A quasi dieci anni dalla nascita del movimento #MeToo, quali sono i discorsi nuovi e innovativi sull’identità maschile? Ne parlo con Claudio Nader, esperto in comunicazione e fondatore dell’Osservatorio Maschile, un contenitore sociale, filosofico e comunicativo che vuole lavorare in maniera collettiva sull’identità maschile.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica, bentornati a mondo complesso, il podcast in cui parliamo della complessità del mondo in cui viviamo, di questa sempre maggiore complessità fatta di saperi che si interconnettono, ma anche di punti di vista che si incontrano e nuove tematiche che emergono in una società sempre più complessa. E oggi parleremo probabilmente proprio di una delle tematiche più complesse in questo momento, che è quella della mascolinità. Viviamo un momento in cui c’è questa nuova ondata di femminismo che sta portando avanti dei racconti incredibili. Abbiamo parlato spesso delle varie implicazioni una delle implicazioni ovviamente sulla quale si pone spesso l’accento è quello della mascolinità, della mascolinità tossica e sono molto contento oggi di fare questa chiacchierata a proposito di mascolinità tossica con Claudio Nader. Quindi per prima cosa benvenuto Claudio.”
Claudio Nader: “Ciao, grazie mille.”
Joe Casini: “Claudio è docente universitario ed è fondatore dell’Osservatorio maschile. Quindi è molto specializzato proprio su questo tema e sono contento che possiamo fare questa chiacchierata perché è un tema che ovviamente riguarda in primis gli uomini perché quando parliamo di mascolinità tossica, ovviamente i primi a essere chiamati in causa siamo siamo noi e al tempo stesso un tema sul quale si fa molta fatica a mettersi in discussione e andare un po’ a decostruire quelli che è la mascolinità e stereotipica che in qualche modo ci portiamo dietro. Ma prima di entrare nel vivo della chiacchierata partiamo, come sempre, con quella che noi chiamiamo la domanda semplice. Quindi la domanda che ti dà la possibilità di fare il primo passo per esplorare per esplorare questo tema e quindi la prima domanda che ti faccio ovviamente è: cos’è la mascolinità?”
Claudio Nader: “Le risposte a questa domanda sono tante. Tendenzialmente possiamo dire che la mascolinità è tutta quella serie di idee e aspettative che abbiamo in un dato momento storico, in un dato contesto, rispetto a persone che consideriamo uomini.”
Joe Casini: “Allora la domanda che ti faccio Claudio è: tu come sei arrivato ad approfondire questo argomento?”
Claudio Nader: “Praticamente mi si sono incrociati due percorsi, un percorso è stato quello di avvicinarmi ai femminismi. Quindi da uomo, semplicemente, piano piano ho cominciato a sentirmi coinvolto dalle istanze femministe e quindi ho cominciato ad avvicinarmi, a studiare, a cercare di capirne di più, eccetera. Quindi da una parte ci sono arrivato dall’esterno, dall’altra parte ci sono arrivato dall’interno. In realtà, il percorso che mi ha portato a interessarmi ai femminismi aveva un suo specchio interno che era un percorso in cui io piano piano, mi sono accorto di sentirmi scomodo in tutta una serie di aspettative che le persone avevano su di me in quanto uomo e io avevo su di me in quanto uomo e che non avevo mai pensato fossero aspettative relative alla mascolinità, cioè fastidi col lavoro, fastidi con le relazioni, una serie di cose in cui non stavo comodo, che credevo fossero cose casuali, legate a me come persona, e poi piano piano ho capito che invece erano cose le al fatto che sono un uomo nella fattispecie e quindi cose sulle quali poter lavorare lavorando sul maschile.”
Joe Casini: “Ne parliamo spessissimo in relazione coi ragazzi in regia è un tema sul quale ci ritroviamo tutti moltissimo, effettivamente quando si mette poi a fuoco come il cercare di aderire a un certo modello di mascolinità poi ci abbia influenzato durante la crescita adolescenza, cioè in generale il cercare sempre di performare un certo tipo di ruolo. Poi alla fine pone molte difficoltà. Quali sono questi stereotipi ai quali il concetto di mascolinità oggi si rifà, ai quali, in maniera più o meno cosciente, cerchiamo di aderire?”
Claudio Nader: “allora questo è molto interessante perché quello che io credo, ed è uno dei motivi per cui ho fondato l’Osservatorio maschile, che fondamentalmente ad oggi di mascolinità e di maschilità sappiamo pochissimo, cioè quello che sappiamo è che sono due mondi, un po quello che ci dice la cultura generale, l’opinione pubblica, il vero uomo, quelle aspettative lì, “fai l’uomo” “gli uomini sono in crisi”, queste cose qua e un po’ quello che ci dicono i femminismi dall’altra parte, che sono cose diverse. Cioè la società dice ai maschi determinate cose e li invita i maschi a dimostrare di essere maschi in un certo modo, i femminismi avendo decostruito, destrutturato e messo a fuoco una serie di problematiche legate a determinati atteggiamenti maschili, invece dicono tutt’altro, parlano fondamentalmente per riassumerla tantissimo degli effetti negativi dei maschi sulle altre persone. Quindi vengono dette due cose dei maschi da una parte si parla del vero uomo, della crisi dei maschi, non ci sono più i maschi di una volta, queste cose qui, dall’altra parte, si parla di responsabilità sociale maschile, di privilegio, anche di colpe quando accadono cose per cui alcuni maschi sono colpevoli. In nessuno dei due casi, però, sono due casi non equiparabili, nel senso che uno è un’opinione pubblica, una è un ambito di studi strutturatissimo, come quello del femminismo, ma in nessuno di queste due casi si parla veramente di che cos’è il maschile, di che cosa sono gli uomini, di come vivono la vita gli uomini, cioè si parla sempre del ruolo sociale dei maschi nella società. C’è invece una disciplina accademica che si chiama ‘man e masculinity studies’, che è poi una parte del mondo di gender studies che si occupa di studiare il modo in cui i maschi vivono la vita e li si spalanca un universo. È veramente interessante, nel senso che ci sono molte più cose da dire su di noi di quanto noi e tutte le persone credono. Nel senso che noi siamo abituati a quando si parla di maschile anche a dirci, come dicevi tu prima, la mascolinità tossica, il machismo parliamo moltissimo, giustamente, di violenza di violenza di genere, di violenza maschile di genere ne parliamo moltissimo, anche perché giustamente è un’emergenza sociale bisogna parlarne, bisogna occuparsene. Questo non significa che queste cose esauriscono quello che c’è da capire sul maschile. Adesso magari ci entriamo chiacchierando in puntata, però ci sono un tot di altre questioni che non vengono guardate perché possono essere viste solo facendo un percorso dall’interno, che è il percorso che sto facendo, che stiamo facendo, e che sta spalancando tantissima conoscenza su come funzioniamo, come funziona la nostra relazione con la cultura maschile generale e quindi poi imparando molto meglio come funzioniamo, allora possiamo ragionare in maniera più pulita anche sulla violenza.”
Joe Casini: “Hai fatto riferimento appunto all’ambito di studi sulla mascolinità, che credo poi sia nato intorno agli anni 60/70, cioè da qualche decennio si è cominciato un pochino a fare degli studi e delle riflessioni su questo tema. è interessante come in qualche modo la prospettiva spesso oggi ce la offra, come dicevi tu, il femminismo. Quindi noi che abbiamo storicamente avuto chiaramente un ruolo dominante nella società, questo per contro ha portato anche a non interrogarsi e a non conoscere quello che quel ruolo effettivamente implicava. Quindi, qual è stato un po’ appunto il percorso e quali sono gli ambiti sui quali ora ci stiamo iniziando finalmente a interrogare?”
Claudio Nader: “guarda, hai detto proprio una cosa che è un po’ il fulcro della situazione, che poi è una delle basi del man e masculinity studies, il maschile è sempre stato talmente dominante ed egemonico da essere non interrogato. Se adesso io e te ci mettiamo a parlare della storia dell’uomo stiamo parlando della storia dell’umanità, se invece parliamo della storia delle donne, parliamo della storia delle donne. è molto difficile riuscire a capire che gli uomini non sono l’umanità. Hai presente il disegnino, quello dell’evoluzione umana? Quella roba della scimmia che piano piano si alza e diventa un uomo. Quella cosa vuol dire almeno due cose: intanto che crediamo che l’evoluzione sia una cosa lineare, facile e questa non è l’evoluzione e l’altra cosa è crediamo che il punto di arrivo siamo noi, siano i maschi, cioè crediamo che quella cosa rappresenti tutta l’umanità. Un altro esempio: tutti noi conosciamo i mondiali di calcio, ovviamente, e poi ci sono i mondiali di calcio femminile. In realtà quello che non sappiamo, a cui non pensiamo mai è che quella cosa che noi chiamiamo mondiali di calcio in realtà sono i mondiali di calcio maschile. Non sono i mondiali di calcio. Noi crediamo che siccome sono giocati da uomini siano i mondiali di calcio per tutti, ma non è così. E questo punto di partenza è quello che fa sì che sia difficile da uomini interrogarsi sul fatto di essere uomini. è come col fight club, per chi ha l’età per cogliere la citazione, la prima regola dell’essere uomini è non pensare al fatto di essere uomini.”
Joe Casini: “Tra l’altro hai toccato un tema abbastanza ricorrente. Il modo in cui categorizziamo la realtà, le categorie che utilizziamo e quali sono gli effetti quando andiamo a fare delle generalizzazioni. Tu facevi riferimento al maschile sovra esteso: il fatto che per noi la categoria uomo corrisponda alla categoria essere umano, che l’uomo generalizzi tutto ciò che poi è l’esperienza umana. Ecco, anche lì quali sono le implicazioni di questo bias che abbiamo?”
Claudio Nader: “Le implicazioni di base sono generalmente due: c’è un’implicazione che riguarda chi non è uomo, e un’implicazione che riguarda chi è uomo. Chi non è un uomo vive in una società basata sugli uomini. Basata sugli uomini vuol dire proprio a tantissimi livelli. Quando in ambito femminista si parla di privilegio maschile che è una parola che rimanda molto a ricchezza, grandi fortune, in realtà un po’ viene percepita strana, in realtà non è così. Con privilegio maschile si intende proprio tutta quella serie di cose della vita quotidiana che sono semplicemente costruite pensando al corpo di un maschio medio. Che c’è un libro che secondo me è molto utile per capire questa cosa che si chiama ‘invisibili’ di Caroline Criado Perez, che tra gli esempi più semplici che fa di questo tipo di situazione ci sono le file fuori dai bagni pubblici per parlare di una cosa super semplice che non c’entra con la violenza. Le file dei bagni pubblici sono sempre fuori dai bagni femminili principalmente. Questo perché il numero di bagni nei bagni pubblici è tarato sulla media della necessità maschile. Perché noi crediamo che sia la media di tutti. Fatta quella poi facciamo il corrispettivo femminile con gli stessi bagni. Invece ci sarebbero bisogno di più bagni probabilmente, ma non si pensa alla specificità femminile e quindi alla fine ci sono tanti spot bagno che nei bagni maschili sono vuoti e c’è un casino di fila fuori da quelle femminili. Questa cosa qui per fare un esempio molto semplice su cui nessuno si arrabbia, perché poi su questi temi spesso ci si arrabbia per dire che c’è un principio di universalità sul maschile che fa sì che le donne siano in un mondo non progettato per loro. Poi dopo questa cosa diventa anche la salute mentale e la salute fisica. Tu parlavi delle implicazioni, cioè quali sono le implicazioni di questa cosa? Appunto, una è verso l’esterno, ma una è verso l’interno, cioè per noi tutto questo si traduce banalmente in una opacità verso di noi, il fatto di non leggerci come una specificità, ma leggerci come una generalità come un neutro generale, fa sì che per noi diventi difficile distinguerci dalla cultura maschile generale. Faccio un esempio anche qui, che faccio spesso perché secondo me è super semplice ma chiarissimo, le prime volte in cui ho cominciato a cercare di organizzare gruppi in cui tra maschi chiacchierare di queste cose, ancora non sapevo bene che cosa volevo fare. Ho chiamato un tot di conoscenti per dire ‘Senti, ma ti va una sera ci becchiamo ai giardini, io porto delle birre, delle patatine e parliamo del fatto che siamo uomini?’. Non sapevo bene dirla, no? E la maggior parte mi diceva ‘Guarda non ho la più pallida idea di che cosa tu stia parlando’ ‘e se c’è la birra?’ ‘se porti della birra io vengo, però starò zitto, parlate voi, io non ho niente da dire’. Poi venivano e alla fine succedeva che tutti parlavano per tre ore di tantissime cose e quando si finiva tutti dicevano, ma lo rifacciamo tutti i mesi? Ho detto un casino di cose che non ho mai pensato di avere da dire e ho detto cose che non ho mai detto a nessuno. Vorrei rifarlo altre 100 volte. Io arrivavo con delle domande, con dei temi semplici, e noi non sappiamo che ci sono delle cose da dire su di noi.”
Joe Casini: “Sono curioso, mi immagino questi primi incontri con le birre. Quali sono stati i temi che sono usciti fuori?”
Claudio Nader: “Ma ci sono sia cose legate agli appuntamenti, sia cose legate al sesso, al lavoro, alle aspettative. Le cose che di solito accendono di più sono sicuramente le relazioni e gli appuntamenti, flirt eccetera, dove ci sono tante cose date per scontato. Quello è ancora un territorio in cui tutti andiamo un po’ in automatico. Uomini, donne, tutti. Come, ad esempio, il fatidico momento del chi paga un primo appuntamento quando si va a bere fuori? è ancora uno di quei territori non così tanto indagati e decostruiti quindi gli appuntamenti sono così, si danno per scontato tantissime cose. Adesso sto parlando di relazioni etero nella fattispecie, ma tutto questo non è solo una tematica etero. Poi ci arriviamo. Si dà per scontato che tu debba avere delle idee per proporre delle cose, si dà per scontato che tu debba offrire le cose da bere, si dà per scontato che tu debba piacere alla persona con cui sei uscito, cioè si dà per scontato che se sei uscito poi vorrai fare sesso con questa persona, si dà per scontato che se puoi ci riesci e arrivati a casa poi ti deve piacere quello che farete e questa roba non è per niente scontata. Faccio un esempio su di me nello specifico e facendo questo percorso, una cosa che ho scoperto è che ho delle preferenze, cioè io per anni non ho capito bene questa cosa, mi sono trovato a provarci con donne che anche non mi piacevano molto solo perché ero portato a pensare che mi dovesse piacere proprio la dinamica del provarci, del riuscirci eccetera; quindi, mi piaceva l’aderenza a quel tipo di performance. Ma in realtà la persona non mi piaceva, non mi interessava proprio. Le volte in cui poi finivamo a casa insieme io non ero fisicamente settato per farlo, ma proprio per niente. E questa cosa che per un tot di tempo mi faceva venire dei dubbi su di me come uomo non era per niente una cosa che doveva farmi venire dubbi su di me come uomo. Era proprio un bellissimo segnale del mio corpo, del fatto che stavo facendo una cosa che non mi interessava. Quindi che mi ero frainteso io come persona, era il contrario dell’avere dei problemi era proprio stare bene cioè non riuscivo a fare cose che non mi piaceva fare.”
Joe Casini: “Dove prendiamo i modelli e dove li abbiamo presi negli ultimi anni su quella che è la mascolinità che dobbiamo performare e da dove ci viene?”
Claudio Nader: ”beh ovviamente, purtroppo o per fortuna viene dalla pornografia parlando di sesso, poi viene anche dai film. In generale viene sicuramente dall’intrattenimento, dai film, alle serie TV, dall’intrattenimento millenario dai poemi cavallereschi, cioè è sempre quella cosa lì, un mondo di viaggi dell’eroe presente quando si parla di narrativa è sempre un mondo di maschile che ha uno script preciso da performare e di donne che aspettano di essere scelte, di essere guardate, essere viste e quindi c’è sempre questa presunzione, si pensa sempre che gli uomini siano quelli che devono fare le cose e quindi anche nei corteggiamenti e quindi anche sessualmente, quindi anche nelle relazioni. Non lo pensano solo i maschi, tutte le persone pensano questo. Le aspettative riguardo le questioni di genere sono aspettative condivise dalla società, quindi non è un tema di maschi contro femmine, anche le femmine dai maschi tantissime volte si aspettano cose stereotipiche.”
Joe Casini: “Pure quando dicevi prima che appunto non riguarda soltanto l’eterosessualità, la mascolinità è un tema che in qualche modo coinvolge poi tutti i generi.”
Claudio Nader: ”Assolutamente. Tra l’altro il lavoro dell’Osservatorio maschile non è un lavoro sui maschi, bianchi, etero, cis, è un lavoro sul genere maschile. Il genere maschile è molto più sviluppato di come ce lo raccontiamo, anche perché il maschile è un po’ quella cosa tipo che tu se cresci come uomo, ti vengono sempre dette due cose, di non essere gay e di non essere una donna, di non fare la femmina. Queste due richieste sono il riassunto breve di quello che noi intendiamo per genere maschile. Non è che se tu sei un po’ più femminile, per come noi intendiamo la femminilità, allora sei meno uomo, quindi esci un po’ dal genere. Se sei gay allora esci un po’ dal cerchietto del genere maschile. Questa cosa non è reale. Il genere maschile si compone di tutti i maschi che fanno parte del genere maschile, uomini etero, uomini cis, uomini trans, uomini gay, uomini asessuali, uomini anziani, uomini giovani, disabilità, uomini ricchi, uomini poveri. La fenomenologia del genere maschile è molto più ampia di come la raccontiamo. E aggiungo anche che, soprattutto se pensiamo al mondo dei vestiti, al modo in cui ci vestiamo e in tantissimi altri ambiti della nostra vita, le battaglie LGBTQIA+, le battaglie in particolare degli uomini omosessuali durante il 900 hanno ampliato le libertà anche degli uomini, dei maschi, bianchi, etero, cis. Non c’è questa divisione e in più non c’è nel bene nel male, cioè anche all’interno del mondo omosessuale maschile ci sono riverberi di stereotipi, di bisogno di dimostrare determinati tipi di maschilità, eccetera, cioè questa cosa è molto più grande di come pensiamo perché noi pensiamo che riguardi solo i maschi bianchi, etero, cis, ma non è così, è molto più interessante.”
Joe Casini: “ci riporta ancora una volta al tema delle categorie. Noi veniamo storicamente da società che avevano categorie molto rigide, c’erano soltanto due categorie: uomini e donne. Per essere appunto maschio, nello specifico, dovevi rispondere a un certo standard. Il problema di avere queste categorie rigide e che quanto più sono rigide tanto più si creano delle resistenze, mettersi in discussione perché uscire da quelle categorie mi mette in crisi e chiaramente crea un enorme fragilità. Quindi questo movimento che dagli anni 70 ma in particolare in questo periodo, è un movimento in primis di liberazione perché come dicevi tu ci toglie da queste rigidità e da la possibilità a persone che rispetto a essa entrano in una zona di forte fragilità. Quando prima dicevi l’attualità di questo tema, secondo me, non è un po’ implicita anche dalle resistenze che molti fanno nell’affrontarlo, cioè il fatto stesso che ci faccia così paura fare una riflessione, come dicevi tu quando hai iniziato a organizzare i primi incontri, la resistenza che c’era nel mettere in discussione o quando meno parlare e analizzare la propria mascolinità non è già un sintomo della fragilità che ci portiamo dietro?”
Claudio Nader: “Sì, è un sintomo di questo ed è anche un sintomo di una paura che secondo me è assolutamente molto comprensibile. Cioè se tu ci pensi, quando si incontra per strada una persona incinta la prima cosa che si fa si dice, ma è un maschio o una femmina? Sempre questa cosa qui, cioè le aspettative di genere. Sono aspettative che ci precedono in maniera gigantesca. Quando tu nasci, adesso torniamo alla specificità maschile, come uomo, cresce e cresci come uomo e così il maschile è la tua prima comunità di appartenenza, la prima che trovi appena arrivi. Quindi sentire che smargini, che rischi di scivolarci fuori ti procura una paura perché ti fa rischiare di perdere un’appartenenza a una comunità, a una community che che ti dà senso. Quindi è molto legittimo avere paura, secondo me. E anche perché tra l’altro, non è che poi quando fai cose fuori dallo script la gente ti applaude. Anche in ambito femminista si dice spesso che si vuole che gli uomini scavalchino determinati atteggiamenti stereotipici ma poi quando gli uomini lo fanno non è facile per nessuno accettarlo. Gi stereotipi sono delle copertine di linus che ci tengono al caldo, non è facile farlo veramente e quindi fa un po’ paura però ci sono tanti ambiti in cui gli uomini stanno facendo tanti passi, ovviamente uno dei più centrali, dei più sentiti in questo momento, dei più espliciti è quello della paternità. Per paternità intendo sia uomini che diventano padri sia il rapporto con i propri padri, in questo punto c’è un grande sviluppo della società in corso. I padri di oggi tante volte sono mega diversi dai loro padri d non sempre viene vista bene questa cosa e il motivo per cui mediaticamente si usa la parola mammo. I calciatori che sono grande esempio di mascolinità sia per prestanza che per performance che per ricchezza, tutto quanto, ma se li vedi su un giornale con il figlio in braccio allora il titolo dice che è un mammo, la prima cosa che fai è che gli togli la mascolinità. Perché non è facile poi per nessuno, perché se quella è la normalità con cui tutti siamo cresciuti non è banale togliercela ovviamente. Quindi abbiamo bisogno anche di dotarci di strumenti per fare questo percorso. Infatti, uno degli obiettivi dell’Osservatorio maschile non è centrato sulla decostruzione della maschilità, che sono ci sono percorsi ottimi che fanno questo, ma sulla costruzione, sull’ampliamento della conoscenza della mascolinità, della maschilità e sulla costruzione di strumenti per l’evoluzione del genere maschile, per l’evoluzione della nostra consapevolezza. Faccio l’esempio del femminismo perché è l’esempio più virtuoso possibile che abbiamo di fronte. I femminismi hanno fatto non solo l’autocoscienza femminile, quando è stata fondamentale anche in modalità separatista in un certo momento storico, eccetera, ma hanno costruito strumenti e parole, tu prima dicevi mascolinità tossica, che è una delle parole più famose, ma i femminismi propongono parole, nomi, termini che spiegano concetti, cose specifiche che accadono alle donne, non solo tutti i giorni, ma che fai fatica a mettere a fuoco perché fai fatica a nominarli, fai fatica a capire che sono fenomeni chiari e funzionanti che ti governano un po’ e quindi quella proliferazione di parole nuove che spesso da fastidio all’opinione pubblica, in realtà è un grande strumento di diffusione della conoscenza sul femminile e sui femminismi e sui sistemi di oppressione di cui i femminismi si occupano, cioè dire mascolinità tossica, cat calling, mansplaining, sono un tot di parole che poi permettono di dire ‘Ah cacchio ho capito, esiste questo fenomeno si chiama così’ e questa esce anche dai momenti in cui ci si incontra in gruppo a parlare, diventa cultura generale, diventa cultura accessibile. Quindi cambia il modo in cui siamo capaci di pensare a queste cose. Una cosa interessantissima sul maschile è che ci sono un tot di parole per descrivere quello che noi facciamo, che viviamo, eccetera.”
Joe Casini: “Il tema delle parole è interessantissimo; infatti, una domanda che ti volevo fare proprio con riferimento a questo enorme spazio che hanno creato i movimenti femministi a cui facevi riferimento tu, ai concetti che hanno molto ben definito e oggi ci hanno dato degli strumenti appunto hai fatto riferimento proprio ad alcune parole che ci hanno dato la possibilità di poterci lavorare e vederli in maniera chiara, dargli un nome e condividere, quindi fare delle riflessioni. Ti volevo fare proprio una domanda. Posto che questo spazio è stato creato dai movimenti femministi e dove ovviamente i movimenti femministi giustamente oggi lo abitano e hanno diciamo il ruolo di portarlo avanti, popolarlo e animarlo, chiaramente è uno spazio, come dicevi tu, anche inclusivo, è uno spazio che prevede che noi maschi esercitiamo un ruolo all’interno di questo cambiamento al tempo stesso il rischio però è che è difficile, venendo da una cultura dove siamo stati sempre predominanti, negoziare questo ruolo in uno spazio che non abbiamo creato noi. Quindi la domanda che ti volevo fare, nel momento in cui tu appunto fai ricerche e studi e parli moltissimo di questi temi come abiti questo spazio, come entri in questo spazio?”
Claudio Nader: “allora questo è secondo me uno dei punti più interessanti in assoluto nel momento storico specifico in cui siamo. Facciamo problem framing, prendiamo in mano questa questione, il femminismo ha varie ondate e ci sono tanti femminismi e ci sono tante ondate e ci sono luoghi e ci sono pratiche, ci sono teorie, eccetera. Un tot di realtà femministe si auspicano una maggiore partecipazione maschile anche riguardo a quello che fanno i movimenti femministi, un tot di altre realtà femministe no. Nel senso che effettivamente il fatto di prendere parola e occupare uno spazio per parlare di questioni di genere dal punto di vista maschile significa comunque occupare uno spazio che forse poteva essere usato per parlare di qualcuno che invece è stato invisibilizzato molto più del genere maschile, molto più dei maschi. Quindi lì c’è una questione difficilmente risolvibile, cioè si risolve in livelli diversi, in contesti diversi secondo me. Un altro pezzo è questo: io credo che gli attuali strumenti che i femminismi offrono non siano abbastanza per permettere agli uomini di fare il loro percorso per fare il nostro percorso, cioè il femminismo, i femminismi sono nati non per noi. Quindi quello che i femminismi vedono nel maschile e soprattutto quello che si vede da fuori, cioè gli effetti degli uomini sulle altre persone. Io ho cominciato a fare questo percorso perché sono partito da un posizionamento come alleato delle battaglie femministe. Sai quando si dice io mi accodo e mi posiziono come alleato verso quelle battaglie, contro il Patriarcato, contro la violenza, eccetera e quindi mi posiziono lì. Che vuol dire? Che vado ai cortei, che faccio una serie di cose, benissimo. Diciamo che per me quella cosa lì è arrivata fino a un certo punto, nel senso che quella cosa poi non mi parla di me nello specifico, perché se tu combatti per battaglie non tue e intanto la tua motivazione è diversa rispetto a quando combatti per battaglie tue. Il problema di quando un uomo si dichiara femminista e fa cose per lavorare come alleato, che è un’ottima posizione virtuosa, ti senti fare 1000 applausi e ti senti dire ‘finalmente un uomo che è un uomo femminista, finalmente un uomo che fa queste cose, finalmente un uomo che’. Essere un uomo femminista che si impegna come alleato, contiene un rischio, un rischio interessante anche filosoficamente, cioè il rischio di riproporre il modello di un uomo che salva le donne dagli altri uomini. Che è proprio un modo che noi abbiamo di intendere il maschile classico, cioè una delle cose super interessanti, almeno per me molto seducenti, dei femminismi è che le donne si stanno salvando da sole, si sono salvate da sola in 1000 contesti, si stanno salvando da sole, stanno facendo da sole, cioè le donne stanno facendo tramite femminismi delle cose che la maggior parte dei maschi non sta neanche capendo. Ma loro stanno facendo la rivoluzione femminista, è enorme, gigantesca e non si è svolta perché dei maschi hanno aiutato le donne. Decisamente no, è proprio il contrario. Quindi secondo me rimpicciolisce un po’ il focus. Il tentativo di dire sono un uomo femminista, faccio l’alleato, secondo me ci sono cose interessanti che dobbiamo fare come uomini sul maschile dall’interno. Ovviamente secondo me sposando completamente i valori femministi però non è detto che tutto debba rimanere dentro al perimetro femminista è possibile perché il femminismo non è stato costruito per noi, almeno per ora, è così. Quindi la cosa che sto scoprendo che è molto fertile anche quando mi trovo in dialogo con persone femministe, in un dialogo in contesti femministi in cui anche si parla di femminismo, la cosa interessante è che aumentando la mia conoscenza sulle dinamiche del genere maschile i dialoghi con la conoscenza femminista diventano molto più sviluppati, molto più interessanti, cioè io da uomo che si occupa di questioni di genere voglio riuscire a dire delle cose che una donna non potrebbe dire, perché io porto una mia esperienza maschile che è proprio mia e tra l’altro anche in questo senso si può ancora prendere spunto dai femminismi, dalla pratica femminista, del partire da sé perché noi siamo abituati a pensare al maschile come un layer neutro sulla società, come siamo abituati a pensare agli uomini come spersonalizzati come gruppo sociale dei maschi. Quindi riuscire a dire no, io mi localizzo qua, io sono questo uomo, ho fatto questo percorso, questa specificità, questi problemi e queste gioie ti permette un po’ di spogliare meglio questo paradosso. E invece se tu prendi il ruolo generico dell’uomo femminista rischi, non dico per forza, ma c’è un rischio di riproposizione di una serie di dinamiche che non ti porteranno veramente a capire come funzioni tu ma ti porteranno a rispondere a uno stimolo, perché il femminismo dava tantissimi stimoli ai maschi, io li chiamo stimoli qualcuno può chiamarli trigger, cioè anche cose per cui i maschi si arrabbiano ma sono tantissime stimolazioni e quindi è facile per un maschio oggi rispondere alle stimolazioni positivamente o negativamente. Secondo me è più interessante non dare una risposta, ma costruire una proposta strutturata, rotonda, con uno sguardo lungo una prospettiva maschile alle questioni di genere, in complesso dialogo con i femminismi, per me per forza di cose, però appunto io credo che abbiamo bisogno di altra conoscenza per noi.”
Joe Casini: “Beh Claudio, allora intanto ti ringrazio stiamo arrivando alla parte conclusiva del podcast. Ti ringrazio per aver fatto in insieme questo questa chiacchierata, come ti dicevo, questa è una riflessione che volevo da tempo fare e in questi anni c’era da capire un po’ come si poteva abitare questo spazio e il lavoro che stai facendo tu all’osservatorio maschile è sicuramente un punto di riferimento in questo senso. È tutta una tematica da esplorare e magari ci rincontreremo presto per vedere come si sta evolvendo questo discorso. In conclusione, ci sono due momenti del podcast: uno è nuovo e uno è storico dalla primissima puntata. Il momento nuovo è un momento che nasce come puramente egoista da parte mia di cui poi beneficiano tutti gli spettatori che è il momento dei consigli di lettura, visione, ascolto. Approfitto di questo spazio visto che ho la fortuna di chiacchierare con persone straordinariamente interessanti per farmi consigliare un libro/un film/un podcast.”
Claudio Nader: “Su questo tema consiglierei tre libri: ‘invisibili’ di Caroline Criado Perez, uno è ‘il nudo maschile’ di Leonardo Iuffrida Libro bellissimo che passa in rassegna. Tutto il modo in cui l’immagine maschile è stata raccontata e percepita nell’ultimo secolo e mezzo ed è illuminante. E ‘uomini duri’ di Maria Giuseppina Pacilli, che è un ottimo punto di entrata nel mondo dei men studies è un libro divulgativo che fa capire tantissime cose, parla di salute mentale, di corpo, di alimentazione, di tantissime cose dal punto di vista maschile.”
Joe Casini: “A questo punto c’è il momento della domanda tra ospiti. Il primo ospite è Alessandro Sahebi, giornalista e si occupa di questioni legate al reddito, al capitalismo e quindi in generale alla distribuzione della ricchezza nelle nostre società. Il secondo ospite che ti propongo è Antonello Giannelli, presidente di NP che è il sistema di rappresentanza dei dirigenti scolastici, quindi con lui abbiamo parlato di scuola e di educazione, quindi di come si sta evolvendo negli anni questa realtà. Il terzo ospite che ti propongo è Mauro Ceruti che è stato tra l’altro l’ospite con il quale abbiamo cominciato questa avventura perché filosofo e professore ed è il principale filosofo in Italia a proposito di complessità. Con lui abbiamo proprio battezzato il podcast per parlare appunto di complessità. Claudio di questi tre ospiti qual è quello che ti incuriosisce di più?”
Claudio Nader: “Mauro Ceruti.”
Joe Casini: “Quindi andiamo Proprio sui mostri sacri, bene, allora la domanda che ha lasciato Mauro è posto che uno degli aspetti cardine della complessità è che le relazioni vengono prima degli oggetti; quindi, quando parliamo di qualcosa il modo migliore per descrivere e vedere tutto ciò che è in relazione con quella cosa. La domanda che ha lasciato è: cosa vuol dire essere in relazione?”
Claudio Nader: “Suppongo che essere in relazione con qualcuno o con qualcosa abbia a che fare con l’essere nel mood di lasciarsi anche cambiare da quella cosa o quella persona, è essere pronti anche a vedere se stessi riverberati nell’altra cosa o nell’altra persona. Cioè una relazione, secondo me, è qualcosa che fa sì che due item, due entità diverse, vivano livelli di compenetrazione tra loro. Questo forse ha a che fare con l’essere in relazione.”
Joe Casini: “Siamo davvero in relazione, come dicevi tu, quando siamo disposti a cambiare. Mi sembra una riflessione perfetta sia per chiudere la puntata di oggi sia per fare una riflessione su quanto è importante il modo in cui stiamo insieme che di questi tempi è un tema particolarmente attuale. A questo punto è il tuo turno, puoi lasciare una domanda per gli ospiti delle prossime puntate.”
Claudio Nader: “Mi sono venute in mente due domande: una un po’ scema e una seria. Mi viene in mente così, perché è un tema che mi torna sempre in mente, ma per quale motivo quando Gli esseri umani cominciano a invecchiare si trovano sempre a pensare che quando loro erano giovani il mondo era meglio? Questa è una roba che mi fa impazzire sempre.”
Joe Casini: “questa ha a che fare ancora una volta con il cambiamento, è una frase che si sente spesso dire.”
Claudio Nader: “Se tu vai indietro nei secoli trovi tantissimi scritti di tantissime persone in là con l’età che dicevano che il mondo è corrotto e prima era meglio.”
Joe Casini: “Questa domanda qui esce spesso quando si parla con chi ha fatto il 68 e quindi c’è questa immagine di quello che è stato un periodo che ha dato una spinta enorme ma al tempo stesso aveva anche delle contraddizioni che noi abbiamo iniziato a superare soltanto dopo e che ancora non abbiamo superato quindi in realtà condivido che questa visione nostalgica per alcuni versi ci fa vedere in maniera distorta quelli che possono essere stati dei passaggi storici.”
Claudio Nader: “Secondo me ci fa anche essere meno curiosi riguardo al presente. E continuiamo a pensare che le cose belle sono già successe. Le cose belle sono successe, ma ne succederanno ancora tantissime e le facciamo succedere anche noi.”
Joe Casini: “Io direi che con questo bellissimo spunto possiamo chiudere la puntata. Intanto ti ringrazio per essere stato qui questa domenica, ringrazio voi che, come al solito, ci avete ascoltato e vi do appuntamento tra due settimane per la prossima puntata di mondo complesso. Buona domenica a tutti.”