Da sempre cerchiamo di definire noi stessi in relazione agli altri. La nostra capacità di cooperare in grandi gruppi, basata su storie condivise e miti collettivi, è ciò che ci ha permesso di costruire imperi, città e culture.
Le tribù sono emerse come una necessità evolutiva. I nostri antenati primordiali vivevano in piccoli gruppi, e la coesione tribale era essenziale per la sopravvivenza. All’interno di queste “reti locali”, gli individui si proteggevano a vicenda, condividevano risorse e affrontavano insieme le minacce esterne. Si trattava di reti piccole e molto dense, il che garantiva che le informazioni e le risorse potessero essere condivise rapidamente e in modo efficiente all’interno del gruppo, costituendo così un chiaro vantaggio evolutivo.
Con l’avvento dell’agricoltura e la nascita delle prime civiltà, le dimensioni delle comunità umane crebbero esponenzialmente. Tuttavia, il concetto di tribù non scomparve, ma si trasformò. Le città-stato, i regni e gli imperi possono essere visti come grandi “hub”, estensioni amplificate delle tribù originarie, con una complessa rete di identità, miti e narrazioni condivise che univano insieme grandi popolazioni. Le grandi religioni e mitologie hanno agito come “super-tribù”, unendo diverse comunità sotto un unico sistema di credenze e pratiche. Questi sistemi di credenze hanno trasceso i confini geografici e politici, creando legami tra persone che non si erano mai incontrate, ma condividevano valori e storie comuni.
Con l’avvento dello stato-nazione nel periodo moderno, la tribù ha assunto una nuova forma: il nazionalismo. Questa potente identità collettiva ha unito milioni di persone sotto la bandiera di una nazione, con una lingua, una cultura e una storia condivise, elementi che sono diventati identitari molto più recentemente di quello che crediamo. Il nazionalismo ha spesso avuto un doppio taglio: mentre ha creato un forte senso di appartenenza e solidarietà all’interno delle nazioni, ha anche alimentato conflitti e rivalità con “altri” esterni, creando “sottoreti” chiuse e polarizzate.
Nell’era digitale contemporanea, con l’avvento dei social media e delle comunità online, il concetto di tribù si è ulteriormente evoluto. Ora le persone possono formare “tribù virtuali” basate su interessi, passioni, ideologie o qualsiasi altra affinità, indipendentemente dalla geografia. Tuttavia, mentre queste comunità online possono promuovere l’inclusività e la comprensione, possono anche portare a camere dell’eco e polarizzazione.
Ecco, nel mondo globalizzato di oggi, le antiche storie tribali si scontrano con le realtà di una rete interconnessa di culture, idee ed economie. La solidarietà e l’empatia, due pilastri su cui si basa la nostra capacità di cooperazione, rischiano di essere confinate all’interno di confini nazionali o etnici, creando un senso distorto di “noi” contro “loro”.
La solidarietà e l’empatia per i propri concittadini sono nobili sentimenti, ma diventano problematici quando vengono usati per creare un “noi” esclusivo contro un “loro” demonizzato. Questo tipo di nazionalismo paranoico non solo mina i principi di tolleranza e apertura, ma ha anche gravi conseguenze per la coesione sociale, la democrazia e la pace. Il pericolo del nazionalismo paranoico non risiede tanto nella celebrazione della propria cultura o storia, quanto nel rifiuto e nella demonizzazione dell’altro. Questo tipo di narrazione può facilmente degenerare, minando le fondamenta stesse delle società democratiche e aperte.
Ma, come la storia ci insegna, non dobbiamo accettare passivamente queste narrazioni. Possiamo scegliere di scrivere una storia differente: una storia di inclusione, collaborazione e comprensione reciproca. La vera forza di una nazione, o di qualsiasi comunità, risiede nella sua capacità di celebrare la diversità e di garantire che ogni individuo, indipendentemente dalla sua origine, religione o status sociale, possa realizzarsi e contribuire al bene comune. In un mondo in cui le sfide globali, dal cambiamento climatico alle pandemie, richiedono soluzioni globali, non possiamo permetterci di ritirarci dietro muri di diffidenza e paura.
La trasparenza e la responsabilità, valori che sono alla base di qualsiasi società democratica, sono ora più importanti che mai. In un’epoca di post-verità e disinformazione, dobbiamo lottare strenuamente per preservare e rafforzare queste norme. Dobbiamo insomma riconoscere unità non significa uniformità. Se la nostra specie ha prosperato lo ha fatto grazie alla sua incredibile diversità e capacità di adattamento: celebrare questa diversità, pur rimanendo uniti nei nostri valori fondamentali, è la chiave per navigare le acque tumultuose di un mondo complesso.