Con Mick Odelli, imprenditore, cantante, content creator, divulgatore, trader e oggi esploratore, parliamo di equilibrio tra cambiamento e stabilità, di creator economy e di multipotenzialità.
Joe Casini: “Buonasera, eccoci alla puntata 48 del podcast di Mondo Complesso, nonché alla prima puntata dal vivo con il pubblico. è quindi un’occasione molto particolare, abbiamo parlato di tensione evolutiva, di cambiamento, per fare questa chiacchierata su questo tema avevo soltanto un nome in mente, una persona che di lavoro fa l’essere umano in perenne cambiamento, quindi mi sembrava perfetto per la serata. Vi chiedo di fare un grande applauso a Mick Odelli.”
Mick Odelli: “Ciao a tutti, grazie mille, mi ha costretto lui alla birra, io sono veneto e non bevo.”
Joe Casini: “Cominciamo questa chiacchierata dal vivo. Ho detto che te sei un essere umano in perenne cambiamento, questo ho visto che l’hai messo nella bio.”
Mick Odelli: “Perché non sapevo che altro mettere in realtà.”
Joe Casini: “Però ti sei fregato perchè ti ha portato a questa serata. Ho visto che sempre in bio hai scritto non sei mai uscito dalla fase dei perchè. La domanda che ti volevo fare è: perché?”
Mick Odelli: “Perchè sono curioso di tante cose. In verità, non è completamente corretta, io sono estremamente curioso però sto tentando di formarmi nonostante l’età oramai ad ascoltare perchè poi non sono un grande ascoltatore, sono un ascoltatore di esperienze ma non di persone. Questo nella mia vita mi ha fatto fare delle strade particolari, penso che sia uno dei motivi per cui ho vissuto tante esperienze perché non sono mai andato alla ricerca di un mentore, tante persone possono crescere sulle spalle di altri, io lo facevo con i film, con i libri ma poco con le persone, però avevo comunque questa voglia di esplorare la vita e quindi lo faccio più con il fare, cercando situazioni particolari.”
Joe Casini: “Parlando della fase dei perché, ti volevo fare una domanda. Mi viene in mente la fase in cui eravamo molto piccoli: che lavoro volevi fare da bambino?”
Mick Odelli: “Lì già c’era un problema, nel senso che volevo fare l’ingegnere elettrotecnico, non sapevo cosa volesse dire però il padre di un mio amico lo faceva. L’archeologo, il pilota, l’astronauta, il gelataio no stranamente, però tante cose e ho avuto questo problema fino alla fine del liceo tra l’altro, pilota di aerei di linea volevo farlo fino all’ultimo però tante cose per la testa che è un po’ il problema non solo mio ma so che parlo per molti di avere tante idee e poi non riuscire a concretizzare perchè hai tutta questa roba che ti gira per la testa e non riesci a verticalizzare, come è successo a te.”
Joe Casini: “Si infatti prima ne stavamo parlando in qualche modo di multipotenzialità, non so se è una parola che ti piace. La domanda che ti volevo fare è che rapporto hai avuto con la creatività, con la tua intelligenza, con la tua voglia di fare, questa tua curiosità come te la sei vissuta crescendo?”
Mick Odelli: Non era facile nel senso che in famiglia c’era questo bisogno di concretizzare io invece avevo le idee un po’ per aria da un certo punto di vista che poi non sono per aria in verità sto ancora esplorando ed è una delle fasi più importanti però non vengono riconosciute, neanche all’interno del mondo del lavoro. Quando parli della fase del brainstorming, cioè alla fine come esseri umani abbiamo bisogno di fare del brainstorming per capire che cosa fare e invece veniamo messi in situazioni di orientamento dove tu ti trovi già dalle medie al liceo, dal liceo all’università ad andare a quell’incontro perché parlano di quell’università di quel corso dice, vabbè, provo quello, provo quest’altro. È chiaro che tantissimi di noi li sono completamente allo sbaraglio, non so ancora cosa vogliono, per cui io ero poco consapevole del fatto che stessi di fatto facendo una cosa corretta, cioè stavo cercando di capire che cosa mi piacesse e ho sofferto molto. Perché la società, allora come oggi, non credo che sia cambiata molto da questo punto di vista e forza a prendere decisioni e ad avere un’idea chiara di qualche tipo. In verità questa cosa mi ha accompagnato per tutto il mio percorso, anche lavorativo, nel senso che io nel 2009 ho aperto una società che realizza ad oggi esperienze immersive, io oggi sono fuori, però realizza esperienze immersive su questa cosa altamente tecnologica, dove ambienti come questo diventano una foresta, si va sott’acqua, si cambiano gli stati mentali delle persone ci sono anche delle neuroscienze dietro in maniera abbastanza forte. In origine noi facevamo grafica 3D di architettura e le discussioni con mio padre erano mille. Io arrivavo da degli studi in Australia, quindi avevo una competenza negli special effects per il cinema e la applicavo all’architettura. Mio padre giustamente diceva ‘verticalizza, no? Questa cosa non ce l’ha nessuno, fai grafica 3D, fai i palazzi prima che vengano costruiti, fai le immagini dove si vedono prima’. Però io un anno o due poi mi sono rotto e poi abbiamo preso questa azienda che ci faceva fare i bagni in 3D quindi ho fatto cessi in 3D ed ero il più grande esperto di cessi 3D d’Italia e ho iniziato sempre ad evolvere. Questa cosa qua mi ha portato a continuare sempre, a non avere la goccia continua da un certo punto di vista, quindi Anche economicamente era dura, perché effettivamente noi abbiamo sempre questa, questa opinione del visionario come un punto di riferimento in un certo senso. Io nel mio ero un visionario, ma non è una cosa necessariamente positiva perché un visionario deve essere capace di stare anche nel presente. Io continuavo a vedere la cosa dopo, come una sorta di bambino viziato da un certo punto di vista. Ma in verità ero mosso dalla curiosità e quindi quando trovavo qualcosa che poteva funzionare nel momento in cui, abbiamo visto prima la curva degli adopters e poi la massa che lo prende, quando la massa era pronta per qualcosa, io ero già su qualcos’altro. La soluzione? Io l’ho trovata nella squadra e quindi nel momento in cui sei fatto così, tu vivi delle condizioni difficili, difficili come approccio a livello sociale con quello che la società ti dice che dovresti essere, ma tu puoi trovare qualcuno che sia o posto a te o complementare a te. Per cui quello che io dicevo, anche in azienda, tu lancia indietro e invece che andare nel cestino, c’è qualcun altro che sa cosa farne. E quindi questo è stata l’evoluzione nel tempo.”
Joe Casini: “Bell’immagine. Noi stasera abbiamo parlato a lungo di cambiamento. Hai già fatto riferimento a un po’ di cambiamenti nella tua vita, nelle varie cose che hai fatto. Hai fatto anche il cantante, quindi ti volevo domandare, che cosa cantavi?”
Mick Odelli: “La prima band era punk rock.”
Joe Casini: “Quindi hai fatto anche il cantante Punk Rock. La domanda che ti volevo fare è: finora qual è stato il cambiamento per te più significativo? Cioè di tutti questi cambiamenti qual è quello che più ha indirizzato la tua vita?”
Mick Odelli: “io non riesco a individuarne uno. Certamente il fatto di andare a vivere in barca e mollare tutto, più che altro questo era quello più forte, però quello che a me ispira di più e di cui mi piace parlare è della prima volta che per un mese sono andato ad agosto con la mia piccola barchetta a motore all’isola di Cherso in Croazia e ho fatto un mese da solo e li ho imparato a spese mie che non era facile stare da solo. Però questa cosa qua siccome io non so stare da solo mi ha portato ad analizzare molto me stesso, e ho ricevuto anche altri input in quel momento. Banalmente era il 2017, mi sono preso per il mondo delle cripto, il trading delle Crypto, indipendentemente da quello che si pensa e ognuno ha il proprio punto di vista su quel mondo, la cosa particolare era che quel piccolo spunto partito da un documentario su Netflix, oltre ad essere il primo video del mio canale Youtube, mi ha cambiato in un certo senso la vita. Nel senso che ho iniziato una nuova professione, che è quello del trader professionista per i cavoli miei, su cui poi ho fatto anche una scuola ma il punto particolare è che ho vissuto quel cambiamento surfando abbastanza in un momento in cui non avevo necessità di cambiare e questo secondo me è un punto molto cruciale che è il motivo per cui lo porta come esempio. Molto spesso noi ci troviamo a cambiare perché non sappiamo come fare però sei limitatissimo da interferenze interne ed esterne, la tua mente non è tranquilla, cioè ci sono altri modi di cambiare che spesso non consideriamo, perché quando stiamo bene quella zona di comfort ci protegge bene, quindi perché fare qualcosa di diverso, nella mia vasca da bagno con idromassaggio non mi sposto da qui. Io da questo punto di vista invece sono sempre stato molto propenso a stimolarmi nel momento in cui qualcosa inizia a ripetersi, cioè quando qualcosa funziona bene vuol dire anche che si sta iniziando a ripetere come una routine. Io, nel bene e nel male, perché sono anche risvolti negativi di questo, nella routine non ci so stare e quindi non appena le cose hanno iniziato ad andare bene io avevo bisogno di uno stimolo nuovo perché mi stavo annoiando. Questa cosa mi ha permesso di giocare con un nuovo input, quindi non costringermi a trovare un modo di scuotere la mia vita, ma semplicemente senza giudizio, quindi anche con meno bias forse e di altri situazioni mi sono trovato a esplorare un altro mondo che, partendo come hobby, è finito poi per diventare qualcosa di importante. E lo stesso è la stessa cosa accaduta l’anno dopo, ritornato in quell’isoletta, perché un po’ ci avevo visto anche un processo mentale interessante, in un contesto interessante è nato il canale Youtube. Per quanto sia un imprenditore, il canale Youtube non è nato come un progetto dove sapevo cosa fare è nato con io ad un bar con un quadratino vuoto che ho iniziato a mettere insieme le parole a cui sono più legato e alla fine ho detto ‘qui c’è comunicazione’, uno dei concetti principali, scambio con le persone, voglia di scuotere come mi sono scosso io su certe cose, mi viene da dire anche agli altri ‘guarda questa cosa che mi ha fatto impazzire’ e quindi ho iniziato a scrivere e da la è nato il canale Youtube.”
Joe Casini: “è la stessa cosa che ti ha portato a vivere in barca. Come si finisce a vivere in barca?”
Mick Odelli: “Io non vorrei neanche passare il messaggio che cambiare in ogni modo sia sempre solo positivo e non abbia altri risvolti. A volte si cambia perché c’è una routine. Come ho detto prima, a volte si cambia perché qualcosa stona. Nel caso mio, esplorando tanto concetti di filosofia di vita nel canale Youtube, di neuroscienze, di benessere personale, ho iniziato a fare un po’ più fatica a vivere, ad accettare certe certi valori sociali, per cui una delle cose più forti per me è stata il fatto di individuare nel concetto di casa/appartamento, quella cosa che fino a 10 anni fa era uno degli obiettivi principali, una gabbia arricchita, cioè se arriva dal mondo della ricerca, delle neuroscienze, quando si prende un animale e si fanno purtroppo esperimenti sugli animali c’è la gabbia, e c’è la gabbia che crea degli stimoli all’interno di quattro delle quattro mura all’animale. E lì ho fatto un parallelismo che forse ho sbagliato, forse esagerato, però dopo ho iniziato a vedere che sono quattro mura e quelle quattro mura sono una gabbia arricchita, e non sto agendo, non sto muovendomi, sto ogni giorno spostando certi obiettivi e perché non sto così male, ma allo stesso tempo è arricchita non solo perché c’è quel che vuoi, ma perché abbiamo i cellulari e così via. C’è una bellissima immagine, un meme che gira dove vedi due uccellini che arrivano alla finestra e guardano da fuori l’essere umano lì dentro che gironzola in tondo, e li dici ‘il concetto di libertà è un’altra cosa’. Per cui questo è semplicemente stato un input. Non è che io dica dovremmo tutti andare a vivere in barca o nei boschi però ho pensato proviamo un attimo a stimolarci in questo senso qua, a stare un po’ meno nei social e quindi per mare diciamo che il cellulare prende un po’ meno a crearmi una dinamica dove veramente cambiano tantissimo le variabili. Vendere tutto e andare a vivere in barca e per me è stato molto difficile, è un cambiamento di quelli esagerati, nel senso che a mio avviso purtroppo noi ci siamo annoiati dalla parola equilibrio, però in questo caso qua avere un piede con una qualche tipo di colonna portante da qualche parte e poi muoversi fuori la zona di confort, quella che viene chiamata zona di prossimità, è importante. Io li avevo mollato tutto e avevo troppe variabili, avevo fermato anche il canale Youtube, non avevo entrate, la barca costa, andare nelle marine, al tempo non ero autosufficiente, ho iniziato ad avere una serie di ansie che ho gestito bene, ma non è facile.”
Joe Casini: “In questo enorme cambiamento qual è il piccolo cambiamento a uno non pensa?”
Mick Odelli: “Parli del modo di vivere in barca?”
Joe Casini: “Sì”
Mick Odelli: “beh, una delle cose che è stranissima è che io porto molte persone nelle esperienze a bordo, no? E arriviamo a essere in 9 persone inmeno di 30 m quadri. La maggior parte della gente dice com’è possibile già da solo? Possibile. La barca per noi è un simbolo di libertà, ma tu lo puoi vedere anche in modo opposto per questo è importante la consapevolezza, la capacità di controllare il proprio pensiero perché essere in mezzo al nulla nel mare aperto, su 30 m quadri chiuso è la peggiore gabbia. Vista da un altro punto di vista con 9 persone a bordo in 30 m quadri, non c’è una sensazione di spazio ristretto o cioè è la prima cosa che avrei detto anch’io io se qualcuno che venga abitare a casa, cioè i miei spazi, è molto importante. Invece ho capito, come hanno capito anche quelli che sono saliti a bordo, che per qualche motivo, una volta in cui si creano delle dinamiche relazionali interessanti quelle cose passano in secondo piano e nello stare assieme, nel creare relazione, le altre persone non sono più un’invasione, anzi per assurdo si vanno a cercare e quindi la barca in verità ti da la possibilità di andare anche a prua da solo e avere i tuoi spazi e ti accorgi che in una settimana che facciamo a bordo noi abbiamo i nostri spazi personali, ma la cosa più assurda che andiamo in cerca l’uno dell’altro, dopo il secondo/terzo giorno andiamo tutti sul ponte e tentiamo di stare tutti assieme e inizia a essere una sorta di esigenza. Questa cosa qua mi ha fatto pensare tantissimo, che uno dei temi cruciali dell’essere umano, il concetto di di quanto siamo esseri relazionali, quanto le relazioni siano tutto da questo punto di vista.”
Joe Casini: “Tu sei passato da fare esperienze virtuali a queste esperienze molto reali. Ti sei creato questo osservatorio privilegiato sul rapporto che le persone hanno col cambiamento. Quindi la domanda che ti volevo fare è: cosa vedi da questo osservatorio privilegiato? quale rapporto abbiamo col cambiamento? E quali sono le resistenze che incontriamo?”
Mick Odelli: “La cosa che mi viene da urlare di più che è il motivo per cui faccio quello che faccio è di quanto ci riempiamo di cose perché non sappiamo stare nel presente questo è un argomento che ho in testa da molto tempo, ma soprattutto ultimamente sento forte. Io prima facendo installazioni immersive era un continuo portare persone a vivere situazioni e a un certo punto abbiamo fatto un’esperienza dove abbiamo iniziato a capire che una fase molto importante del cambiare lo stato mentale delle persone risieda sul fatto di creare dei momenti di disconnessione con i sensi, quindi deprivazione sensoriale. Ed è stato lì che ho deciso di fermarmi con quel tipo di lavoro, perché quello che avrei proposto nelle future esperienze sarebbe stato nulla. Mettici in un buio totale per un po’, perché il cortisolo e quindi tutta la parte anche chimica nostra, ci porta a un’attenzione sul presente molto interessante. E ad oggi questa cosa non accade più e riusciamo ad auto incastrarci perché a livello sociale siamo riusciti in modo perfetto a incastrarci in una sorta di ruota dove non solo non siamo più abituati a fermarci, ma quando ci fermiamo fa molta paura perché non sappiamo neanche come comportarci. Io sono un super adopter, quindi io ho sempre amato la tecnologia, ancora oggi la amo tantissimo e sono anche molto fatalista, quello che accade, accade, vediamo. Sono curioso da un altro punto di vista, trovo abbastanza ovvio che l’unica cosa che stiamo lasciando indietro è proprio noi a livello fisico e mentale e il fatto di non saper gestire queste situazioni. Il cambiamento è il tema centrale su tutto quello che ha a che fare con la vita però in verità noi siamo pieni di stimoli dalla mattina alla sera. Ora, se io ho per un attimo un pensiero e quel pensiero inizia a sfuggirmi perché ho altri input che continuano ad arrivare, come faccio a costruire qualcosa? E poi soprattutto quando inizio ad avere la paralisi decisionale date da mille input diventa molto complicato agire perché non riesco a trovare pattern, pattern che l’intelligenza artificiale sa riconoscere molto velocemente. E quindi lì come faccio a muovermi? E mi trovo in una situazione di stallo completa per cui non riesco mai a decidere e soprattutto continuo a pensare. Pensare non è vivere, pensare è pensare al futuro e al passato. Quando pensi proietti sul futuro e sul passato. Non stai pensando al presente. E quindi l’azione nemica del pensiero. Grandissima frase di Anthony Hopkins sulla macchia umana che è uno dei miei mantra, quello per esempio è uno degli esercizi primari da tornare a far fare alle persone perché non c’è più questa cosa.”
Joe Casini: “A proposito di intelligenza artificiale mi interessava un tuo parere. Tu unisci questi due mondi. Te impressione hai su queste prime adozioni su larga scala dell’intelligenza artificiale? Quali sono le tue sensazioni e come stiamo andando?”
Mick Odelli: “sì, allora è una cosa complessa, come diresti tu, io credo che sia una di quelle cose veramente difficili da definire e ci sono esperti per questo. Io la utilizzo come strumento e ritengo che ad oggi il punto da percepire sia il fatto che l’intelligenza artificiale non si sveglierà di colpo e ci ammazzerà tutti ma ci sarà qualcuno che lo utilizzerà male, quindi il concetto di strumento, come è stato appena detto, Per il resto io la esploro tentando di non avere chissà che giudizio, nel senso che per me l’intelligenza artificiale è un sistema in grado di riconoscere dei pattern in maniera estremamente veloce. E riconoscere dei pattern è una cosa molto figa da avere a partire dal notare malattie a qualunque altra cosa, cioè tu dai degli input e riconosce e vede qualcosa. Io tento di sfruttarla proprio in questo modo, qua non ho paura ad oggi di quello che può accadere. Penso che sia un’enorme forza, penso che anche qua occorra avere una mentalità che non sia fatta da credenze limitanti cioè ho paura non vuol dire chiudo gli occhi e le orecchie, non voglio saperne. Cioè tentiamo di esplorare, come hai detto prima, sarà il tuo medico di domani? Cioè non bisogna aver paura di quella domanda. Ho addirittura il pensiero, l’intelligenza artificiale può essere lo psicologo di domani? Per me chiunque dica no sul colpo è piuttosto prevenuto, cioè un attimo. Intanto ci sono varie fasi, dal non andare dallo psicologo fino ad avere qualcuno, per esempio anche l’orientamento stesso. Per cui per me la cosa più importante è stare veramente aperti di mentalità. Vedere che cosa accade e piuttosto avere la forte capacità di individuarsi all’interno di questo gioco. Per esempio, una cosa secondo me molto interessante in questo senso qua il concetto di Kay level reasoning, no, cioè quindi quel pensiero a livelli dove se inizio a pensare allo scenario di domani faccio sempre più livelli di ragionamento in cui poi mi vedo dove potrei essere io. Io ho fatto anche eventi con alcune aziende dove andavo piuttosto a lavorare su ‘ha ancora senso fare quel tipo di investimento che si voleva fare?’ per esempio. Io nel mio canale Youtube volevo aprire la versione inglese Era tempo che volevo fare questo canale, ho anche fatto un paio di video che non ho mai pubblicato. Studiando l’intelligenza artificiale, capendo quello che può fare, ho detto, aspetta non è come la posso utilizzare, ha senso che utilizzi un mare di risorse, investa nel fare io le cose dove magari fra tre mesi Youtube attraverso la sintetizzazione vocale, la trascrizione del testo, Il labiale, eccetera può fare in modo che questa cosa accada a livello automatico?”
Joe Casini: “Questo è figo però effettivamente ogni tanto ci toglie anche dei piccoli piaceri, delle cose che facciamo fare alla tecnologia, ma che magari prima facevamo noi e ci piacevano. Mentre parlavi a me, per esempio, veniva in mente, anni fa ormai, a me piaceva moltissimo fare le compilation con le cassette, mi piaceva scegliere brani, metterli là e quella è una cosa che non si fa più. Quindi quella è una cosa che non faccio più da quando è cambiata un po’ la tecnologia. C’è qualcosa che con la tecnologia un po’ hai perso? Un piccolo gesto che ti ha levato?”
Mick Odelli: “Nella creazione dei video, per esempio, mi ha tolto una parte di esperienza nella ricerca e quello è una cosa su cui sto cercando di capire cosa sia giusto fare, nel senso che quando io ho un tema è molto facile chiedere a Chad GPT, una volta che l’hai addestrata un po’, io ho i miei personaggi gli ho proprio dato anche dei nomi, ‘dammi delle pubblicazioni scientifiche, aneddoti, curiosità’. Da un punto di vista mi ha tolto un bel lavoro che una volta richiedeva una settimana intera ora, non è che non richieda nulla e lo fa lei per carità, però mi ha facilitato molto lavoro da un altro punto di vista è un altro modo di interiorizzare. Cioè, alla fine tu puoi anche avere lgli stessi input, no? Cioè io faccio tutto un giro di video, libri, eccetera e poi ottengo quelle parole, quelle frasi. Magari l’intelligenza artificiale che mi dà direttamente quelle frasi, però quello è apprendere, interiorizzare un’altra cosa, ho fatto io il sunto di tutto, questo è questa è la risultante. Questo secondo me ci limita molto nella capacità poi di argomentare le cose, per cui io a modo mio, ora quello che ho scelto di fare è per esempio su Youtube, di argomentare cose che riguardano la mia vita, per lo più cose che ho vissuto, cose che sento da tempo, che ho costruito nella mia testa. Magari descrivo qualcosa, lo rendo molto appetibile. Il lavoro da divulgatore l’ho fatto, funziona, le persone hanno percepito però io poi ho questo amaro in bocca rimasto che dico, ma io cioè dove sono? Cioè l’ho interiorizzata al punto da raccontarla a qualcun altro da una seconda legge di Freeman dove veramente sento questa cosa mia o sono parte del pubblico? Perché in verità ho messo assieme 2/3 cose, però so poco di più di quello che il pubblico recepisce. Io ho iniziato a lavorare su cose molto mie per ora e per il resto è un’educazione a non utilizzare troppe scorciatoie. Secondo me poi dipende da quello che uno vuole. Se voglio avere molti input, due mesi fa ho letto 7 libri in un mese sul Bioma cose strane perché avevo quel periodo lì. Io penso che ci sia sempre dietro un concetto di consapevolezza forte di quello che vuoi ottenere, sia dall’esterno che internamente. Io spezzo sempre la vita ai momenti di output e momenti di input. Ci sono momenti in cui ho voglia di assorbire tanto, ci sono momenti in cui ho troppi input e ho solo voglia di buttare fuori. A seconda di che situazione sono, ci sono gli strumenti. Se voglio buttare fuori output allora l’intelligenza artificiale mi può aiutare nel mio lavoro se ho voglia di assorbire cose non me ne frega niente che ci sia qualcuno che me li riassuma. Ho voglia di vivermela in un certo modo perché mi piace quella fase lì.”
Joe Casini: “A proposito di cambiamenti e di tensione evolutiva. La domanda che ti volevo fare è: qual è la follia che non vedi l’ora di fare in futuro?”
Mick Odelli: “Beh devo spoilerare un progetto allora. C’è un progetto in corso che non ho mai reso pubblico, solo all’interno della Newsletter e dei corsisti che ha fatto le esperienze che è quello di portare. 40 persone nel cuore della Slovenia, in uno chalet per una settimana in completo digital detox, a fare delle esperienze sociali e psicologiche estremamente interessanti in un concetto di simulazione di popolazione di quello che potrebbe accadere nel futuro. Tra l’altro abbiamo già selezionato le persone, vogliamo fare attenzione sia concetti di età che concetti di sesso, quindi maschi e femmine in maniera regolare, c’è ancora qualche posto per chi vuole justlost.it e il concetto è veramente anche quello di creare una sorta di esperimento sociale da ripetesi poi più avanti dove le cose che vivremo in 40 persone, in un luogo grande questa volta non è una barca da 30 m quadri, saranno sicuramente cose molto interessanti.”
Joe Casini: “Questa cosa mi piace moltissimo perché appunto parlando di cambiamento noi siamo sempre in questi equilibri che però sono dinamici; quindi, magari per anni andiamo tutti nei cinema e nei teatri poi improvvisamente ci chiudiamo nelle case a vedere le cose su Netflix e questo libera i cinema e i teatri, oppure improvvisamente tutti siamo sui social e questo libera la voglia di stare insieme. Tu come vedi il bisogno che abbiamo ora, forse anche dopo la pandemia, anche l’intelligenza artificiale e tutti i contenuti che facilmente arriveranno, tutto questo ci porterà a dire ‘queste cose le abbiamo presidiate poco’?”
Mick Odelli: “è proprio il motivo per cui sono molto curioso di questo progetto e di altri che ho per la testa. Io da 1 anno e mezzo vivo in barca e faccio queste esperienze, probabilmente sono pieno di bias anch’io; quindi, non ho la verità in tasca nel modo più assoluto, però sento questa necessità da parte delle persone di tornare alle relazioni, perché non siamo più tanto capaci di relazionarci con gli altri, ma anche solo per curiosità. Nel senso che anche il discorso del Digital Detox, c’è questa moda del vabbè, faccio tre giorni senza il cellulare riduco, no, non si tratta neanche di un lavoro verticale su se stessi, quello che a me interessa dire è proviamo a simulare per un attimo come eravamo negli anni 90, cioè ogni tanto vedi questi video delle scuole superiori degli anni ‘90 e quelle di oggi e sono pazzesche perché ad oggi chiaramente tutti sul cellulare è una cosa che ormai abbiamo visto tante volte. Fa sempre effetto vedere negli anni 90 che non c’era il cellulare, per cui la gente era in una sorta di disagio che si risolveva con le relazioni, dove quando non avevi niente per le mani andavi e parlavi con qualcuno. Quindi quello che a me interessa è vedere, io credo che sia arrivato un po’ il momento di tornare ad esplorare simulando queste cose. Per esempio, anche i locali, dove ad un certo punto per entrare devi mollare giù il cellulare e tornare a viversi in questo senso qua. Perché una cosa è farlo da soli, ma se ci togliessimo tutti il cellulare qua in questa sala ora e iniziassimo a girare un po’, all’inizio ci potremmo trovare a disagio se nessuno sta parlando con noi, ma poi quando iniziamo a essere in tanti in questo tipo di situazione, di nuovo torna una nuova baseline relazionale, per cui non mi sento più a disagio perché sono nella stessa situazione che sei anche tu. Non abbiamo le mani in mano, quindi la prima cosa che dirò è, anche tu hai le mani in mano? Eh sì, che facciamo? Vabbè, prendiamo una birra. Per cui ci sono tanti aspetti che non stiamo più vivendo, che però devono essere messi in un contesto di molte persone e non semplicemente questa cosa dove lavoriamo sul self help, lo dico io per primo che faccio i video al singolo che ascolta, però per me è il fatto di tornare un po’ a viverci in gruppo.”
Joe Casini: “Stiamo andando verso la conclusione della puntata, c’è però un’ultima domanda che tenevo a farti. Tu, appunto, sei cresciuto e vivi sulla frontiera, parlavamo tra Italia, Slovenia e quindi la domanda che ti volevo fare è: che rapporto hai con la frontiera, col confine?”
Mick Odelli: “Io sono alienato completamente da questa cosa. Non voglio fare il perbenista e quindi non voglio dire frasi scontate, però non riesco davvero a concepirlo. Sono cresciuto in una famiglia mezzo australiana. Quindi l’Australia è un paese che, al di là del l’Aborigeno, ha una civiltà che ha meno di 300 anni, che nasce multiculturale, non è diventata multiculturale, per cui sono cresciuto sempre con il concetto del cittadino globale in un certo senso. Per cui da un punto di vista è anche un aspetto negativo, perché non sono un difensore dei dialetti o altre cose, quando poi sono magari esagerato su altri fronti. Però io vivo proprio in una zona tra Trieste e la Slovenia e vedo delle cose che veramente non mi fanno tanto piacere, cioè c’è proprio una chiusura mentale molto forte, soprattutto dalla parte italiana, perché abbiamo sempre questa cosa che crediamo di essere chissà chi purtroppo e per cui anche dei vantaggi che le persone avrebbero a livello personale di conoscere i luoghi ecc. non ne approfittano. E chi è frontaliere tende a rimanere anche molto più fermo, proprio non si muove. E dall’altra parte invece vedo una nazione, potrei avere bia per carità, però con fame, ma non fame perché sono messi male anzi, per me è un paese bellissimo, ma curiosità e chiunque parla inglese in Slovenia mentre l’italiano fa ancora un po’ fatica. Io penso che se non ci fossero quei limiti, quel che poi tra l’altro sono limiti geografici, che sono diventati culturali di conseguenza. Se non ci fossero la gente si muoverebbe ‘faccio colazione di là o di qua?’. Può estremamente limitante a mio avviso. Vedo sempre situazioni in cui se ci fossero i triestini di qua faremo tutti festa, ci si conoscerebbe, si creerebbero un casino di relazioni, di situazioni anche dove il mix culturale può dare delle forze tremende, stessa cosa dall’altra parte. Non capirò mai i confini a questo punto lo trovo un gioco già inventato.”
Joe Casini: “E a proposito di te tensione e cambiamenti culturali secondo te perché, in questo momento, abbiamo così bisogno di tornare a rimarcarli questi confini?”
Mick Odelli: Sono la persona più sbagliata a cui chiederlo io. Io sarei molto curioso di chiedere alle generazioni più giovani cosa sentono del concetto del confine. Io in questo senso ho trovato poche persone fin da piccolo che avessero questo tipo di visione, ma per me è sempre stata una cosa molto strana e poi facevo schifo in storia. Quindi c’è una correlazione tra le due cose. I capisco tutto il motivo per cui ad oggi siamo in certe situazioni e sento che c’è una forte discrepanza sociale tra il pensiero così sofisticato che abbiamo oggi e la capacità di processare le informazioni che abbiamo e dall’altra parte le cose che accadono. Sicuramente è un aspetto principalmente culturale di certi luoghi, però io davvero sono alienato e non sono capace di argomentarlo e lo guardo come lo guarda un bambino che non capisce niente.”
Joe Casini: “Da sempre il podcast si conclude con un momento che è il momento della domanda tra gli ospiti. Il primo ospite che ti propongo è Giulio Xhaet con cui abbiamo parlato di digital e nuovi media ma abbiamo parlato anche di purpose quindi di quanto è importante trovare qualcosa che ci stimoli nel profondo per poter poi essere appagati nella vita. Il secondo ospite è Vera Gheno, linguista con cui abbiamo parlato di linguaggio. Il terzo ospite è Adrian Fartade, si occupa di spazio e abbiamo parlato della corsa allo spazio, di esplorazione, molto attivo su Instagram. Quale ti incuriosisce di più?”
Mick Odelli: “Adrian.”
Joe Casini: “La domanda di Adrian è: se ti trovassi di fronte a un visitatore alieno quale sarebbe la cosa che gli diresti? Come interagiresti?”
Mick Odelli: “Qualunque risposta è assurda. La metto poetica siccome qualunque cosa potrebbe generare un’azione da parte dell’alieno di qualunque tipo canterei qualcosa. Magari ho modo di esprimere che può essere curioso e su più fronti sensoriali, non lo so.”
Joe Casini: “Che cosa canteresti in particolare?”
Mick Odelli: “Canterei una canzone da bambini. Posso sapere tu che faresti?”
Joe Casini: “Mi hai spiazzato, giusto tu potevi buggarmi il podcast. Credo che gli porterei qualcosa da mangiare. A questo punto è il tuo turno di lasciare una domanda per gli ospiti delle prossime puntate.”
Mick Odelli: “Cosa faresti se avessi 24 ore rimaste di vita?”
Joe Casini: “Prima di chiudere vorrei farti un’ultimissima domanda perché un’altra delle domande del format del podcast è la domanda della birra di troppo. La domanda con la quale vorrei chiudere è: ad uno che è andato a vivere nella barca, qual è il prossimo posto dove vorresti andare a vivere?”
Mick Odelli: “Per assurdo potrei andare, so che sembra controintuitivo, alla ricerca di un ambiente estremamente pieno di persone. Non mi spaventa. Noi siamo sempre fatti di storytelling bellissimi, dove se uno si è staccato dalla società allora quella è la sua strada e poi diventa una costrizione, cioè sei quello che ha deciso di non vivere, sei l’eremita. No, cioè questo è un periodo mio della vita e così lo voglio vivere che probabilmente creerà una sorta di distorsione o comunque di disequilibrio, per cui è possibile che io fra un anno sia in una super metropoli. Però, con la consapevolezza di che cosa significhi, alla ricerca di ribilanciare quello che magari mi ha tolto questo stile di vita per poi chissà, magari sarebbe il terzo posto per quello interessante. Da barca a lì e poi boh.”
Joe Casini: “Con l’idea di equilibrio che mi piace moltissimo chiudiamo la puntata quindi vi chiedo di fare un grande applauso a Mick Odelli. Vi ringrazio e ci vediamo alla prossima puntata di mondo complesso.”