Durante le festività natalizie nella mia famiglia è tradizione fare una lunghissima maratona dei nostri film preferiti. Ognuno sceglie i propri, e compatibilmente con i vari pranzi e cene, cerchiamo di vederli tutti.
Uno dei miei film preferiti di questi ultimi anni è senz’altro Interstellar di Christopher Nolan, e da timido appassionato delle Scienze il film mi ha fatto venire in mente un’associazione con uno degli argomenti scientifici che più mi hanno incuriosito, ovvero la teoria della materia oscura. La materia oscura (che prima di questa per me è sempre stato il Greco!) è una ipotesi scientifica avanzata a partire dagli anni Settanta partendo dalla constatazione che la quantità di materia che riusciamo a rilevare nell’Universo non “giustifica” tutta una serie di calcoli gravitazionali, per i quali servirebbe l’esistenza di dieci volte la quantità di materia che siamo in grado di rilevare! Senza entrare nello specifico, il tutto viene riassunto così nel 2001 da Margon in una battuta al New York Times: «È una situazione alquanto imbarazzante dover ammettere che non riusciamo a trovare il 90% [della materia] dell’Universo!». Ciò che mi ha più colpito in tutto questo, non è tanto l’ipotesi scientifica in sé (del quale capisco molto poco), ma il processo euristico alla base: dal momento che con il ragionamento riusciamo a immaginare più di quanto conosciamo, ciò crea a sua volta nuova conoscenza! Lo stesso principio (se qualche astrofisico sta leggendo questo articolo non se ne abbia a male) lo abbiamo utilizzato all’interno delle nostre ricerche sulla Reputazione. Faccio un esempio.
Nel maggio del 2017 si è verificato il cosiddetto “British Airways IT Meltdown”, un collasso dell’infrastruttura tecnologica che ha costretto la British Airways a cancellare 726 voli (un quarto dei voli previsti nei tre giorni di disastro) e lasciare a terra 75.000 passeggeri. Qualche giorno dopo l’evento, l’AD di IAG Willie Walsh stimava in circa 80 milioni di sterline il danno provocato alla compagnia. Ma come è stato calcolato questo costo? I danni economici diretti sono abbastanza semplici da valutare, ad esempio i rimborsi dei biglietti che sono stati annullati. Già se iniziamo a pensare ai risarcimenti, la questione però diventa più sottile. Immaginiamo di essere un passeggero British Airways che ha visto il proprio volo cancellato: quale sarebbe il nostro comportamento? Probabilmente chiederemo un risarcimento oltre che per il biglietto anche per l’hotel, ma potremmo anche valutare di partecipare a una class-action se ad esempio crediamo che il disastro non rientri nel campo delle “fatalità” (ossia l’insieme degli eventi per i quali non daremmo la colpa a British Airways). Nessuno di noi farebbe causa a British Airways se il nostro volo venisse cancellato in seguito a un terremoto a Heathrow, ma davanti a un “problema tecnico” con quale criterio attribuiamo “la colpa” a British Airways piuttosto che la scagioniamo con un “può succedere”?
Non solo. Mettiamo che la compagnia volesse negare completamente la propria responsabilità non rimborsandoci neanche il biglietto (magari per qualche riga scritta in piccolo sulle Condizioni del Servizio che abbiamo accettato al momento dell’acquisto), oppure che tutto questo avvenga qualche mese dopo che un nostro amico a sua volta avesse avuto un qualsiasi malcontento sempre con la stessa compagnia aerea, oppure ancora la comunicazione da parte della compagnia fosse stata ambigua e lacunosa e ci avesse creato ulteriori disguidi: come tutti questi accidenti a sistema modificherebbero la percezione che avremmo dell’accaduto? Per non parlare delle ulteriori esternalità legate al nostro passaparola: se nonostante l’evento disastroso avessimo l’impressione che la British Airways abbia contenuto i danni per noi in maniera straordinaria, potremmo a maggior ragione consigliarla a chiunque perché “se anche succedesse il peggio…”, mentre al contrario se pensassimo che la colpa fosse grave e totalmente imputabile a loro, oppure se fossimo stati ulteriormente infastiditi da come è stato gestito il disastro, potremmo facilmente decidere di non volare più con loro e prodigarci per sconsigliare la compagnia ai quattro venti.
Infine, come non considerare (e soprattutto come quantificare) il danno in termini competitivi subito da British Airways, che ad esempio ha visto scendere la propria posizione nella classifica del World Airlines Awards dal 26esimo al 40esimo posto? Quanti passeggeri hanno nei mesi successivi scelto un competitor, provando magari per la prima volta un altro servizio e modificando di conseguenza le proprie preferenze future? O ancora, come valutare il fatto che, dopo due anni, stiamo ora utilizzando questo danno proprio come esempio celebre di disastro non soltanto tecnologico, ma anche reputazionale?
Torniamo alla teoria della materia oscura, la quale ci insegna che soltanto perché non siamo (ancora) in grado di valutare qualcosa non vuol dire che questa non esista. Proviamo quindi a ragionare sugli eventi critici così come abbiamo ragionato sulla quantità di materia nell’universo:
- un evento critico sicuramente produce un danno (D)
- un evento critico non necessariamente produce un danno economico (E)
- di conseguenza, esiste una certa quantità di danno (R) che eccede il danno economico tale che R = D – E, ovvero D = R + E: il danno totale provocato dall’evento critico è pari alla somma del danno economico e del danno reputazionale.
Questa piccola formula è molto semplice e non considera ad esempio il fatto che la reputazione è essa stessa un valore economico, ma questo per ora non ci interessa. Quello che sicuramente ci interessa è invece il fatto che la reputazione possa sostituirsi al danno economico, ovvero che a parità di danno totale posso “pagare” questo totale utilizzando più reputazione e meno denaro (ovviamente laddove io abbia a disposizione un tale importo da spendere): per la mia organizzazione, di fatto è come avere due portafogli ai quali attingere, uno nella tasca sinistra e uno nella tasca destra! Ogni volta quindi che assistiamo a una crisi, dobbiamo sempre dare per scontato che il danno economico che avremmo subito sarebbe stato di più se la nostra organizzazione non avesse avuto una buona reputazione, o al contrario sarebbe stato di meno se la avesse avuta ancora migliore.
Il numero che state per leggere di Reputation Review è dedicato al Crisis Management, ossia a come sia possibile gestire il danno provocato da un evento critico durante la fase acuta al fine di minimizzarne il danno tanto in termini economici che reputazionali. Non solo, in questo numero vedremo anche come appunto la reputazione sia essa stessa una risorsa da poter spendere al posto del denaro durante le emergenze. Buona lettura.