Con Enrico Cerni, formatore ed esperto di letteratura classica, parliamo dell’importanza di autori come Dante, Virgilio e Omero in una società globalizzata e capitalista come la nostra.
Joe Casini: “Buongiorno e buona domenica, benvenuti ad una nuova puntata del podcast Mondo Complesso, il podcast che parla delle complessità del mondo in cui viviamo e, come al solito cerca di farlo passando negli ospiti, tracciando un perimetro molto ampio e oggi il contributo che avremo in questa nostra chiacchierata che va già avanti da tre mesi è di Enrico Cerni. Benvenuto Enrico.”
Enrico Cerni: Ben trovati e ben trovate.”
Joe Casini: “Enrico è capo della faculty interna di un’importante multinazionale italiana – talmente importante che non possiamo dire il nome! Si occupa quindi di formazione, ma è anche autore di numerosi volumi che cercano di riprendere in mano, se mai li abbiamo abbandonati, i classici sui quali si è costruita la nostra cultura per rileggerli e contestualizzarli, ma ne parleremo meglio durante la puntata, giusto Enrico?”
Enrico Cerni: “Si perfetto, esattamente questo. L’idea è proprio quella di far contaminare mondi molti diversi, che è uno degli elementi della complessità in cui la varietà e la diversità sono gli elementi fondanti di sistemi complessi e facendo per l’appunto dialogare la contemporaneità ma anche il business: ciò che avviene nelle aziende, con ciò che è stato scritto in passato e che poi è diventato classico.”
Joe Casini: “Partiamo subito. Nel nostro podcast c’è una piccola liturgia che è aprire con una domanda che definiamo «semplice», quella domanda che sembra semplice ma poi nella risposta semplicissima non è, e poi chiudere con la domanda fatta tra gli ospiti; quindi, tu riceverai una domanda da parte dell’ospite della puntata precedente e potrai a tua volta lasciarla all’ospite della prossima puntata. Cominciando con la domanda semplice, la domanda che volevo farti è: cos’è un classico?”
Enrico Cerni: “La risposta la lascio dare ad Italo Calvino, grande autore del ‘900. Italo Calvino ci dice che un classico è qualcosa che prescinde dal tempo ma del tempo ti lascia costantemente traccia. Un testo classico è un testo che è stato scritto nel passato ma che è riuscito a parlare ai cuori, alle menti, ai corpi delle persone nei secoli successivi. Pensiamo per l’appunto a Dante con la Divina Commedia, autore vissuto tra 1200 e 1300, che già a partire dagli anni successivi alla morte viene evocato dalle persone che sono vissute dopo per riuscire a comprendere meglio la realtà. Ecco, un classico è esattamente questo, è un testo che riesce ad eliminare il rumore di fondo della cronaca, della contemporaneità ma che ti fa capire che quel rumore di fondo è assolutamente indispensabile e quindi è un testo che ti parla di oggi. La divina commedia scritta 700 anni fa è un testo che ci racconta come noi viviamo nel mese di aprile del 2022.”
Joe Casini: “Parlando proprio dal punto di vista dell’evoluzione umana, se guardiamo da una prospettiva tecnologica viviamo in un mondo che si evolve in maniera molto rapida, dieci anni fa non c’erano cose che oggi noi consideriamo scontate, vent’anni fa non ne parliamo, da una certa prospettiva ci stiamo evolvendo molto rapidamente, dall’altra prospettiva guardando i classici vediamo che argomenti e temi trattati centinaia di anni fa oggi sono ancora estremamente attuali, quindi da una prospettiva umana la nostra evoluzione va forse molto più lenta di quanto immaginiamo se ancora oggi alcuni aspetti risultano così attuali o no?”
Enrico Cerni: “Penso che ci siano dei fili conduttori che caratterizzano l’umanità. In queste settimane rimbombano in noi delle parole lugubri, quali quelle che sentiamo ascoltando la radio, leggendo i giornali, a partire dall’Ucraina. Se riprendiamo Le troiane, la tragedia greca in cui Ecuba racconta dello strazio per la fine del nipote Astianatte, lì abbiamo tutte le nostre lacrime, le abbiamo già rapprese, le possiamo vedere rappresentate. Ecco quindi che tornando ai classici riusciamo a riconoscere noi stessi per come siamo adesso. Ho fatto un esempio di una situazione triste ma possiamo raccontare anche le emozioni più positive e le ritroviamo e le rileggiamo costantemente perché il passato non è qualcosa di statico, il passato noi lo rileggiamo, lo ritrasformiamo, ne creiamo costanti metamorfosi perché ci serve per riuscire a comprendere meglio il presente.”
Joe Casini: “Hai fatto l’esempio legato alla guerra, volendo fare altri altri esempi tu in particolare hai approfondito Dante, ma anche l’Odissea, fammi un po’ di esempi su come i classici oggi sono ancora attuali.”
Enrico Cerni: “Allora, proviamo a pensare ad Ulisse che si ritrova nel «the best place to work», nell’isola di Ogigia dove si ritrova con la ninfa Calipso. Ulisse viene ospitato dalla ninfa che gli propone l’immortalità, cioè stare per sempre bene. Pensiamo alla prospettiva: noi possiamo per sempre essere in un contesto felice, dove c’è tutto ciò che vogliamo. Ebbene Ulisse si siede sugli scogli guarda il mare e pronuncia infiniti «ahimè» guardando ovviamente ad Itaca. Ecco, in quegli «ahimè» noi troviamo tutto il senso dello struggimento, della nostalgia che ci scuote il petto quando ci manca davvero qualcosa, quando il contesto che potrebbe essere quello di una felicità totale, in realtà fa emergere delle manchevolezze. Arriviamo ad oggi con due anni di sofferenza per la pandemia, ma Renzo Tramaglino guardava i carri dei monatti e gli assalti ai forni e lì noi ritroviamo le stesse nostre riflessioni, gli stessi nostri sentimenti del lockdown. È semplicemente sufficiente leggere un testo scritto nel 1800 da Manzoni e ambientato nel 1600 per ritrovare noi stessi, perché quella Milano è la stessa Milano di oggi, come è la stessa Roma, la stessa Venezia. Sono tutte le città del mondo e noi in quelle lettura ci ritroviamo.”
Joe Casini: “C’è questa dimensione esistenziale appunto che quindi si evolve molto lentamente, abbiamo delle interconnessioni con l’essere umano, di anche centinaia di anni fa, molto più di quanto immaginiamo. Poi ovviamente però ti occupi in ambito business lavorativo, lavori per una multinazionale quindi in particolare dal punto di vista del business, per i manager, come questi argomenti diventano ancora attuali?”
Enrico Cerni: “Ma guarda io credo che veramente basta semplicemente avere degli strumenti di traduzione di interpretazione, nel caso di Dante della Divina Commedia, non c’è un passo, una terzina in cui non sia possibile rileggere ciò che avviene nelle aziende. Non l’ho fatto, come dire, «stiracchiando» il testo. L’ho fatto nella consapevolezza che Dante non aveva scritto le cose che io ho evidenziato e la consapevolezza anche che sia possibile procedere in modo analogico, è possibile per ciascuno di noi leggere un testo e trovare ciò che vogliamo a prescindere da ciò che ha scritto. Questo è uno dei principi della serendipity, cioè noi inciampiamo costantemente nei nostri pensieri e in quell’inciampo troviamo Il senso profondo delle cose, anche del nostro transito terrestre in definitiva. Questi inciampi ci sono fondamentali per riuscire a comprendere un po’ meglio noi stessi e noi stesse.”
Joe Casini: “Spesso in Italia, quando parliamo di formazione, soprattutto in ambito scolastico, c’è un po’ una polarizzazione, si sente o che si dà troppo peso alle materie scientifiche e quindi diventano troppo predominanti poi nella formazione e nella valutazione al mercato del lavoro, o per contro si sente che siamo ancora troppo legati alla cultura umanista, siamo indietro dal punto di vista scientifico. Ecco da questo punto di vista, in particolare lavorando tu in azienda e comunque interagendo con parecchi manager, come vedi la situazione? Cioè effettivamente c’è questa polarizzazione, siamo più integrati di quanto pensiamo, dovremmo riscoprire alcune cose, o siamo in ritardo su altre?”
Enrico Cerni: “Guarda ho le idee molto chiare su questo, quando qualcuno ti propone un «o di qua o di là», rispondi sempre con un «ma perché non fare e/e»! Sento nelle aziende spesso tanta retorica rispetto alle materie STEM, come coloro che sono salvifiche rispetto al futuro e mi rendo conto di quanto sia fallace quel tipo di ragionamento, non perché le materie STEM non siano fondamentali, ma perché le materie umanistiche hanno altrettanta potenza e non sarebbe utile né un’azienda completamente governata da ingegneri né un’azienda completamente governata da filosofi. Ecco da questo punto di vista noi abbiamo bisogno quando ci propongono un bivio di provare a domandarci cosa c’è in quello spazio tra l’una strada e l’altra. Dove noi troviamo la complessità è esattamente in quello spazio, tra quelle strade, e le teorie della complessità dicono che noi viviamo in sistemi complessi perché sono tra l’ordine e il caos. Noi siamo stimolati costantemente a riflettere su quali siano le polarizzazioni e a pensarci in un sistema dinamico di pendolamento tra gli opposti. Lì c’è il nostro spazio di creatività, lì c’è il nostro spazio di libertà e quanto più riusciamo a non schierarci o di qua o di là, ma di comprendere che la nostra libertà si esprime esattamente nello spazio tra i due poli tanto più riusciamo a ad avere un approccio complesso e a vivere con con ardore, con pienezza, con passione la complessità e anche forse altrettanto della nostra vita stessa.”
Joe Casini: “Infatti parlando di complessità, in azienda e non solo, ora siamo in questa fase della cosiddetta quitting economy, in qualche modo si stanno ridefinendo le richieste e le esigenze e priorità dei lavoratori, ma anche di tutti noi inevitabilmente. Da questo punto di vista mi viene da dire complessità in azienda vuol dire, come dicevi tu, muoversi tra ordine e disordine, muoversi tra un ambiente complesso e quindi muoversi tra stimoli e bisogni diversi. Oggi le imprese hanno in qualche modo bisogno di rivedere quello che offrono ai dipendenti, appunto ora si cerca più il tempo libero, una maggiore flessibilità, ma immagino anche degli stimoli dal punto di vista di crescita culturale, non che negli anni scorsi non fosse richiesto, però forse in questo nuovo umanesimo c’è stato, forse, un’accelerazione in questi due anni, di questi bisogni forse meno materiali.”
Enrico Cerni: “Assolutamente sì, credo che veramente una delle parole chiave sia il wellness e wellbeing cioè il fatto di star bene è diventato essenziale e ci sono studi anche recenti, post pandemia, che dimostrano come soprattutto i giovani scelgono la dimensione in cui la flessibilità è garantita, in cui c’è possibilità per l’appunto di avere una gestione migliore possibile della propria esistenza in cui l’aspetto della carriera, ad esempio, per i giovani è molto più affievolito rispetto a delle persone di una certa età. Ecco di questi elementi dobbiamo assolutamente far conto e probabilmente le aziende nel futuro saranno migliori rispetto a quelle che viviamo oggi, intanto perché riusciranno a contenere insieme il meglio, almeno questo è l’auspicio, di ciò che abbiamo vissuto fino a febbraio del 2020 con il meglio di ciò che abbiamo vissuto negli ultimi anni. L’idea del tenere insieme, di ibridare diversi modi di vivere è, anche questo, un altro elemento di complessità. Significa riconoscere una trama e un ordito che possono stare insieme e che devono essere intessuti con sapienza nelle diverse situazioni perché, ancora una volta, nel mondo complesso non esistono delle regole a priori, ma le regole sono dei vincoli, degli argini che ci consentono, nelle diverse situazioni, di trovare poi le soluzioni specifiche, situazione per situazione.
Joe Casini: “Se dovessi indicare tu su tutto a tuo giudizio la priorità tra le urgenze che ci saranno nei prossimi anni, parlo sempre in ambito aziendale in particolare legato alla formazione e agli aspetti più umani, secondo te quale sarà la cosa sulla quale sarà più importante focalizzarsi?”
Enrico Cerni: “Credo veramente nel riuscire a trovare un «next normal» tutto da costruire e da costruire insieme, cioè, probabilmente arriveremo ad una situazione di polarizzazione per alcuni mestieri, per cui ci saranno delle aziende che proporranno «vieni a lavorare da me perché ti offro la possibilità di lavorare da casa da remoto 5 giorni su 5, di gestirti il tuo tempo» e ci saranno delle aziende che proporranno «vieni a lavorare da me perché ti do una sedia, un ufficio, la possibilità di incontrare i colleghi 5 giorni su 5». In questa polarità, ancora una volta, dove sta lo spazio di libertà? Probabile in quelle proposte che ci consentono di avere il massimo della flessibilità possibile e quindi di attingere il meglio di una parte il meglio dell’altra e quindi ancora una volta tra un concetto o l’altro scegliere l’et et che tiene insieme le cose. Questo è un concetto di ibridazione per l’appunto, di stimolo considerare che ci sono tanti elementi diversi che si possono compenetrare, che si possono contaminare e, ancora una volta, è il mondo complesso tutto da creare e reinventare.”
Joe Casini: “Sarà un’altra sfida complessa. Vorrei tornare un attimo su i classici, che poi mi affascina terribilmente proprio perché, come dicevi tu, in qualche modo è questa la cultura che si rinnova ogni giorno e con ognuno di noi. Parlando in qualche modo di classici il link che ho fatto è un po’ con lo storytelling; lo storytelling in impresa è un aspetto fondamentale, quando si parla di gestione di un brand ci sono anche lì gli archetipi che sono gli stessi archetipi poi che si utilizzano nei classici: c’è l’eroe, il mago, e così via. Uno può costruire il proprio brand seguendo questi archetipi, poi lo storytelling oggi è alla base della comunicazione di impresa, tutte le multinazionali scelgono un proprio storytelling. Il modo in cui si racconta Tesla, mi viene da pensare, con il suo fondatore in maniera così eroica è diverso dallo storytelling che può fare Google, Microsoft o Coca-Cola. In quale modo, anche gli archetipi nel mondo dei classici e anche in particolare Dante e tutto il mondo che ereditiamo dalla cultura dell’antica Grecia, si sposa oggi con il brand, oltre che con le persone che lo popolano, ma proprio con l’identità di un’impresa. Anche qui ci possono essere molte connessioni e spunti.”
Enrico Cerni: “Si sposa benissimo questo aspetto, io lo scorso anno ho pubblicato due volumi: uno si chiama Ulisse, parola di leader edito da Marsilio e scritto con il professor Giuseppe Zollo, e uno è Dante per manager edito da Il sole 24 ore, e in questi casi, sia nell’Odissea che nella Divina Commedia, troviamo costantemente elementi di storytelling a tal punto che i racconti delle avventure di Ulisse non sono i racconti che noi leggiamo tra Omero ma sono i racconti che Ulisse stesso fa quando è alla corte dei Feaci e ricorda ciò che lui ha vissuto. Questo è un elemento straordinario e possiamo analizzare i testi per comprendere esattamente che cosa succede da un punto di vista della capacità di scrittura, della capacità di racconto, della capacità di tenerci dentro le avventure. Passo alla Divina Commedia, tra i personaggi che tutti noi amiamo e per i quali ci sentiamo battere il cuore, ci sono queste due colombe che volteggiano travolte dal vento, che sono Paolo e Francesca. Lì è Francesca la sola a parlare, riesce a tenere degli speech come se fosse la miglior presentatrice di un Ted talk di oggi, ed è questa la sua capacità perché ci fa battere il cuore: lei condannata tra i lussuriosi, assieme al cognato, eppure di lei noi percepiamo il battito, noi percepiamo il ritmo, noi percepiamo ciò che ci fa sentire veramente bene nel momento in cui siamo innamorati. Ecco, questa è la grande potenza e lì gli scrittori riescono a tenere insieme il quoziente intellettivo. Pensiamo ad un Virgilio, guida razionale, il mentore che riesce a condurre perché già conosce il percorso, perché già ha fatto esperienza, perché «ha i capelli bianchi» e quindi riesce a darti delle risposte. Riusciamo a tenere insieme il quoziente emozionale, la capacità di comprendere che le persone non sono solo ragione che è, nel caso di Dante, l’esperienza di Beatrice che in questo caso diventa una coach, con lei che sa sorridere e nel sorriso riesce a comprendere le emozioni del suo allievo Dante e nel sorridere riesce a fare le domande, quindi fa emergere le risposte da dentro le persone. Quindi, ancora una volta, i manager, le persone che lavorano in azienda, ma anche semplicemente il leader di se stessi hanno la possibilità, nel rileggere ciò è stato scritto da qualcuno che è vissuto prima di noi, di trovare degli spunti su come agire oggi, questa domenica, oggi pomeriggio, nella situazione in cui ci si ritrova a lavorare da soli o in connessione con altri.”
Joe Casini: “Fantastico. Siamo all’ultima fase della nostra chiacchierata, abbiamo la domanda che ti ha lasciato l’ospite della puntata precedente che è stato il professor Derrick De Kerckhove. Durante la puntata ha fatto una riflessione in particolare su come il testo scritto ci aiuti, in qualche modo, a mediare i contenuti, anche nel tempo, e che ci aiuti a crearci come persone anche sulla differenza in particolare che giocano i medium, per esempio quando leggiamo un libro e quando, invece, interagiamo sullo schermo con il feed di una bacheca di un social network. Quindi la domanda che ti ha lasciato è: che ruolo può giocare oggi nella nostra società, che è una società iperdigitale, l’umanesimo occidentale. In particolare, quello che chiedeva è in che misura può essere compatibile, avere effetti trasformativi e darci la possibilità di integrare alcuni aspetti, ma ponendo anche l’accento su quelli che possono essere aspetti incompatibili. In che modo la società digitale si scontra con quello che è il nostro retaggio culturale degli ultimi secoli?”
Enrico Cerni: “Guarda credo che sia dall’origine dei tempi che si fanno delle riflessioni del genere e Platone che è stato il primo ad introdurre la parola scritta ha cambiato il mondo, e quindi da una tradizione orale fondata semplicemente nel passaggio delle parole di bocca in bocca, ci ha dato la possibilità di comprendere la nuova era. Successivamente quando si è passati dal manoscritto al testo stampato ancora una volta una faglia. Io credo che in questi anni in cui c’è questa forte trasformazione digitale ci ritroviamo nel solco del passato con elementi di innovazione, non credo ci sia alcuna contraddizione, pensiamo ad esempio a quanto rispetto a 10 anni fa stiamo scrivendo in più, magari i nostri sono brevi messaggi su WhatsApp, magari sono pochi post su LinkedIn o su qualche altro social network, ma è avvenuto un utilizzo molto più spinto della scrittura. Quello che ci possono aiutare gli autori del passato sta nel comprendere l’importanza di essere consapevole di quello che sta avvenendo, il fatto che nel momento in cui noi scriviamo su WhatsApp un messaggio li stiamo comunque componendo un insieme di tessere, che si chiamano parole, che sono composte da un insieme di lettere, che hanno ciascuno un loro significato. Che ciascuna parola è un unicum, è un’unità, non ha dei sinonimi – i sinonimi non esistono ci sono delle parole che assomigliano a queste ma non sono le stesse – e quindi ci stimolano per l’appunto a scegliere con grande cura le parole che del resto sono parabole, cioè sono degli elementi che ci consentono di andare da qui a lì, facendo un viaggio e dandoci la possibilità di essere in connessione ancora una volta e di costruire la trama e l’ordito della nostra narrazione ma anche della narrazione collettiva delle persone con le quali ci interfacciamo.”
Joe Casini: “A proposito di parole, tieni una rubrica molto interessante sulle parole che utilizziamo, quindi insomma vi invito tutti a cercare Enrico.”
Enrico Cerni: “Sul Wall Street International, ogni giorno 7 del mese, c’è una riflessione su alcune parole che ci aiutano per l’appunto a comprendere come noi viviamo.”
Joe Casini: “Qual è stata l’ultima parola della rubrica?”
Enrico Cerni: “È stata «frustrazione».”
Joe Casini: “Questa è un’altra cosa che consiglio a tutti di cercare, è una rubrica molto interessante. A questo punto Enrico tocca a te lasciare la domanda per l’ospite della prossima puntata, quindi per continuare in qualche modo a inanellare questo discorso comune che stiamo portando avanti tutti insieme. Ospite della prossima puntata è Andrea Pescino, esperto di intelligenza artificiale, da un paio di anni si dedica invece più che altro a progetti multilaterali e lavora con l’Unione Europea, fa progetti in tutto il mondo. Ci darà anche qui il suo contributo nel parlare dell’intelligenza artificiale con un punto di vista un po’ diverso. Hai una domanda Enrico che vuoi lasciare per Andrea?”
Enrico Cerni: “Beh, visto che abbiamo parlato quest’oggi di testi classici e visto che l’intelligenza artificiale è connessa alla tecnologia ma è connessa anche al futuro, la domanda sta proprio in questo, cioè la tecnologia è fondamentale per riuscire a sviluppare al meglio la progettazione del futuro, ma assieme alla tecnologia serve anche l’immaginazione. In che modo il fatto di andare al passato ci aiuta a comprendere meglio il futuro e ad immaginarlo nel modo migliore e quindi in che misura ancora una volta i testi classici servono per riuscire ad utilizzare al meglio la tecnologia?”
Joe Casini: “Ti ringrazio, riporterò la domanda ad Andrea, sono curioso di ascoltare la sua risposta. A questo punto anche questa chiacchierata di domenica mattina è volata, io ringrazio l’ospite di oggi che è stato Enrico Cerni, responsabile della faculty di una multinazionale italiana ma soprattutto autore di opere interessantissime su classici che vi invito a scoprire. Grazie Enrico per essere stato con noi.”
Enrico Cerni: “Grazie mille a te e a tutti voi.”
Joe Casini: “Come sempre vi ricordo che Mondo Complesso trovate tutte le puntate del podcast su Spotify, Apple, iTunes, ma trovate anche la newsletter per poter continuare a stare con noi di domenica in domenica. Trovate tutte le informazioni sul sito mondocomplesso.it. Detto ciò io vi auguro una buona domenica e alla prossima puntata.”