🧠 I tre regni della mente: la teoria dei tre cervelli e la nostra storia evolutiva
Una delle cose più affascinanti che ho scoperto nel corso degli anni, è il modo in cui i diversi stadi evolutivi della nostra specie si riflettono nella fisiologia del nostro cervello, ovvero la cosiddetta teoria dei tre cervelli. Sappiamo che la nostra specie (al pari di tantissime altre) si è evoluta a partire dai rettili, per la precisione da un gruppo particolare (quello dei sinapsidi) dal quale si è evoluto un piccolo mammifero, il Purgatorius. In questo stadio della nostra evoluzione, eravamo governati dai bisogni primitivi e dai desideri elementari. Non a caso la parte più antica del nostro cervello, quella più interna e prossima ai nervi spinali, è chiamata “cervello rettiliano”, il nucleo più antico e fondamentale del nostro sistema nervoso. Questo cervello è tutto orientato alla sopravvivenza: mangiare, proteggersi, riprodursi. È qui che risiede il nostro istinto, la nostra risposta lotta o fuga, il nostro impulso più basilare di sopravvivenza.
Con il proseguire della nostra evoluzione si è sviluppato anche il nostro “secondo cervello”, il cervello limbico o mammifero, il quale si sviluppò come un’evoluzione del primo e del quale è a tutti gli effetti una specie di “rivestimento”. Questo cervello ci ha permesso di provare emozioni, di formare legami sociali, di occuparci della prole. Insomma, di sviluppare tutte quelle capacità sociali che caratterizzano in particolare i mammiferi. Qui risiedono l’amore, la paura, la gioia, la tristezza – tutte le emozioni che ci legano al regno animale, che condividiamo con le altre specie di mammiferi e che proprio per questo ci permettono di entrare in relazione così facilmente con un cane o un gatto piuttosto che con un serpente o un pesce. Questo cervello ha permesso ai nostri antenati di formare gruppi sociali, di collaborare, di proteggersi l’uno con l’altro.
E poi c’è il terzo cervello, il cervello neocorticale, la sede del pensiero razionale. È questo cervello che ci ha permesso di sviluppare linguaggi, di inventare strumenti, di costruire civiltà. Questo cervello ci ha permesso di pensare al futuro, di pianificare, di sognare. E soprattutto, questo cervello ci ha permesso di creare storie – storie di divinità, di nazioni, di diritti umani, di progresso – che hanno plasmato il corso della storia umana.
Eppure, nonostante i nostri incredibili progressi, nonostante le nostre storie sofisticate, siamo ancora governati dai nostri tre cervelli. Siamo ancora mossi dai nostri istinti più basilari, dalle nostre emozioni più profonde e dai nostri pensieri più elevati.
🚀 Come la teoria dei tre cervelli riscrive le regole del business
La teoria dei tre cervelli non è stata per me solo un’interessante lezione di neurologia, ma una lente attraverso la quale guardare la storia dell’umanità, la nostra storia personale e anche le aziende! Ci aiuta infatti a capire perché facciamo quello che facciamo, perché sentiamo quello che sentiamo, perché pensiamo quello che pensiamo. E, forse più importante, ci ricorda che siamo, nel profondo, animali – creature governate non solo da logica e ragione, ma anche da istinto ed emozione.
Proprio sulla comprensione della teoria dei tre cervelli è nato ad esempio il neuromarketing, il quale sfrutta le nostre risposte più profonde, cercando di coinvolgere tutti e tre i “cervelli” per promuovere prodotti e servizi.
Pensiamo ad esempio al nostro cervello rettiliano, il più antico dei tre che come abbiamo detto si preoccupa principalmente della sopravvivenza e delle funzioni di base. I messaggi di marketing che stimolano la fame, la paura o il desiderio di accoppiamento parlano direttamente a questo cervello primitivo, “bypassando” la nostra parte più razionale.
Lo stesso vale per il cervello limbico, quello responsabile delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti sociali e che ci rende particolarmente suscettibili alle storie di marca, le testimonianze emotive, l’uso di influencer, e ogni strategia che coinvolge la condivisione emotiva e i processi di identificazione appartenenza a un gruppo sociale.
Infine, il neocortex, responsabile del pensiero razionale e astratto, risponde alla logica e ai fatti. Questo è il cervello che analizza le informazioni, che valuta i pro e i contro, che pondera le decisioni. Le informazioni dettagliate sui prodotti, i confronti, le recensioni e qualsiasi tipo di comunicazione che fornisce argomentazioni solide e dati si rivolgono a questo cervello.
Ecco perché una strategia di marketing completa non mira solo a fornire informazioni o fare appello alle emozioni o ai bisogni di base, ma cerca di integrare tutti e tre questi aspetti in un messaggio coerente e potente. Non so voi, ma per me il fatto di poter “vedere” nel nostro cervello così chiaramente la nostra intera storia evolutiva, e al tempo stesso capire come mai alcuni messaggi ci convincono più di altri, è davvero sorprendente!
🙋🏼 L’intersezione tra neuroscienza e business: applicando la teoria dei tre cervelli in azienda
La teoria dei tre cervelli non ha solo cambiato il modo in cui guardiamo al marketing. Ha cambiato il modo in cui guardiamo a noi stessi come lavoratori all’interno di un’azienda, dove la comprensione della psicologia umana è essenziale per formare, gestire e motivare le persone.
Ecco perché credo che le nostre aziende se vogliono prosperare in un mondo sempre più competitivo, devono capire e tenere conto dei tre cervelli nel formare i propri dipendenti.
Iniziamo con il cervello rettiliano. Questo cervello anela sicurezza e stabilità. Per apprendere e prosperare, i dipendenti devono sentirsi al sicuro e supportati. Le aziende possono nutrire il cervello rettiliano creando un ambiente di lavoro che sia fisicamente confortevole e sicuro, e una cultura aziendale che riduca l’incertezza e promuova la stabilità e la prevedibilità.
Il cervello limbico, il cervello emotivo, è alla ricerca di connessione e appartenenza. I programmi di formazione dovrebbero quindi essere progettati per promuovere il lavoro di squadra, la coesione del gruppo e il senso di appartenenza. Celebrare i successi collettivi, incoraggiare la collaborazione e la comunicazione, e creare opportunità per socializzare e costruire relazioni possono aiutare a nutrire il cervello limbico.
Infine, il neocortex, il cervello razionale, prospera nella risoluzione di problemi complessi e nell’apprendimento di nuove competenze. I programmi di formazione dovrebbero sfidare i dipendenti, fornendo loro opportunità per l’apprendimento continuo e la crescita personale. Questo può includere l’offerta di formazione continua, la promozione della mobilità interna, e la creazione di un ambiente in cui l’innovazione e la creatività siano premiate e valorizzate.
Comprendendo la teoria dei tre cervelli, le aziende possono progettare programmi di formazione che rispondano ai bisogni di tutto l’essere umano – fisici, emotivi e razionali. Per esempio, una formazione che si concentri esclusivamente sul neocortex, fornendo informazioni e competenze tecniche, potrebbe non essere sufficiente o efficace. Soltanto integrando tutte e tre queste prospettive le aziende possono non solo aiutare i loro dipendenti a raggiungere il loro pieno potenziale, ma anche creare un ambiente di lavoro più produttivo, motivato e impegnato.
Da questo punto di vista, la comprensione della teoria dei tre cervelli può anche aiutare i leader aziendali a comprendere meglio le reazioni dei loro dipendenti. Ad esempio, un dipendente che reagisce in modo eccessivo a una situazione di stress potrebbe essere “guidato” dal suo cervello rettiliano, manifestando ad esempio la propria insicurezza o paura. Invece di rimproverare il dipendente per la sua reazione, il leader potrebbe entrare in una dimensione di ascolto e cercare modi per aiutare il dipendente a gestire lo stress in modo più efficace.
In conclusione, la teoria dei tre cervelli offre una prospettiva unica sul funzionamento della mente umana. Sebbene non sia l’unica lente attraverso la quale possiamo vedere la complessità della mente umana, può offrire intuizioni preziose per migliorare la formazione dei dipendenti e la leadership aziendale. Come con qualsiasi teoria, è importante ricordare che la realtà è sempre più complessa e sfumata di qualsiasi modello possa catturare. Tuttavia, se utilizzata con discernimento, la teoria dei tre cervelli può essere uno strumento prezioso nel nostro arsenale per comprendere e migliorare il mondo del lavoro.