Le narrazioni dominanti emergono dalla complessità sociale e si radicano profondamente attraverso un intricato intreccio di cultura, economia, politica e psicologia.
Queste narrazioni si auto-rinforzano mediante legami forti all’interno di gruppi omogenei, dove idee simili vengono incessantemente condivise e validate. In tali contesti, il linguaggio non è neutrale ma carico di connotazioni ideologiche che riflettono e rafforzano le strutture di potere esistenti.
Le istituzioni, le leggi e le pratiche culturali sono impregnate di queste narrazioni. Ad esempio il patriarcato viene sostenuto da secoli attraverso religioni, tradizioni e norme sociali. Tali norme vengono interiorizzate, portando gli individui a conformarsi e a perpetuare queste strutture.
Le narrazioni dominanti tendono quindi a essere riprodotte perché sono già integrate nelle pratiche sociali, offrendo sicurezza e identità.
Per quanto efficaci o opprimenti siano queste macro-strutture, il potere opera però a livello micro, nelle interazioni quotidiane. È attraverso il linguaggio e i discorsi che le persone creano e mantengono le istituzioni sociali. I discorsi non solo riflettono la realtà, ma la producono; creando nuovi discorsi, possiamo costruire nuove realtà sociali che sfidano le narrazioni dominanti.
Come diceva Michel Foucault: dove c’è potere, c’è resistenza. Nuove narrazioni emergono attraverso contro-discorsi che sfidano le norme esistenti, creando spazio per alternative.
L’emergere di nuove narrazioni richiede un confronto con l’alterità e una rottura con le pratiche sociali consolidate. Questo avviene quando le reti sociali vengono riconfigurate, includendo nuovi attori o modificando le relazioni esistenti.
È solo infrangendo tali pratiche sociali consolidate che attori marginali e marginalizzati possono influenzare la rete e promuovere un cambiamento.