Con la filosofa Gloria Origgi parliamo di due grandi concetti filosofici, conoscenza e verità, e di quale ruolo ha avuto Internet nel cambiamento del nostro rapporto con il sapere.
Joe Casini: “Buongiorno e benvenuti ad una nuova puntata di Mondo Complesso. Puntata molto particolare, oggi avremo con noi Gloria Origgi, per prima cosa benvenuta!”
Gloria Origgi: “Buongiorno e grazie dell’invito.”
Joe Casini: “Gloria è direttrice di ricerca al centro nazionale di ricerca scientifica a Parigi e insegna alla scuola di studi superiore scienze sociali, è autrice oltre che di molte ricerche anche di alcuni libri che parlano di conoscenza, verità, quindi oggi parleremo di uno dei temi apicali del nostro sapere. Partirei subito con quella che chiamiamo la domanda semplice: cos’è la conoscenza?”
Gloria Origgi: “Questa sarebbe la domanda semplice? Chissà quali sono le tue domande difficili. Nella definizione classica filosofica di Platone, cosa distingue una conoscenza da un’opinione o da una credenza qualunque? Io posso credere a molte cose senza conoscerle, posso credere che la Terra sia rotonda senza sapere perché è rotonda. Una conoscenza è una credenza vera e giustificata. Credenza vera vuol dire che qualcosa nella mia testa è connessa con il mondo da una relazione molto particolare che è la relazione della verità. Io so che c’è un computer davanti a me perchè c’è una connessione attraverso la percezione tra il mio pensiero che ho un computer davanti e il computer. Quindi vera se c’è una connessione tra me e l’oggetto sul quale credo qualcosa. Giustificata se sono capace di articolare le mie ragioni, per esempio dire a te ‘credo di avere un computer davanti agli occhi perché effettivamente i miei occhi stanno percependo un computer’. Quindi ci sono due aspetti della conoscenza: verità e giustificazione. Per esempio una prova matematica è vera se so giustificarla, nel senso se ho una dimostrazione. Per conoscere qualcosa possiamo conoscere per illuminazione però questi tipi di conoscenze non valgono nello spazio pubblico, quello che vale nello spazio pubblico è quello che sappiamo articolare con ragioni, che sappiamo giustificare e che è connesso al mondo in un modo appropriato, cioè attraverso delle relazioni di verità. Quindi la conoscenza è una sottoparte, un sottoinsieme delle nostre credenze, noi crediamo ad un sacco di cose, io credo che E=mc^2, che è una formula di Einstein, conosco la teoria della relatività? Francamente no, ho questa credenza nella testa ma non sarei assolutamente capace ad articolare a te il perché E=mc^2. Abbiamo tantissime credenze nella nostra testa e un sottoinsieme di queste sono conoscenze in quanto vere e giustificate.”
Joe Casini: “Abbiamo subito rotto il ghiaccio con la domanda semplice. Per andare avanti devo fare un passo indietro. Tu sei filosofa e una domanda che ti volevo fare da tempo è: il filosofo non è un lavoro/mestiere che da bambino dicevi di voler fare. Tu da bambina cosa volevi fare?”
Gloria Origgi: “La suora, perchè avevo una famiglia estremamente anti-religiosa ed atea, quindi per far venire il nervoso a mia madre e mio padre avevo deciso che avrei fatto la suora, poi ho cambiato mestiere. Sono arrivata alla filosofia un po’ per caso, grazie ad un ottimo professore di filosofia al liceo a Milano e quelli sono incontri importanti, questo professore che poi scoprii che era un prete spretato, quindi ritornava la storia della suora, era un uomo molto intelligente e mi ha insegnato il divertimento della filosofia. La filosofia non è solo studiare libri noiosi, vecchi, scritti in un linguaggio incomprensibile, ma è anche una forma di pensiero critico, una cosa che in Italia si fa poco, all’estero si fa di più, sviluppare skills di capacità di critica e di obiezione a quello che ti viene detto. Lui faceva un po’ questo metodo socratico di insegnarci a dialogare in modo critico, non accettare in modo acritico, come facciamo spesso purtroppo, quello che ci viene detto o che leggiamo sui giornali ma cercare di metterlo in discussione. Questa apertura al pensiero critico mi è sembrato che mi avrebbe potuto dare una qualità del pensare, di lucidità superiore, una skill non solo per fare l’accademica ma anche anche una skill professionale che non trovavo in nessun altro percorso universitario, almeno ai miei tempi. Mi sono laureata a Milano in particolare in logica per sviluppare queste capacità di avere un’attenzione critica al pensiero, se tu mi fai un argomento che non sta in piedi perché dalla premesse non segue la conclusione, avendo studiato logica essendo raffinata in questo modo di pensare posso obiettarti ‘no, mi dispiace ma il tuo argomento non regge’. Dopo la laurea ero a Milano e lì non resta disoccupato nessuno quindi ho trovato lavoro due giorni dopo essermi laureata con un annuncio sul giornale e ho visto che anche in un’azienda in cui lavoravo potevo esercitare queste competenze, non ero priva di mezzi, la filosofia non è solo un grandissimo arricchimento culturale ma ti da anche delle skills professionali, poi ho vinto un dottorato in Italia e ho fatto una carriera accademica che mi piace molto, tra l’altro sono al CNRS che è l’equivalente del CNR italiano, faccio più ricerca che insegnamento.”
Joe Casini: “Tra l’altro il tuo lavoro, che è molto interdisciplinare, se non ricordo male in un’intervista raccontavi che uno dei motivi per cui ti sei spostata all’estero è anche una diversa sensibilità.”
Gloria Origgi: “Sicuramente, il problema dell’università italiana che è ottima è che ti specializza molto presto e poi resti in quella specialità che hai fatto, anche oggi che c’è il 3×2, il triennio e poi la magistrale, è molto difficile fare un triennio di fisica e poi una magistrale di filosofia o un triennio di economia e una magistrale di fisica etc., tipicamente resti 5 anni sulla stessa materia e oggi questo, secondo me, non è più possibile nel senso che io trovo che le competenze trasversali dovrebbero essere sviluppate subito dal primo ciclo universitario perché i problemi, come giustamente dicevi, sono complessi e una disciplina sola non ti basta, infatti il mio master l’ho fatto in scienze cognitive, poi ho fatto un dottorato in epistemologia e poi è arrivato internet e mi sono di nuovo rimessa a studiare per capire cosa stava succedendo, Internet è stata una delle rivoluzioni più importanti. Oggi per capire certi fenomeni complessi c’è bisogno di molta interdisciplinarietà che in Italia non si pratica ancora più di tanto è un po’ punita nel senso che quando si ha una formazione si cerca di andare da un’altra parte si è un po’ penalizzati ed è stata una delle ragioni per cui ho fatto una carriera più internazionale, più all’estero.”
Joe Casini: “A proposito dei tuoi lavori ho letto un tuo paper che si apriva con una citazione di Hayek che diceva ‘la civiltà si basa sul fatto che tutti beneficiamo di una conoscenza che non possediamo’ quindi la domanda che ti volevo fare è: cosa significa possedere una conoscenza? Come si possiede la conoscenza?”
Gloria Origgi: “La citazione di Hayek vuol dire che ci stiamo rendendo conto sempre di più che la conoscenza è un’impresa collettiva, quello che ha ossessionato i filosofi soprattutto quelli moderni, è questa specie di autismo cognitivo, nel senso noi siamo nella nostra testa percepiamo il mondo intorno a noi e da queste percezioni e dalle inferenze che sappiamo fare all’interno della nostra testa arriviamo a delle conoscenze che sono vere e robuste. Ora ci rendiamo conto che la maggior parte delle cose che conosciamo possiamo dire che le conosciamo perché c’è qualcun altro nella società interconnessa in cui viviamo che le conosce. Io posso dire che so, sapere è un vero epistemico, che la Terra è rotonda perché mi appoggio sul fatto che sono cosciente che esistono risultati in fisica, astrofisica e geologia che mostrano che la Terra è rotonda. Ho una giustificazione che non è nella mia testa, ma che è nella società che distribuisce il lavoro cognitivo quindi una società di esperti, ma è una giustificazione a cui mi appoggio, se non fosse distribuita in questo modo la conoscenza sarebbe un’impresa disperata nel senso che quello che noi possiamo conoscere in prima persona attraverso i canali classici della conoscenza che sono la percezione, i sensi, e le inferenze, la capacità di ragionare, la nostra conoscenza sarebbe limitatissima. Oggi questa cosa è diventata esponenziale, ci siamo resi tutti conto che Internet crea un fenomeno di intelligenza collettiva che fa progredire la conoscenza ad una velocità e ad una modalità che è molto diversa da quella che i filosofi tradizionali hanno dipinto. Internet è capace di produrre anche una stupidità collettiva che è altrettanto impressionante. Nel mio lavoro ho cercato di comprendere come queste nuove forme di intelligenza collettiva ma anche di stupidità collettiva si organizzano, qual è il design appropriato del sapere collettivo che permette alla gente di conoscere e quali sono i design che invece provocano una specie di disastro cognitivo per cui la gente non sa più niente, non si fida più neanche di quello che sapeva senza internet. Questo è stato un po’ il focus del mio lavoro, molto basato sulla nozione di Hayek che la conoscenza non è un fatto individuale ma è un fatto collettivo, per esempio il dialogo crea qualcosa che è un nuovo prodotto cognitivo che è differente sia da quello che c’è nel tuo cervello sia da quello che c’è nel mio cervello.”
Joe Casini: “Questo mi fa venire in mente una cosa che diceva Alessandro Vespignani in una delle puntate scorse, soprattutto in Occidente abbiamo questa visione romantica dello scienziato, come uno che ha un lampo di genio e scopre una grande verità, poi in realtà, certo il talento fa sì che ci arrivi un po’ prima rispetto ad altri, se non lo faceva una persona in un dato momento magari la faceva un’altra persona qualche anno dopo, quindi in realtà ci perdiamo di vista quanto siamo tutti dentro questi processi di creazione e conoscenza. A proposito di internet, che impatto ha avuto in tutti questi anni secondo te?”
Gloria Origgi: “Uno degli impatti principali è stato quello di scuotere alla base tutte le istanze di autorità intellettuale, epistemica, culturale, politica che avevamo precedentemente. La cultura è uno strano oggetto fatto di miriadi di credenze, di rituali, di rappresentazioni che tipicamente in ogni epoca è filtrato da un numero di autorità che in gergo filosofico si potrebbero chiamare autorità epistemiche, gli esperti in fisica filtrano tra tutto quello che si crede nella fisica le cose che vanno tenute come buone. Gli esperti in editoria filtrano chi è pubblicabile. Le università filtrano il sapere che deve entrare in un curriculum. Abbiamo questi grossi sistemi di filtraggio che hanno una loro reputazione e il grande pubblico si fida della reputazione di una buona università, della reputazione di un buon giornale per considerare quella un’autorità epistemica che è in grado di trasmettere sapere. Internet ha scosso questa struttura gerarchica della distribuzione delle conoscenze e all’inizio l’ha scossa in modo positivo, tagliando i costi in modo spettacolare dei filtri per esempio avere accesso alle pubblicazione scientifiche è molto complicato, bisogna essere ricercatori, il grande pubblico non ha accesso e a quell’epoca militavamo tutti nei movimenti di Open Access, quindi tutti noi giovani ricercatori abbiamo cominciato a mettere a disposizione i nostri lavori, non solo i lavori di filosofia che poi in fondo non frega niente a nessuno, ma gli astrofisici, quelli che lavorano sulla biologia, abbiamo cominciato a metterli in archivi aperti perché tutti potessero avere accesso. C’è stata una scossa istituzionale e politica, scuoteva anni e secoli di privilegi per cui soltanto certe università molto ricche che si potevano pagare gli abbonamenti alle riviste scientifiche più prestigiose avevano accesso a quel tipo di sapere, le altre università non avevano questi accessi, di colpo tutta la loro cultura veniva azzerata e messa allo stesso livello con accesso libero. Quindi c’è stato un grande empowerment e poi ci sono stati esperimenti estremamente riusciti, quello che è sopravvissuto e lo citiamo tutti è Wikipedia che ha permesso di dare una conoscenza di qualità al mondo intero e di scuotere anche lì le autorità delle varie enciclopedie britanniche. Mi ricordo che c’era un bell’articolo su Nature, nei primi anni 2000, avevano fatto uno studio in cui dimostravano che Wikipedia era altrettanto affidabile di quanto lo fosse l’enciclopedia britannica. Un grosso scossone alle gerarchie di autorità culturale poi sono venuti i blog quindi scossone al giornalismo. Questo entusiasmo libertario si è un po’ spento con l’arrivo dei social network, che non erano iniziative come Wikipedia, comunitarie, solidali, ma erano iniziative commerciali che hanno iniziato ad orientare la parola, le opinioni, i modi di accesso a chi dice cosa, in modo tale che si è creato, a partire dalle rivoluzioni arabe del 2011, un’enorme disordine, non solo cognitivo ma anche politico-sociale. Dal 2011 al 2016 abbiamo visto dalle rivoluzioni arabe alle elezioni di Trump alla Brexit, quanto i social network potevano essere deleteri non solo per la nostra cognizione ma anche per le conseguenze delle nostre cognizioni, cioè l’azione politica e sociale.”
Joe Casini: “Questo non è un po’ un paradosso in qualche modo, noi siamo passati da un momento in cui abbiamo avuto accesso a tantissima informazioni, i saperi che ci erano preclusi su un modello basato sulla reputazione e paradossalmente ci siamo dimenticati la reputazione, cioè mi arriva una reputazione da chi mi arriva? Oggi su internet è tutto livellato, com’è possibile?”
Gloria Origgi: “In realtà nella conoscenza bisogna sempre guardare il design. Io sono milanese, quindi sono molto attenta al design. Come si disegna un sistema di conoscenze? Chi sa cosa? Chi può dire cosa? Chi ha l’autorità su cosa? Esattamente come si disegna un sistema politico di decisione. Il design è molto importante perché cambia completamente il risultato. Il design di Wikipedia era una cosa fatta con certi valori. Il design incarna certi valori, di uguaglianza e di dialogo. I social network, il primo che ho iniziato a frequentare è stato Facebook nel 2007, non avevano nessun tipo di valore. Il valore numero uno di Facebook era crescere dal punto di vista dei numeri, aumentare le connessioni. Prendiamo il design di Facebook, i post non possono essere corretti da altri, possono essere commentati ma chi ha fatto il post può eliminare i commenti che non vuole. Quello cambia tutto perché tutti possiamo dire qualsiasi cosa sui social però non tutti sappiamo rispondere a un’obiezione, normalmente se qualcuno ti obietta ti da fastidio perché la pensa in modo diverso da te lo cancelli, lo unfriendly. Si è creato un sistema per ragioni fondamentalmente commerciali che è un sistema di autopromozione, privo di dialogo, non ti incoraggia al dialogo. Prima di pubblicare qualcosa su Wikipedia, sapendo che ti esponi a un miliardo di persone che possono prendere la tua voce che hai pubblicato e correggerla e quindi se hai scritto una cretinata ci fai un minimo di attenzione. Quindi c’è un comportamento virtuoso creato dal design. Wikipedia ha una struttura molto interessante si potrebbe fare una puntata solo su di lei, ha dei moderatori, ha una serie di norme, ha una specie di parlamento, speriamo che duri.”
Joe Casini: “In questi anni si è parlato tantissimo del capitalismo della conoscenza ed eravamo partiti come il capitalismo fosse basato sempre di più sulla conoscenza in qualche modo si è ribaltata la questione. Ora per capitalismo della conoscenza viene in mente l’impatto che il capitalismo ha su come produciamo conoscenza. Oggi tutti gli spazi li percepiamo come pubblici, i social vengono associati a una piazza, la differenza è che la piazza effettivamente è un luogo pubblico mentre i social sono spazi privati. Da questo punto di vista come vedi oggi e domani la traiettoria di questo processo?”
Gloria Origgi: “Come ti ho detto io penso che internet sia una rivoluzione che è equivalente all’importanza del passaggio dal paleolitico al neolitico o l’invenzione della scrittura. La scrittura quand’è stata creata per i primi 2000 anni è servita per transazioni economiche su delle tavolette di argilla, dopodiché ha cominciato ad essere usata per fini completamente differenti, non solo amministrativi ma anche fini letterari. Internet è un’invenzione di 20/30 anni fa, se uno pensa che i social di oggi siano la forma che internet prenderà per il resto della storia è impossibile. Questa è una specie di degenerazione dovuta a delle forme di capitalismo ultraliberale, dovuta a degli errori di non controllo di certi monopoli. Ha delle contingenze storico-politiche e io mi immagino che tra 10 anni internet sarà una cosa completamente differente come sono abbastanza vecchia da aver visto il secondo internet. Adesso abbiamo l’arrivo dell’intelligenza artificiale, mi immagino che sarà una cosa completamente diversa però se fossi io che sviluppo quello che succede sarebbe fatto in un certo modo, bisogna vedere come va la politica, non dimentichiamo che internet si è potuto sviluppare negli anni 90 grazie a il vice presidente degli Stati Uniti Al Gore, i giovani non se lo ricordano neanche, era una grandissimo visionario sia sulle nuove tecnologie sia sull’ecologia e quindi avremmo un mondo molto diverso se nel 2000 avesse vinto Bush. Al Gore negli anni ‘90 ha deciso di non rendere privatizzabili tutti i parametri di connessione di internet, nessuno possiede http, nessuno possiede TCP/IP, sono i parametri di connessione che ti permettono di far comunicare o una pagina con l’altra o un computer con l’altro, tutto quello che ci permette la connettività, non è proprietario, non è di nessuno. I francesi dicono sempre di aver inventato tutto prima degli altri, effettivamente negli anni ‘80 avevamo inventato una cosa che si chiamava minitel, dal punto di vista tecnologico era esattamente internet, perchè non è diventato internet? Perché era posseduto dalla telecom francese, i parametri di accesso ce li avevi solo chi era cliente, quindi poi è scomparso. è per quello che bisogna stare attenti a chi si elegge, perchè quello che diventa internet dipende anche da chi sarà al potere, da tante variabili. Certo questa è una fase completamente provvisoria, abbiamo conosciuto una fase esplosiva negli anni 2000 di enorme diffusione delle conoscenze rimessa in questione delle autorità che ha fatto bene alle menti della gente e poi abbiamo conosciuto una fase privata di monopolio, di capitalismo selvaggio digitale, è una fase regressiva, io che sono un’ottimista di natura penso che avremo una fase di nuovo però bisogna avere i dirigenti di una nuova generazione che capiscono l’impatto.”
Joe Casini: “Considerando che stiamo andando in chiusura, però un paio di domande ancora devo necessariamente fartele su questo tema, stavamo parlando un po’ di internet, di come la politica ha avuto un impatto sul suo sviluppo e chiaramente non posso non farti la domanda: come vedi tu l’intelligenza artificiale? Che è la nuova grande sfida anche al modo in cui costruiamo il nostro sapere, stiamo iniziando a dare in outsourcing alla tecnologia il modo in cui creiamo e diamo significato alle informazioni.”
Gloria Origgi: “L’intelligenza artificiale è sicuramente la grande sfida sulla conoscenza di adesso: prima cosa è una sfida personale perchè bisogna vedere se gli accademici resisteranno all’intelligenza artificiale o ci mandano tutti a casa e fanno fare i libri direttamente da Chat GPT. Anche lì trasformazione pazzesca, messa in questione dell’autorità cognitiva degli esperti, se oggi un medico deve diagnosticare qualcosa su una radiografia se possiede un programma di intelligenza artificiale che è capace di confrontare in 10 secondi 1 milione di radiografie sulla stessa condizione, l’intelligenza artificiale è più forte. Oggi esistono programmi gratuiti di traduzione, come Deepl, e sono preoccupata per tutti i miei amici che fanno i traduttori, ogni giorno Deepl evolve posso pensare che tra 5 anni il lavoro di traduttore non esisterà più. Quindi, l’intelligenza artificiale cambia mestieri anche intellettuali non soltanto con la robotica di base ma a tutti i livelli. Produce forme di conoscenza che sono molto diverse da quelle che sappiamo produrre noi, è costruita su principi molto diversi ma ci apre anche delle speranze incredibili, nel senso che oggi l’intelligenza artificiale è costruita attraverso reti neurali che sono molto diverse dalle reti neurali biologiche che però ci aiutano a capire meglio le reti neurali biologiche. Visto che il grande mistero scientifico ancora oggi è il nostro cervello, cioè cosa ci passa per la testa, dove si mettono le credenze che abbiamo, perchè i vari guru ti dicono noi usiamo il 2% del nostro potenziale, chissà mai che l’intelligenza artificiale sia qualcosa che ci aiuti ad aprire le menti e capire come funziona il nostro cervello.”
Joe Casini: “Ultima domanda che ti faccio prima di andare in chiusura. C’è un tuo libro che si chiama ‘caccia alla verità’ dove c’è un passaggio che mi ha colpito moltissimo: viviamo in un mondo di post verità, dove il concetto di verità è superato, c’è un concetto sempre più relativista delle conoscenze e tu dici che questa cosa non è vera, non è vero che viviamo in un momento in cui la verità non esiste più. Cosa intendi?”
Gloria Origgi: “Nel senso che io non credo in un’età dell’oro in cui la verità trionfasse dovunque, siamo a stento usciti dall’analfabetismo. Prima della seconda guerra mondiale in Italia c’era il 70% della popolazione che era analfabeta, pensiamo la possibilità di accesso alla verità com’è aumentata. Pensare che ci sia stata un’età dell’oro dove non c’erano politici che facevano propaganda, dove c’era la Chiesa che faceva propaganda tutto il tempo ed oggi ha molta meno influenza sulla lucidità dei cittadini. Quindi, la post verità non è una condizione nuova dal punto di vista cognitivo, siamo sempre stati in situazioni in cui la verità era sempre in mano a pochi. Quello che io penso si voglia dire con post verità oggi è che dal punto di vista politico chi fa politica, in modo sbagliato, si rende conto che non c’è bisogno della verità per convincere i cittadini, è dimostrato scientificamente che i vaccini permettevano di salvare vite durante il Covid e i rischi dei vaccini, è dimostrato anche lì, che sono minori ad esempio la trombosi per un vaccino è minore il rischio rispetto a una trombosi per un viaggio transoceanico. Il fatto che fossero vere non ha avuto nessun impatto sulla possibilità di far credere l’opposto a molti dei cittadini. è cambiato il ruolo della verità, non è che non c’è più però è diventata una nozione politicamente complessa, quindi bisogna saperla usare, non pensare che sia uno stato di illuminazione permanente ma è un processo complicato che ha delle implicazioni politiche che rimanda alla fiducia che noi facciamo a certi tipi di expertise e perché ci fidiamo di quegli esperti e non di altri e quali sono le procedure che ci permettono di dire ‘si questo è vero anche se non capisco la virologia’ e quindi una nozione politicamente complessa che probabilmente dovrà diventare una nozione politica come la libertà e la giustizia, ci dovrà essere un diritto alla verità, quindi sanzioni pesanti per chi dice il falso e limitazione del numero di bullshit che si possono dire.”
Joe Casini: “Una delle costanti di queste puntate è che gli ospiti hanno sempre un atteggiamento ottimista, anche tu durante la puntata l’hai più volte espresso rispetto al futuro e agli sviluppi, come è una costante il fatto che concludiamo con la domanda tra gli ospiti. In questa terza stagione c’è una novità: prima di questa domanda ho aggiunto un momento molto egoista da parte mia in cui chiedo agli ospiti un consiglio di un libro/film/podcast?”
Gloria Origgi: Ti consiglio un libro per mettere in discussione un po’ il mondo dove siamo. Si chiama ‘L’origine di tutto’ di David Graeber e David Wengrow. Graeber era un antropologo anarchico. è una storia dell’umanità che rimette in discussione tutta questa nostra visione che c’è una linea dritta, che le cose possono andare in un solo modo, che c’è una retta che va da certe esperienze di società nel pleistocene fino alle società industriali che è un po’ la cosa che mi innervosisce in generale delle visioni anche di uno come Arari in ‘Sapiens’. E mostra delle ricerche tutte nuove, archeologiche e antropologiche, come tantissime forme di società, cooperative, non autoritarie esistevano già nell’antichità, parliamo degli albori del neolitico. Questo è molto interessante anche legato al discorso che facevo prima su cosa sarà internet nel futuro, non pensiamo mai che il presente ci dica cosa sarà il futuro. Il futuro si può costruire in modi diversi, se c’è una cosa bella nello studiare filosofia è scoprire che gli esseri umani hanno una capacità di inventiva e di differenti forme di espressione che è praticamente infinita. Non crediamo di essere costretti al mondo come lo stiamo vivendo adesso. è un libro liberatorio ed illuminante.”
Joe Casini: “Io intanto il consiglio me lo porto a casa e sicuramente anche gli ascoltatori ne avranno approfittato. Arriviamo al momento di chiusura che è la domanda tra gli ospiti. Gli ospiti che ti propongo sono Giuseppe Riva, psicologo e si occupa soprattutto di rapporti con la tecnologia. Luca Romano, fisico e si occupa di divulgazione sul tema dell’energia nucleare. Massimo Cerulo, sociologo che insegna a Napoli con cui abbiamo parlato di capitalismo emotivo. Chi ti incuriosisce di più?”
Gloria Origgi: “Il capitalismo emotivo.”
Joe Casini: “La domanda che Massimo ha lasciato è: cosa significa secondo te restare in silenzio nella società digitale?”
Gloria Origgi: “è una bella domanda ma risponderei così: la società digitale, della fase dei social network, è stata un’illusione collettiva di avere parola. In realtà, penso sia una società che ci ha ridotti in silenzio. Cosa vuol dire restare in silenzio nella società digitale? perder tempo su Facebook, Instagram etc. perché siamo completamente silenziosi, sono delle strutture che si dicono aristocratiche, cioè sono strutture dove chi è ricco diventa più ricco, effetto San Matteo, rich get rich, quindi in realtà il tuo post che likano 7 amici è silenzio puro. La gente è sotto un’illusione cognitiva pensando di essere sentito e la sua visibilità è zero. Il silenzio nell’età digitale l’abbiamo raggiunto, siamo in un’era di silenzio.”
Joe Casini: “vuoi lasciare anche tu una domanda per gli ospiti delle prossime puntate?”
Gloria Origgi: “Volentieri. Perché in una società in cui il sapere è accessibile per tutti ed è ovunque ci sembra di sapere sempre meno?”
Joe Casini: “Bellissima. Il tempo è volato, ti ringrazio tantissimo per essere stata con noi.”
Gloria Origgi: “Grazie a te.”
Joe Casini: “è stata una chiacchierata super interessante. Io do appuntamento tra due settimane a tutti quanti con una nuova puntata del podcast e vi auguro una buona domenica.”