliena va ristretto il campo a soltanto la nostra galassia perché è l’unico posto in cui potremmo guardare da vicini. Entro 100 anni luce da noi ci sono più di 500 diverse stelle come il Sole, che pensiamo abbiano pianeti intorno e quindi potrebbero esserci pianeti che assomigliano alla Terra. Noi abbiamo trovato più di 5500 altri pianeti nella via lattea, molti di questi terrestri, molti di questi della fascia chiamata abitabile della loro stella, abitabile significa la giusta distanza dalla propria stella per non essere né troppo vicino e quindi un inferno di lava, né troppo lontano e quindi una palla di ghiaccio, ma è la distanza in cui può esserci acqua liquida sulla superficie, quindi chimica interessante per la vita. Potrebbe esserci vita come noi non la conosciamo? Certo, però non siamo ancora arrivati a quel livello tecnologico per cui possiamo trovarla. Noi stiamo cercando indizi di pianeti che potrebbero rivelarsi abitabili, abbiamo degli strumenti che possono permetterci di trovare composti organici in alcune atmosfere nei pianeti più vicini ma non ci siamo esattamente già arrivati, stiamo cercando pianeti abitabili ma una volta che abbiamo tutto questo il prossimo passo è un telescopio su cui già si è iniziato a lavorare chiamato Habitable Worlds Observatory, questo nuovo telescopio sarà molto più grande del telescopio più grande che abbiamo attualmente: il James Webb lungo 6 metri e mezzo. Il nuovo telescopio sarà tra i 9 e i 12 metri, dovrà permetterci di fare una cosa molto particolare: su 25 pianeti che stiamo selezionando ora, i più promettenti dal punto di vista abitabile, quel telescopio sarà in grado di mostrarci l’analisi della luce riflessa direttamente dall’atmosfera di quel pianeta, vedremo direttamente i pianeti come piccoli pallini. Non sembra tanto ma ci permetterà di guardare abbastanza in dettaglio alla luce e vedere quali sono i composti chimici all’interno dell’atmosfera, se c’è ossigeno, diossido di carbonio, acqua, ma anche se ci sono cose come clorofluorocarburi, questi sono composti artificiali impossibili da creare in natura sono fatti da noi nelle industrie quindi le troviamo a quel punto significa che la fuori c’è una civiltà su quel pianeta che le produce. Questa è la strada che stiamo seguendo, da un lato c’è la domanda ‘c’è vita nell’universo?’ e potrebbe esserci un sacco di vita e dall’altra parte quando noi lo chiediamo spesso sottintendiamo ‘c’è vita come noi?’. Il problema filosofico a riguardo è che noi non abbiamo idea di cosa siamo noi, non abbiamo paragoni, non abbiamo idea di cos’è la coscienza, non sappiamo neanche se siamo gli unici sulla Terra, abbiamo domande riguardo alle altre scimmie e a quanto siano senzienti, alle orche, ai delfini, alle balene, hanno più volte mostrato segni di essere senzienti, però non ci impressiona. Il fatto che ci sia un bonobo che sia di sicuro senziente e di sicuro in grado di capire se stesso e la realtà intorno e avere a che fare con utensili passa inosservato per noi. Nessuno si sconvolge che le orche si danno nomi, però lo fanno. La mia domanda è: cosa pensiamo ci renda speciali davvero? Cosa vogliamo trovare là fuori? Perchè se troviamo, per esempio, delfini su un altro mondo, abbiamo trovato esseri senzienti su un altro pianeta, ma è questo che intendiamo? Noi possiamo dire ‘no, vogliamo che costruiscano cose’, allora una domanda interessante è ‘perché?’ ‘perché questo ci stuzzica?’. Se avessimo chiesto ‘che altre civiltà ci si immagina fuori?’ agli antichi romani o greci o durante il rinascimento o la cina medievale o il giappone feudale ogni cultura avrebbe avuto risposte diverse, questa focalizzazione sul trovare tecnologie in civiltà tecnologiche come noi industriali è un prodotto della nostra stessa civiltà. Per finire, noi non abbiamo idea di che cos’è la coscienza umana, perché evidentemente noi sotto ad un certo punto percepiamo che c’è qualcosa di diverso tra noi e gli altri animali, anche se non sappiamo ancora ben identificarlo. Per esempio se prendiamo un mazzo di carte e lo mischiamo insieme e mettiamo tutte le carte giù, una dopo l’altra, la combinazione che è venuta fuori è talmente rara che se le rimischiamo e lo rifacciamo di nuovo potremmo farlo per miliardi di anni e non verrà mai più fuori. Ci sono più combinazioni tra carte di un singolo mazzo di quanti atomi ci sono nell’intera via lattea. Immaginate le combinazioni che possono esserci tra enzimi, proteine, combinazioni di DNA, geni, per produrre esseri viventi. La verità è che nella galassia come siamo noi potremmo essere gli unici, non perchè gli altri sono da meno o da più, ma semplicemente ci sono così tante combinazioni possibili che sono diversi. A volte ci sentiamo soli secondo me e vogliamo trovare qualcun altro con cui parlare, da abbracciare, che ci faccia sentire meno soli ed è bellissimo e sono dell’idea che dovremmo trovarlo però dovremmo ampliare l’idea di cosa stiamo cercando e cos’è che ci aspettiamo, perchè l’universo è molto più meraviglioso e vasto di quanto a volte ci concediamo di pensare.”
Joe Casini: “Ti ho fatto questa domanda pensando all’Adrian filosofo ed era esattamente la prospettiva culturale e antropologica di cosa stiamo cercando e cosa ci aspettiamo di trovare. Questo mi fa venire in mente una domanda che faccio spesso a chi ha un’attività di divulgazione ed è molto attivo sui social, in questa stagione del podcast abbiamo deciso di farlo diventare proprio un format, che è la tua nemesi: nel momento in cui ti confronti qual è il momento in cui tu dici ‘questo è proprio l’opposto di quello che per me è importante’ e come affronti quelle situazioni?”
Adrian Fartade: “Una delle cose più difficili da fare nella comunicazione scientifica è avere la pazienza di lottare contro problemi sistemici che portano per esempio ad ignoranza, a credere ai complotti o a scelte non basate su razionalità e scienza. Non perché le scelte emotive non siano importanti ma ci sono scelte che vanno fatte con razionalità, pensiamo per esempio costruire qualcosa o decidere qual è la soluzione migliore di fronte ad una malattia etc., ci sono scelte in cui abbiamo bisogno di scienza perchè ci da un vantaggio per la comunità, pensiamo al cambiamento climatico, è difficile avere a che fare con problemi sistematici perché è facile lasciarsi prendere la mano dai singoli casi che hai davanti. Quindi non devi prendertela con la persona complottista, non devi prendertela con un articolo complottista, il problema che tu stai cercando di risolvere è molto più alla base. Un po’ come se qualcuno ha spaccato una finestra perché era completamente ubriaco e ha problemi di alcolismo, quello che stai cercando di risolvere non è il suo problema con le finestre ma il problema dell’alcolismo e ancora prima che cos’è che nella sua vita ha portato a quel tipo di problematiche? Di fronte ad una persona che ha problemi di dipendenza, che è stata dettata da povertà sistematica, mancanza di infrastrutture adeguate intorno di supporto, mancanza di supporto sociale e psicologico, una società alienante intorno in cui niente ha significato e deve solo lavorare finchè non muore, tu non puoi dire ad una persona ‘non bere perchè è sbagliato’, non serve a niente. Capisco che a molti che si occupano di scienza trovano molto soddisfacente sul breve termine fare debunking ma non risolvono il problema di base che hai dietro e quindi stai semplicemente soffiando sul fumo e per quanto possa essere gratificante hai solo aggiunto più ossigeno al fuoco sotto e quindi, lo so che è più palloso, ma dobbiamo preoccuparci dei problemi sotto. Quante volte vi è capitato di andare dal dentista e vi ha guardato con disappunto chiedendovi ‘passato il filo interdentale?’ e voi sapete che non l’avete passato però poi provare a fare finta, il vostro dentista lo sa che non lo farete però il suo obiettivo è quello di curarvi in quel momento, aiutarvi e non giudicarvi. Questo è quello che cerco di ricordarmi, se uno ha un ruolo in cui devo avere pazienza nella comunicazione e pensare a quanto mi trovo un complottista ‘quali sono state le condizioni sociali per cui quella persona l’unica rete sociale che ha trovato di cui far parte in cui si sente meno alienato è stato un gruppo di altre persone con cui condivide un complotto’ o il senso di liberazione di dire ‘lo sentivo che c’è qualcosa di sbagliato nel mondo in cui vivo anche se non sono in grado di verbalizzare perchè ho fatto poche scuole e non ho mai letto un libro’, quindi sto cercando di aiutare le persone, non sto cercando di prendermela con le persone anche se non è sempre facile perché gli umani sono complicati.”
Joe Casini: “Siamo purtroppo in chiusura. Una delle altre novità del format di quest’anno è un momento puramente egoista che ho inserito in scaletta ma che va anche a beneficio di chi ci ascolta ed è quello di consigliarmi un libro, un film, un podcast da ascoltare. Quindi approfitto di questo spazio per chiederti: mi consigli un libro?”
Adrian Fartade: “Vi consiglio uno dei miei libri preferiti in assoluto che si chiama ‘Le farò un po’ male’, è un libro di un giovane medico britannico che ha scritto un diario di tutti i suoi casi di anno in anno, per sei anni interi, e l’ha fatto in modo estremamente tenere, comico, meravigliosamente umano e credo che sia uno dei miei libri preferiti perchè dentro c’è molta umanità ed è quello che spesso ci unisce durante le difficoltà. Ti cito anche un altro libro tra i miei preferiti ‘La peste’ di Albert Camus e anche in quel caso è molto deprimente all’apparenza ma la speranza per il futuro non è tanto data dal fatto che andrà tutto bene, perchè non andrà tutto bene in nessuno di questi due libri che amo tanto. Sia lui come dottore ma anche nel caso di ‘la peste’, anche lì un altro dottore, entrambi si confrontano con l’umanità e con il fatto che non andrà tutto bene ma trovano conforto e bellezza e speranza nel fatto che quando le cose vanno male ci stiamo vicini, qualcuno che viene e sta accanto a te, ti abbraccia e ti dice ‘a volte le cose fanno schifo ma non significa che sei da solo’ e questo tipo di vicinanza è quello che spero per il futuro dell’umanità.”
Joe Casini: “Bellissimo e a proposito di vicinanza chiudiamo la puntata con la domanda tra gli ospiti. Il primo ospite che ti propongo è Andrea Pescino, si occupa di AI. Il secondo è Giulio Xhaet, è formatore e con lui abbiamo parlato in particolare di purpose, di motivazione nella vita e quindi di cosa ci spinge nel lavoro e non solo ad andare avanti. La terza ospite è Roberta Covelli, giornalista e giurista, abbiamo parlato soprattutto di lavoro e diritti sul lavoro. Quali di questi tre ospiti ti incuriosisce di più?”
Adrian Fartade: “Forse Giulio.”
Joe Casini: “La domanda che ha lasciato è: secondo te i social media amplificano più la saggezza o l’ignoranza?”
Adrian Fartade: “Bellissima domanda. Credo che in realtà i social media amplificano l’interazione di qualsiasi tipo che possa valorizzare i click e le visualizzazione per le aziende, quindi credo che quello che noi vediamo come ignoranza oppure conoscenza sia in parte soggettivo, anche se oggettivamente credo sia aumentata la diffusione di fake news grazie ai social media ma più che altro credo che dipenda da come siano ottimizzati per l‘interazione di cose che fanno scandalo. In realtà, io mi auspico che questa nuova era di internet porti ad una nuova fratturazione dei social ed una rinascita dei singoli spazi. Quando la gente dice che ci sono echo chamber in realtà il problema è che proprio non ci sono, il problema è che la gente va su internet e vede tutti diversi da sé, non ha posti dove può stare con altri che sono come te, in cui persone diverse le vedi simili a te perchè scopri cose che avete in comune. I social non sono ottimizzati per quello, ma per farti litigare e per esporti a cose diverse. Non è che Facebook ti da solo la tua bolla ma fa di tutto per farti interagire con gente che è fuori dalle tue bolle per farti litigare. A me mancano i forum, internet che era frammentata in piccole isole e non in mano a magnati miliardari che decidono come parlare tra noi e come vivere su internet. Mi piacerebbe se gli spazi su internet fossero delle piazze e non ci trovassimo dentro ad un supermercato in cui dobbiamo stare lì a parlare ma con persone che voglio continuamente venderci cose. I social sono grandi supermercati in cui siamo bombardati di pubblicità.”
Joe Casini: “Da questo punto di vista una delle teorie di cui si parla spesso ora è il fatto che i social sono morti nel senso che fondamentalmente non sono più spazi in cui si cerca l’interazione sociale ma sono spazi popolati da creator, in questo senso anche io e te siamo parte del problema, si cerca il contenuto e non più l’interazione sociale, sei d’accordo?”
Adrian Fartade: “Io sono dell’idea che in realtà c’è tantissimo che si sta spostando via dai social, vedi la rinascita dei gruppi su Whatsapp e Telegram, perchè le persone preferiscono un piccolo gruppo con cui si trovano molto meglio a condividere meme, chiacchierate, notizie tra di loro rispetto a qualsiasi cosa posso proporre Meta. Non credo che internet sia mai stato nella posizione di stravolgimento dagli inizi degli anni 2000, io c’ero e il periodo di ora mi ricorda tantissimo il periodo dei primi anni 2000. Credo che internet sta per cambiare così tanto che neanche ci immaginiamo. Cosa succederà quando le persone invece di cercare le cose su Google chiederanno ad un assistente AI? Tra 10 anni non riconosceremo internet ed è sia terrificante che estremamente entusiasmante, spero che questo insieme a regolamentazioni politiche come quelle dell’UE possano costruire un internet più a dimensione umana.”
Joe Casini: “Io ho l’impressione che con l’AI tra 10 anni riconosceremo davvero poco ma ne parleremo in un’altra puntata. L’ultima domanda che ti faccio è se tu vuoi lasciare una domanda per gli ospiti delle prossime puntate.”
Adrian Fartade: “La mia domanda è: se ti trovassi di fronte a un visitatore alieno e hai una sola opportunità di parlare a nome dell’umanità quale sarebbe la cosa che gli chiederesti? Come interagiresti?”
Joe Casini: “Non vedo l’ora che qualcuno la peschi perchè sono curioso di sentire le risposte. La puntata è finita e devo dire che questa terza stagione è partita alla grande quindi ti ringrazio per essere stato qui con noi.”
Adrian Fartade: “Piacere mio, grazie a voi davvero.”
Joe Casini: “Ringrazio anche chi ci ha ascoltato, ci vediamo tra due settimane con una nuova puntata. Buona domenica.”