Con Lino Apone, ex direttore commerciale di Feltrinelli, analizziamo un intero settore industriale – quello dell’editoria – per scoprire le caratteristiche che lo governano.
Joe Casini: “Buongiorno, buona domenica e benvenuti a una nuova puntata di Mondo Complesso. Il podcast che parla di complessità e lo facciamo sempre con nuovi ospiti affrontando, di volta in volta, nuovi argomenti e cercando di interconnetterli tra di loro. Oggi è una puntata ricca di spunti interessanti e molto sui generis in cui chiacchiereremo con Lino Apone, quindi per prima cosa benvenuto Lino!”
Lino Apone: “Bentrovati tutti e grazie di questo invito graditissimo.”
Joe Casini: “Grazie a te di essere con noi. Lino Apone è consulente per case editrici ed aziende per quanto riguarda il mondo dell’editoria, è anche docente e insegna al master della Cattolica a Milano ma ha un’esperienza straordinaria nel mondo dell’editoria avendo fatto molti anni il direttore commerciale in Feltrinelli. Perché parliamo di editoria? Perché è un settore che intanto credo interessi un po’ tutti noi, e poi è un settore particolare che ci darà la possibilità di analizzarlo proprio in una chiave sistemica, quindi vedendo un po’ alcuni fenomeni peculiari con uno sguardo dall’interno, grazie all’esperienza di Lino. Allora intanto Lino per partire la prima cosa che facciamo è quella che noi chiamiamo la «domanda semplice» che è una domanda che da la possibilità all’ospite di tracciare il primo passo della chiacchierata e quindi imboccare un po’ la direzione che preferisce. La domanda semplice che vorrei farti è: cosa serve per avere un successo editoriale? Quindi, cos’è che rende un libro un successo editoriale?”
Lino Apone: “Non è affatto semplice, so che fai queste domande anche gli altri tuoi ospiti che si chiamano semplici ma in realtà contengono l’intero universo e quindi chiamano diciamo a raccolta tutte le doti di sintesi perché, di fatto, si tratta di questo. Il tema del successo editoriale è, come si dice sempre, tutto il conoscibile, in realtà è così, cioè, nel senso che non è programmabile il successo e non è né in nessun modo prevedibile, ma si può dire che esiste una ricetta per stare al disotto del grande successo, il quale è appunto imprevedibile, dipende da fattori che sono analizzabili a posteriori, ma non sono di fatto prevedibili. Invece esiste la possibilità di lavorare in modo sistematico, in modo consapevole, quando io nei miei corsi per gli adulti o per i ragazzi parlo di questi aspetti del tema della complessità, perché poi di fatto si torna sempre al tema della complessità, anche questo esempio del successo di un libro è un esempio applicato della complessità, dei fenomeni molto articolati e complessi che si verificano nel nostro universo. Sostanzialmente quando inizio le mie lezioni, i miei primi rapporti, parlo sempre di consapevolezza. Ora, a mio parere, la consapevolezza è esattamente quello di cui c’è bisogno, in maniera sistematica e in maniera approfondita sapere dove si è, sapere a chi si parla, sapere quali risorse si hanno, sapere quali risorse sono necessarie. Quindi, quando parliamo di programmare un’attività commerciale fondamentalmente come quella di produrre e vendere dei libri, il primo punto è essere consapevole che cosa si vuol fare, dove si vuole andare, avere quello che in gergo più tecnico del nostro settore si chiama piano editoriale. Quindi fare un piano che preveda un pubblico sul quale si deve ragionare tantissimo, perché si deve conoscere, si deve avere un’idea, si deve cercare di quantificarlo, quindi usare tutti gli strumenti possibili per guardare il mondo al quale vogliamo rivolgerci, dal quale sostanzialmente vogliamo dei soldi perché anche ricondursi a questa dimensione non è sbagliato. Questo è il punto, quindi quando diciamo «quali sono le ricette del successo?» bisogna avere delle idee, quindi avere un piano editoriale un’idea e bisogna avere un piano di marketing che preveda la conoscenza del pubblico, che preveda la conoscenza degli strumenti attraverso i quali il pubblico viene a conoscenza dei miei prodotti, tutte le cose che qualunque persona di marketing conosce e vanno applicate con molta saggezza, con molta anche brillantezza, con spirito diverso ovviamente da quello che si usa per altri mondi, però vanno comunque applicate anche all’editoria. Per cui non so se ho risposto alla tua domanda ma sostanzialmente non c’è una ricetta per il best seller, ma c’è una ricetta per far bene editoria.”
Joe Casini: “Hai assolutamente risposto alla domanda e hai messo anche un sacco di spunti molto interessanti già sul piatto, mi piace moltissimo l’idea dell’attività commerciale come forma di dialogo, quindi per andare a conoscere l’altro, in questo caso il potenziale lettore o acquirente. Mi piace moltissimo il rimando che avendo delle idee chiare, avendo una strategia chiara a monte, siamo in grado di andare a testare le nostre ipotesi e quello produce conoscenza.”
Lino Apone: “Posso aggiungere che l’attività di un editore si alimenta del dialogo, cioè io faccio spesso uno schema rotondo perché intorno all’editore c’è la società che è contemporaneamente il mercato, quindi il luogo al quale indirizziamo i nostri sforzi per avere il ritorno del riscontro economico, ma è anche il mondo che ci dà le idee, dal quale prendiamo le idee per fare l’editore per fare l’editoria, che sono idee di bisogni, sono idee di sogni. La maniera in cui l’editore sta nel mondo determina sia la sua capacità di dialogare in termini di vendita di proposta sia la sua capacità di intercettare le istanze che poi possono diventare anche una domanda di prodotto. Io penso che ci sia una sostanziale identità tra il mercato e la fonte delle idee dell’editore.”
Joe Casini: “Questa è una lettura sistemica dell’editoria visto che oggi parliamo di questo, ma chiunque ci ascolta può far proprie queste considerazioni a prescindere dal settore. Questa lettura sistemica fa sì che entrando in dialogo con gli altri sottosistemi delle società poi c’è un processo di osmosi e di crescita. Hai usato un termine a me particolarmente caro che è il «mercato», a questo punto volevo fare una domanda: tutti hanno avuto a che fare con il mondo dell’editoria, se non altro come lettori, ma magari non lo conoscono nei numeri, da dentro, quindi puoi descrivere un po’ l’industria culturale del mondo dell’editoria?”
Lino Apone: ”Allora io posso dire con molta semplicità ma con l’intento anche informativo che un buon strumento per conoscere questo mondo è il sito dell’Associazione italiana degli editori che è aie.it, il quale contiene il numero della parte di ufficio studi, contiene numerosi riferimenti anche pubblicazioni, pochissime a pagamento, ma la maggior parte libere delle quali si descrivono bene gli ambiti dei diversi settori. Adesso facendo una passata molto rapida, l’editoria intesa come pubblicazione di libri come attività ha sostanzialmente tre grandi settori che sono quello dell’editoria coatta di consumo coatto, quello scolastico, in senso proprio dalla scuola dell’obbligo fino alle superiori, che ha come immaginate un andamento molto irreggimentato prima che diventa prevedibile poi all’interno del mondo dell’editoria scolastica, c’è la parte della scuola primaria che addirittura è sovvenzionata cioè in cui il prezzo viene pagato dallo Stato. Poi c’è l’aria accademica universitaria sempre che prevede un consumo coatto, cioè colui che prende la decisione di consumo non è quello che sostiene l’onere economico, e poi abbiamo l’editoria professionale in senso proprio che trova diciamo poi mille rivoli e poi abbiamo l’editoria di varia. Grosso modo tutta questa roba qui vale tre miliardi dal pubblico, quella di varia ne vale 1,5 miliardo. Parliamo di prezzo pagato alla cassa, quindi consumatore finale. Una cosa che mi fa impressione è che il fatturato in Italia della Ferrero, non di tutti i dolciumi, è superiore al consumo di editoria di varia di libreria. Tenete conto che quando parlo di fatturato di Ferrero parlo del soldo che incassano, le fatture che emettono e incassano, quando parlo del fatturato dell’editoria parlo di quello che il consumatore paga alla fine della filiera e c’è tutto il resto. All’incirca al produttore, paragonabile alla Ferrero rimane tra la metà e il 40% quindi siamo che la Ferrero fattura il doppio di tutte le case editrici che lavorano in libreria. Allora in questo quadro, riferendomi poi soltanto al mondo della libreria parliamo di questi miliardi 4 miliardi e mezzo alla cassa, questi valori qui sono grossomodo strutturati così: il Trade, quindi l’attività di vendita al dettaglio, si tiene alle circa il 45/50% rimane per le librerie, c’è un altro pezzetto che viene devoluto alle attività logistica che sta tra il 10/12% e poi abbiamo l’attività di comunicazione con le librerie che sono gli intermediari che permettono ai libri di arrivare, di conoscerli, di entrare in contatto con il pubblico che li deve comprare o conoscere. Quindi abbiamo queste tre nature di diminuzione del ricavo – perché non stiamo ancora parlando di fatturato – nel senso che il fatturato avviene nel momento in cui l’editore vende alla libreria e quindi vende al netto di tutti questi costi che dovranno essere sostenuti o finanziati dall’acquisto finale. Tutto il mondo sa che esiste la possibilità per le librerie che è convenzionale, non è scritta nella Costituzione, ma è concordata che è restituire i libri che abbiano già comperato che siano ancora vendibili per ottenere in cambio un accredito del proprio conto, quindi una libreria anziché pagare i libri che ha comperato con dei soldi può restituirli magari degli altri purché coincida il mittente ottenendo un credito. In questo quadro, il fenomeno della resa ha sia un effetto ipoteticamente deprimente per le vendite dell’editore, ma ha anche un effetto importantissimo per mettere la presenza sui punti vendita delle librerie sui banchi di libri che altrimenti in assenza di certezza stenterebbero molto ad arrivarci. Gli esordienti per esempio sono avvantaggiati dal fatto che i loro libri possano essere venduti nel caso in cui non si siano riusciti a vendere, se questa certezza di poter vendere non ci fosse il libraio stenterebbe molto a sottoscrivere punti interrogativi in maniera così intensa.”
Joe Casini: “Quindi iniziando un po’ a tratteggiare questo settore abbiamo senz’altro ben capito un’incidenza importante sia delle economie di scala perché sia nelle filiere, nelle piccole case editrici, hanno delle marginalità diverse rispetto alle grandi ma c’è anche diciamo una sorta di asimmetria tra l’aspetto economico e quello finanziario. Parlavi ora delle politiche di reso, quindi in qualche modo, ci sono sia delle conserve economiche, invece la gestione finanziaria può essere molto più incerta da questo punto di vista.”
Lino Apone: “Sì, è un problema. In realtà il passato in tanta parte di questo settore si reggeva sul fatto che in forza del fenomeno delle rese, cioè la possibilità di renderli il libraio stava molto più leggero e gli unici interlocutori erano i librai con il loro negozio, quindi avevano la possibilità di ricevere merce, quindi farsela fatturare al fronte del fatto che avrebbe avuto la possibilità di venderlo, quindi in qualche modo il settore si reggeva sulla rotazione abbastanza continua e intensa di volumi simili che andavano ed eventualmente tornavano ma poi riandavano, quindi parlando di flussi finanziari, c’era una certa omogeneità, un certo equilibrio. A un certo punto, quando si è presentato il fenomeno dell’online, prima era necessario cercare di distribuire i libri in maniera che era più che proporzionale alle vendite attese, l’avvento e lo sviluppo delle vendite online che hanno accorciato i tempi di consegna, hanno accorciato il tempo tra la decisione, la conoscenza della decisione e la fornitura dei libri, cioè hanno diminuito la necessità di avere grandi stock. Ha creato un’opportuna maggiore efficienza, ma questo ha un po’ impoverito la parte finanziaria perché generalmente quello che si fornisce in questo ambito di vendita in questi canali diretti dell’online, più corti sostanzialmente, quello che si fornisce è molto vicino a quello che si vende, quindi il fenomeno della resa è molto diminuito.”
Joe Casini: “Si sta andando in una logica quasi just-in-time?”
Lino Apone: ”Sì, credo che just-in-time sia una tecnologia-ideologia un po’ superata ormai da tutte le questioni che si sono sviluppate però ci siamo vicini, nel senso che il tema nell’abito dell’editoria just-in-time non si può fare perché c’è un elemento importante per cui il bisogno nasce quando il lettore incontra il libro. Quindi in qualche modo tutta l’attività di comunicazione del libro che prima era riservata alla presenza del libro nelle librerie, la presenza del libro negli inserti culturali, parlando di quell’ambito vasto dell’editoria di varia adesso si è allargata al mondo online. Però sempre c’è bisogno di produrre i libri, sempre c’è bisogno di far vedere i libri. Il just-in-time, che era invece un modello per cui produco automobili quando mi hanno detto che la vogliono e io mi specializzo per fare tutto rapidamente, ecco una porzione di questo modo di pensare adesso è nato con lo sviluppo delle tecnologie del Print On Demand.”
Joe Casini: “Parlando di vendite questo settore, che tu giustamente all’inizio hai dimensionato, hai fatto il paragone con Ferrero che è utile a capire che un settore così importante di cui si parla così tanto alla fine ha anche una dimensione che forse può essere per alcuni più piccola di quando ci si aspettava. Quanti libri vengono venduti? A livello di ricavi questo settore come va?”
Lino Apone: ”Come ti ho detto, nel senso che il mondo editoria di varia diciamo che sono all’incirca un miliardo e mezzo e abbiamo un prezzo medio all’incirca di 14 e 20, 14 e 30, a volte arriva a 15 e oscilla, e la divisione è presto fatta. hai all’incirca 100 milioni di libri che vengono venduti, di fatto ne vengono prodotti in molti di più. Un dato che impressiona e che fa veramente molto pensare è il fatto che arrivino in libreria all’incirca 25.000 titoli nuovi all’anno a fronte di tra 65.000 e 70.000 codici di libri nuovi che vengono ogni anno registrati. Quindi c’è anche il fenomeno del self publishing che ha un impatto, ci sono anche fenomeni di micro editoria che comunque genera questo tipo di impatto numerico. Non è necessariamente tutta indirizzata nella libreria, ovviamente, però questo livello di novità, sono quelle che arrivano e trovano non dico vendite, ma trovano ascolto nel circuito delle librerie inteso come quello che conosciamo tutti e al quale stiamo pensando adesso.”
Joe Casini: “Per completare questa breve ma esauriente panoramica del settore, parlavi ora di offerta e di case editrici mi voglio ricollegare ad una cosa che hai detto all’inizio, quando parlavi del piano editoriale: noi abbiamo preso come esempio l’industria dell’editoria proprio perchè è un’industria culturale, molto particolare, ha tutta la componente industriale di cui abbiamo parlato fino ad ora ma ha anche una componente culturale. Come dicevi tu all’inizio, la componente culturale ce l’ha qualsiasi tipo di industria perché vuol dire creare conoscenza, conoscere i nostri interlocutori, però è chiaro che l’editoria ha una componente peculiare ed è forse l’industria culturale per eccellenza?”
Lino Apone: “Una cosa che dico volentieri è che l’editoria dei libri è la prima industria culturale italiana, paragonata con il cinema, ai concerti, teatro etc, l’editoria di libri è la prima.”
Joe Casini: “Tu tra l’altro da questo punto di vista hai anche una lunghissima esperienza in una casa editrice, la Feltrinelli, che è una casa editrice che dal punto di vista culturale e politico ha preso posizione nella sua linea editoriale anche molto forte, quindi la domanda che ti volevo fare parlando di case editrici – ma che si può estendere per a qualsiasi tipo di attività – c’è la necessità di prendere una posizione politica e quindi è inevitabile schierarsi, oppure secondo te la componente di mercato si può viaggiare in maniera separata, quindi l’offerta al pubblico può essere diciamo «neutra»?”
Lino Apone: “Secondo me la risposta a questa domanda deriva dalla natura del prodotto. Il prodotto libro è un prodotto che porta con sé un contenuto il quale per forza di cose si posiziona in termini culturali, in qualunque modo poi si voglia valutare questo aggettivo. Io penso che nessuno casa editrice possa prescindere dall’avere un’idea delle cose che vuole produrre, però sicuramente se uno fa l’editore per fare l’editoria di servizio nella quale pubblica test per affrontare le selezioni universitarie molto probabilmente non avrà bisogno di interrogarsi sul posizionamento culturale dei suoi prodotti. Ha bisogno di farli bene, l’idea di farli al meglio possibile i test è comunque una posizione culturale. Detto questo il contenuto dei libri è quello che determina il posizionamento della casa editrice e che determina il marketing. La prima scelta di marketing di una casa editrice è che cosa pubblica, tant’è vero che spesso secondo me nelle case editrici le leve di marketing sono largamente in mano a chi pensa ai prodotti. C’è l’area editoriale, quella che governa le più importanti leve del marketing. È vero che non sempre le stesse persone fanno quelle scelte lì, però non c’è – come nel resto dell’industria – una separazione tra chi pensa i prodotti, chi guarda al pubblico, chi fa l’innovazione, chi fa ricerca e sviluppo, chi fa le vendite o chi fa la produzione. In editoria c’è una innervazione costante e reciproca di istanze che si ritrovano, quindi avviene anche una posizione politica. Però non si fa editoria di contenuti senza avere una posizione politica, anche quella del massimo disimpegno, se un editore decidesse di fare solo mero intrattenimento poi di fatto lo deve fare con dei contenuti. L’editore è dentro i libri che pubblica.”
Joe Casini: “Tutti questi spunti saranno utilissimi a prescindere dai settori di chi ci ascolta, effettivamente questa cosa di avere chiara l’identità in qualche modo è fondamentale. Intanto ti ringrazio per la chiacchierata, il tempo è volato e stiamo entrando nell’ultima fase del podcast che è una fase in cui proviamo a interconnettere tra loro gli ospiti, e lo facciamo con quelle che chiamiamo le «domande incrociate», ovvero l’ospite della puntata precedente ti ha lasciato una domanda che ora ti farò e tu avrai la possibilità di lasciare a tua volta una domanda all’ospite della puntata successiva. La prossima puntata sarà molto particolare perché sarà l’ultima puntata di questa stagione del podcast ed è una puntata dove, insieme a Valerio Eletti, che è un esperto di complessità e quindi ci permetterà di chiudere in maniera circolare. Prima bisogna rispondere alla domanda che ti ha lasciato l’ospite della puntata precedente, ovvero Ami Fall. Ami si occupa di divulgazione finanziaria online, in particolare su Instagram è molto seguita, ha anche un’esperienza importante nel settore bancario. Da qualche anno ha iniziato questa esperienza per fare empowerment soprattutto in ottica di empowerment femminile, perché nella sua esperienza ha visto spesso che dietro la questione di accesso ai servizi finanziari c’erano disparità di genere. La domanda che ti ha lasciato è: che ruolo c’è tra gli influencer e il mercato editoriale, perché sempre più spesso ora le novità che vengono proposte dalle case editrici vedono come autori persone che sono influencer online. Quindi che ruolo c’è e secondo te è un fenomeno passeggero legato al poter dare un’opportunità e visibilità e lanciare un esordiente che però ha già un suo seguito oppure è un fenomeno stabile che andrà a modificare un po’ il mondo dell’editoria?”
Lino Apone: “È una domanda interessante sulla quale dico senza retorica mi interrogo da tanto perchè è un fenomeno che le persone intelligenti, come Ami Fall, sono in grado di capire. È un fenomeno che ha potenzialità di cambiare molto, come l’avvento in libreria dei fumetti che ha aumentato il fatturato delle librerie. Il fenomeno degli influencer è diverso da quello dei fumetti perché riguarda la natura dei libri per cui bisogna fare un passo indietro. Perché gli influencer hanno importanza? Il mestiere dell’editore è quello di produrre dei libri che siano coerenti con il proprio piano editoriale e che quindi si giustifichino o perché li vuol fare, o perché hanno una vendibilità significativa… o tutte e due! Come si fa a determinare una cosa che abbia una vendibilità? Prima si faceva utilizzando una rete di giornalisti, che di solito si monopolizzava un po’ e con i quali si aveva un rapporto in una rete di influencer, chiamiamoli con il loro nome, che stavano sui giornali e anche loro producevano i loro libri scritti da giornalisti. Quindi, il mondo degli influencer stava nei giornali e gli editori si rivolgevano agli influencer dei giornali per influenzare la platea dei propri lettori. Andando avanti, aumentando la tecnologia, è tutto diventato complesso però numericamente sono nati una quantità di soggetti che sono diventati importanti per parlare con i propri interlocutori. Si potrebbe fare un’analisi ancora più dettagliata però grossolanamente siamo così, si erge il canale online, nascono tutti i social, nascono i dialoghi sui social, quindi diventano dei canali. Detto questo, si è cominciato a ingrossare il fenomeno di coloro che pubblicano i libri avendo il proprio pubblico. Prima il processo era: l’editore decide, poi va a cercarsi il pubblico, prima era una specie di gatekeeper colui che decideva che cosa aveva accesso quell’ambito, a quel mercato e che cosa no. Adesso succede che il mercato è molto più influente, inteso come il mondo, e l’editore cerca di accodarsi e di individuare i filoni che abbiano pubblico o i soggetti che abbiano pubblico. Quando arriva l’influencer o il creator che si presenta con il proprio pubblico è molto ghiotto per l’editore, perché contiene il proprio marketing. Questo vale nel grande e nel piccolo, sempre ormai gli editori fanno questa domanda che sembra inappropriata però in realtà è quella che conta, cioè questo signore o signora che cosa porta con sé? Che cosa è in grado di sviluppare? Questo secondo me è un po’ il tema per cui gli influencer o i creator sono diventati rilevanti per l’editoria, perché ormai chiunque voglia pubblicare un libro poi si sente in dovere di diventare a sua volta creator sul versante online. La sostanza è questa, siamo tutti contemporaneamente da tutte le parti. L’editore stesso si mette sui social, fa l’influencer a sua volta, allora la risposta ad Ami Fall è: sì cambieranno ed hanno già cambiato l’editoria. Gli influencer o i creator sono un soggetto che ormai è quasi inqualificabile come tale.”
Joe Casini: “Allora nel momento in cui gli editori hanno un po’ perso questo ruolo di gatekeeper, come vedi il ruolo delle case editrici da qui a dieci o vent’anni? Nel momento in cui gli autori sempre più si portano già prima della pubblicazione del proprio pubblico e quando l’online diventa un canale sempre più predominante, che ruolo avranno in futuro le case editrici?”
Lino Apone: “Questa è una domanda enorme. Secondo me le case editrici continueranno a rispondere a un bisogno di sistematizzazione. Se assumiamo che i libri continueranno ad essere utilizzati, consumati, perché sono una forma comoda semplice, soprattutto adesso che si stanno moltiplicando le loro epifanie, cioè la carta, l’ebook ci sono le porzioni di libro, ci sarà l’audio, non per la maggior parte ma per una porzione ci sarà anche l’audio, ci saranno poi i libri che diventano podcast, quindi un universo complesso di prodotti culturali. Allora gli editori, secondo me, hanno questo dovere di posizionarsi vicino alle cose che vogliono fare e metterle a frutto per farne sistema. Se non hanno la visione sistematica secondo me vanno poco avanti però diciamo che l’editore non fa bene se si dimentica di essere in un mondo complesso che ha tante sfaccettature se vuole crescere. Poi ci sono anche quelli che vogliono stare in una nicchia minuscola che non può prescindere dalla carta, ad esempio un editore magnifico è Henry Beyle che fa libri bellissimi che hanno un loro mercato. Si stanno tutti stratificando e mettendo un modo che gli permetta di vivere almeno in potenza.”
Joe Casini: “Questo bisogno di organizzazione è un tema caro, anche questo è uno spunto che si ricollega a tante puntate precedenti. A questo punto per chiudere la puntata ti chiedo se c’è una domanda che vuoi lasciare a Valerio Eletti?”
Lino Apone: “Per chi si occupa di complessità per me c’è una domanda fondamentale che non c’entra con l’editoria. Secondo me sopra il tema della complessità c’è il tema del rifiuto della complessità, cioè che eleva al cubo il problema della complessità. Io mi rappresento la complessità e le ho dato un esempio adesso, ma le persone rifiutano la complessità, guarda quello che succede adesso, il nostro 25 settembre è dominato dal rifiuto della complessità.”
Joe Casini: “È una domanda bellissima… e penso sarà anche il nome della prossima puntata! Questo aspetto che ricorsivo della complessità che è anche interrogarsi sul perché in molti casi c’è questo rifiuto. Lino è stata una chiacchierata bellissima, interessantissima tanto per me quanto per gli ascoltatori. Ti ringrazio per essere stato con noi.”
Lino Apone: “Grazie a voi anche perché non è ovvio e non è mai semplice e comune trovarsi a fare questi discorsi con questa facilità, quindi bravo tu e bravi tutti i tuoi ascoltatori.”
Joe Casini: “Do appuntamento a tutti per quella che sarà l’ultima puntata di questa prima stagione del podcast Mondo Complesso, quindi tra due settimane, ci vediamo con Valerio Eletti per fare il punto di questa prima stagione. Buona domenica a tutti.”