Le tecnologie come l’IA hanno il potenziale per migliorare la nostra capacità di fare intuizioni creative e innovative, ma dobbiamo essere cauti nel garantire che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile.
L’intelligenza artificiale (IA) sta permeando progressivamente il nostro mondo, scatenando una mistura di entusiasmo e paura. Miliardi di dollari vengono investiti da aziende e investitori privati, un interesse che è cresciuto dopo il rilascio del chatbot conversazionale ChatGPT da parte di OpenAI, sostenuta da Microsoft, considerato un punto di svolta per l’IA. Se da un lato abbiamo grandi aspettative, dall’altro esiste un’inquietudine crescente.
In mezzo a tutto questo, vorrei proporre una visione alternativa. Da qualche decennio ormai viviamo in quella che è stata definita l’economia della conoscenza, ovvero un modello economico in cui la conoscenza è molto più di un semplice fattore di produzione: la sua diffusione e condivisione su scala globale sono il motore stesso della crescita economica. Nell’era dell’informazione, l’accumulo di conoscenze è stato il pilastro del successo, come testimonia la “corsa ai dati” fatta dalle big corporation. Ma ora ci stiamo muovendo verso un’epoca in cui l’intuizione, la creatività e le competenze umane diventano sempre più importanti: per questo credo che l’IA sancirà il passaggio da un’economia della conoscenza a una “economia dell’intuizione”, in cui la creatività umana sarà più apprezzata che mai.
L’economia dell’intuizione è il risultato di una serie di cambiamenti che hanno avuto luogo nel corso degli ultimi decenni. Il mondo sta diventando sempre più complesso e interconnesso, il successo non verrà solo dall’accumulo e dall’espressione della conoscenza, ma anche dal saper utilizzare questa conoscenza ora ampiamente disponibile per nuove intuizioni, innovazioni e scoperte.
Se da una parte il valore della pura conoscenza diminuirà, dall’altra aumenterà l’importanza di ciò che si fa con quella conoscenza. In questa visione, l’IA non sostituirà mai gli esseri umani, ma piuttosto spronerà le persone a diventare più intelligenti e più creative e forse un giorno ci porterà addirittura a ripensare i nostri sistemi di welfare, dando ad esempio alla formazione e alla psicologia lo stesso peso che oggi diamo alla salute fisica.
In effetti, il mondo dell’istruzione sta già cambiando in risposta a questa nuova realtà. L’accumulo di fatti e cifre non basta più; gli studenti devono sviluppare competenze creative, critiche e intuitive. Questo implica una radicale trasformazione del modo in cui insegniamo e apprendiamo, spostando l’accento dall’apprendimento mnemonico alla promozione del pensiero critico, della risoluzione dei problemi e della creatività.
È la stessa trasformazione che vediamo anche nel mercato del lavoro, dove la domanda si sta orientando sempre più verso competenze “umane”, come empatia, leadership e creatività, tutte competenze non facilmente automatizzabili.
L’economia dell’intuizione presenta sfide significative. Potrebbe ampliare il divario tra chi ha accesso alle competenze intuitive e creatività (che non sono capacità scolpite nella pietra al momento della nascita ma si sviluppano e cambiano nel corso della vita) e chi non ne ha, accentuando così le disuguaglianze sociali. Da qui la necessità di politiche pubbliche che promuovono l’accesso all’istruzione, alla formazione e alla conoscenza di se stessi, perché in un mondo in cui l’intuizione e la creatività sono altamente valutate, sarà anche necessario un maggiore focus sulla salute mentale e il benessere nel luogo di lavoro e non solo.
Le tecnologie come l’IA hanno il potenziale per migliorare la nostra capacità di fare intuizioni creative e innovative, ma dobbiamo essere cauti nel garantire che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile: per migliorare, piuttosto che sostituire, l’intuizione umana. Per realizzare questo potenziale, dobbiamo affrontare le sfide che presenta e garantire che tutti abbiano l’opportunità di prosperare in questo nuovo mondo.